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Ai fini delle imposte dirette, il diritto di superficie non può essere parificato agli obblighi di fare e non fare: tale diritto, infatti, è a tutti gli effetti un diritto reale e in quanto tale deve essere tassato.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14847/2018.
La questione controversa riguarda un contratto di cessione di un diritto di superficie su un terreno agricolo il quale, dopo essere stato costituito, era stato acquistato da una SRL.
Tale compravendita era fatta oggetto di avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, la quale contestava il mancato inserimento in dichiarazione, tra i redditi diversi, della plusvalenza prodotta che, secondo l’Ufficio, avrebbe dovuto essere tassata in base al combinato disposto di cui all’artt. 67 comma 1, lett. l) e 71, comma 2 del TUIR.
Nei primi due gradi di merito, i giudici accoglievano le ragioni dei contribuenti, affermando che la cessione di un diritto di superficie non poteva essere qualificata come il trasferimento di un diritto obbligatorio di fare, non fare o permettere, essendo a tutti gli effetti, quello di superficie, un diritto reale.
In senso conforme alle pronunce di merito si è espressa anche la Cassazione con la richiamata sentenza n. 14847 del 14 marzo 2018.
Nella loro argomentazione, i giudici di legittimità hanno ribadito che, in base a quanto previsto dall’art. 952 del codice civile, il proprietario di un fondo ha il diritto di costituire e di cedere il diritto di superficie, il quale è “il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà”.
Tale operazione, ai fini delle imposte dirette, deve essere valutata sulla scorta della disposizione di cui all’art. 9, comma 5 del TUIR, il quale stabilisce che “ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società”.
Pertanto, i redditi derivanti dalla cessione del diritto reale di superficie devono essere qualificati come redditi diversi rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 67, lettera b) del TUIR, in base al quale sono assoggettabile a tassazione esclusivamente: “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
La Cassazione, quindi, evidenzia come in relazione alla cessione di un diritto di superficie debba trovare applicazione l’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR, in base al quale il trasferimento di un terreno agricolo è plusvalente solo se ceduto prima che sia decorso un quinquennio dall’acquisto. A conclusione opposte si deve giungere nel caso in cui il diritto di superficie sia stato costituito su un’area edificabile, infatti, in questa ipotesi il trasferimento del diritto reale risulta in ogni caso suscettibile di generare plusvalenza tassabile.