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È da ritenersi nulla la rettifica del valore di un immobile ristrutturato, per il quale sia stata presentata proposta di classamento dal contribuente con la procedura DO.C.FA. se non opportunamente motivata nell’avviso di accertamento.
Questo è il principio ribadito dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia con la sentenza n. 375 depositata lo scorso 21 giugno.
A seguito della ristrutturazione di un immobile ed alla conseguente presentazione del relativo classamento attraverso la procedura DO.C.FA., veniva recapitato agli intestatari dell’immobile un avviso di accertamento in base al quale l’Agenzia delle Entrate - Territorio contestava una diversa categoria catastale, con relativa rettifica della rendita.
I contribuenti proponevano il ricorso invocando la nullità dell’avviso ricevuto, evidenziando un’errata valutazione dell’unità immobiliare e la mancanza di adeguate motivazioni in violazione dell’art. 2697 del codice civile.
La CTP ha preliminarmente illustrato le modalità con le quali avviene la procedura di classamento. Essa infatti può avvenire su iniziativa dell’Agenzia del Territorio, su richiesta dal Comune o su iniziativa del Contribuente.
In particolare, il titolare di un diritto reale sugli immobili, attraverso la procedura DO.C.FA. può effettuarne il classamento, proponendo la rendita al fine di rendere più celere l’aggiornamento del catasto.
Fino a quando l’Agenzia del Territorio non provvede alla determinazione della rendita definitiva, quella indicata nella procedura rimane qualificata come “rendita proposta”. Infatti, non può applicarsi il principio del c.d. “silenzio assenso”.
Qualora i dati forniti dal contribuente non trovino riscontro, il conseguente atto emesso dall’Agenzia si connota quale vero e proprio accertamento. Pertanto, trattandosi di un atto che acquisisce efficacia, qualora non sia impugnato dal contribuente, affinché possa essere legittimo deve essere opportunamente motivato.
La CTP ha confermato che l’accertamento catastale, deve avere i requisiti previsti dall’art. 7 della legge n. 212/2000, indicando “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione”. Tuttalpiù, l’assenza di tali indicazioni è ammessa quando le motivazioni fanno riferimento ad un altro atto, purché allegato al provvedimento.
Nella fattispecie, la CTP ha ritenuto che le indicazioni riportate nel provvedimento fossero estremamente generiche, impedendo così al contribuente di essere nelle condizioni di difendersi.
Citando i principi espressi dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 5580 del 2015, la Commissione ha quindi ribadito che le motivazioni devono “mettere in chiaro” le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a respingere il contenuto della dichiarazione DO.C.FA e non è possibile una loro integrazione successiva.
Per tale motivo è stato accolto il ricorso del contribuente.