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L’espropriazione per pubblica utilità rappresenta un’eccezione alla regola generale secondo cui la proprietà privata è un diritto assoluto che si articola nella facoltà di godere e di disporre di un bene in modo pieno ed esclusivo e senza interferenze altrui, pur nel rispetto dei limiti e con l’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento giuridico.
L’espropriazione per pubblica utilità consiste pertanto nel trasferimento coattivo della proprietà di un bene da un soggetto privato alla Pubblica Amministrazione dietro corresponsione di adeguato indennizzo, commisurato in denaro, a favore dell’espropriato.
Requisito imprescindibile perché si possa attuare l’espropriazione di un’area è la sussistenza di motivi di interesse generale. Più precisamente un bene può essere espropriato qualora vi sia la necessità di realizzare un’opera pubblica o di pubblica utilità, quale un nodo stradale o ferroviario per facilitare la viabilità.
È inoltre necessario che vi sia una previsione legislativa che consenta di sacrificare la posizione del privato.
La ragione si rinviene nella necessità di controbilanciare gli opposti interessi, da un lato quello del privato che si vede espropriato di un bene di cui è titolare esclusivo, dall’altro quello della pubblica amministrazione volto alla realizzazione di beni di utilità sociale a favore della collettività.
La procedura di espropriazione si origina a seguito della presentazione di un piano regolatore generale, che è un atto amministrativo generale ed astratto, attraverso cui si prevede la realizzazione di un’opera di interesse generale in una determinata zona ben individuata corrispondente a quella in cui si trova ubicato il terreno di proprietà privata.
Approvato il piano regolatore generale, si procede alla sottoposizione del terreno al vincolo preordinato all’esproprio, con cui si comunica anticipatamente al privato l’intenzione di espropriargli un bene di sua esclusiva proprietà in ragione di un pubblico interesse.
Tale vincolo ha una validità temporale di cinque anni, al termine dei quali dev’essere stato necessariamente emanato l’atto di dichiarazione di pubblica utilità, con cui si apre la vera e propria procedura di espropriazione per pubblica utilità. In caso contrario, il vincolo decade e si dovrà procedere con l’approvazione di un nuovo piano regolatore generale o di una sua variante oppure ad una reiterazione di quello originario attraverso degli atti adeguatamente motivati.
L’apposizione del vincolo espropriativo necessita di essere comunicata al proprietario che ha trenta giorni per presentare osservazioni a cui devono seguire risposte scritte da parte dell’ente espropriante.
Si procede poi con l’approvazione prima del progetto preliminare e poi di quello definitivo in cui si da atto delle ragioni alla base di tale decisione.
Entro i trenta giorni successivi all’approvazione del progetto definitivo la pubblica amministrazione deve notificare la dichiarazione di pubblica utilità al proprietario del bene oggetto di espropriazione, proponendo altresì a quest’ultimo una prima indennità provvisoria.
Il proprietario, nei successivi trenta giorni dall’avvenuta notifica giudiziale della dichiarazione di pubblica utilità, deve dare una risposta all’ente espropriante e si possono a questo punto prospettare due soluzioni diverse ed alternative.
Qualora l’espropriato accetti l’indennizzo offerto dall’ente espropriante, si interrompe la procedura espropriativa attraverso un atto notarile di cessione volontaria del bene da parte del suo legittimo proprietario.
Nell’ipotesi in cui, al contrario, l’espropriato non accetti l’indennizzo offerto dalla Pubblica Amministrazione, la procedura espropriativa dovrà necessariamente concludersi mediante un atto amministrativo denominato decreto di esproprio, che andrà notificato al proprietario del bene allo scopo di comunicargli l’avvenuto trasferimento coattivo del suo terreno a favore dell’ente espropriante.
È importante ricordare che il silenzio manifestato dall’espropriato a seguito di notifica della dichiarazione di pubblica utilità non equivale a sua accettazione bensì a suo rifiuto.
L’espropriato, avendo dovuto subire una limitazione di un suo diritto patrimoniale, deve vedersi riconosciuto per legge un indennizzo da parte dell’ente espropriante. Questo indennizzo varia a seconda della tipologia dell’area oggetto di espropriazione.
L’indennità di un’area edificabile o legittimamente edificata, dove cioè vi siano già dei manufatti, è commisurata al valore venale del bene stesso e quindi alla sua rendita e può subire un aumento del 10% sull’importo totale qualora l’espropriato accetti subito l’indennità provvisoria propostagli dall’ente espropriante. Nel caso opposto in cui l’espropriato rifiuti l’indennità provvisoria offertagli dalla pubblica amministrazione, la maggiorazione dell’indennizzo definitivo potrà essere uguale o maggiore dell’8%.
L’indennità tuttavia subisce una riduzione del 25% qualora l’espropriazione sia finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale.
Se si tratta, al contrario, di espropriazione di un’area non edificabile. l’indennità è calcolata facendo sempre riferimento al valore di mercato del bene, dovendo tuttavia, nel caso di terreno agricolo, tener conto della coltura effettivamente praticata sullo stesso oltre che dei manufatti edilizi legittimamente realizzati.
Nell’ipotesi infine di un terreno incolto ed inedificabile si prende in considerazione solo il suo valore di mercato.
Occorre considerare che al proprietario del terreno espropriato che sia un coltivatore diretto o un fittavolo che coltivi il fondo da almeno un anno spetta un’indennità aggiuntiva pari al valore agricolo medio del bene determinato all’Agenzia delle Entrate.
Un recente intervento chiarificatore della Cassazione ha stabilito quali siano gli effettivi criteri di cui tenere conto nell’esatta determinazione dell’indennità dovuta all’espropriato nel caso di espropriazione di un terreno agricolo non edificabile.
A tal proposito, i giudici di legittimità hanno statuito come sia doveroso considerare altresì la zona in cui è ubicato il fondo agricolo. Se tale zona rappresenta un’area edificabile in espansione, è evidente come il terreno agricolo, ancorchè non edificabile, possa subire un aumento di valore proprio in virtù del contesto in cui è collocato.
Detto in altri e più chiari termini è importante avere riguardo anche alle particolari caratteristiche e potenzialità dell’area in cui è situato il fondo oggetto di espropriazione oltre alle approvate utilizzazioni previste dal piano regolatore generale per quella specifica zona.