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Non è possibile detrarre l’IVA applicata erroneamente in fattura dal fornitore in misura superiore a quella dovuta. La Cassazione ha chiarito che la norma introdotta dalla Legge di Bilancio 2018 non è retroattiva.
In via generale, in base all’art. 19 del D.P.R. 633/72, qualora un’operazione sia stata erroneamente assoggettata ad IVA in una misura non dovuta, la detrazione è preclusa.
La controversia sorge dal ricorso di una società alla quale era stata contestata la detrazione dell’IVA su alcune fatture ricevute, nelle quali era stata applicata l’aliquota IVA al 10% anziché quella prevista del 4%.
I giudici di legittimità, con l’ordinanza 24001/2018, hanno ribadito che l’applicazione dell’IVA in misura non conforme alla norma non legittima la detrazione dell’imposta.
In tale ipotesi, il soggetto emittente può richiedere il rimborso della maggiore imposta versata all’Agenzia delle Entrate, mentre l’acquirente può richiedere al fornitore la restituzione dell’imposta non dovuta a titolo di rivalsa.
Qualora le parti si avvedano dell’errore, esse possono intervenire entro il termine di un anno attraverso l’emissione di una nota di credito o nota di variazione ai sensi dell’art. 26 del decreto IVA. Decorso il termine annuale, il contribuente non può più portare in detrazione l’imposta eccedente, salvo il diritto di presentare un’istanza di rimborso all’amministrazione.
La Corte ha precisato, inoltre, che le modifiche introdotte dall’art.1, comma 935 della Legge 205/2017 non sono applicabili retroattivamente. Tale norma prevede, in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, la possibilità per il cessionario o committente di detrarre l’imposta erroneamente assolta dal cedente prestatore, salvo l’applicazione di una sanzione amministrativa compresa fra 250 e 10.000 euro.
Secondo i giudici di legittimità, la norma introdotta ha carattere innovativo e non interpretativo, conseguentemente non applicabile fino all’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2018.