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Dedicare l’intero tempo-lavoro allo svolgimento dell’attività agricola potrebbe non bastare ai fini dell’accesso alle agevolazioni ICI se il comune ha previsto requisiti ulteriori rispetto a quelli di legge.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7139/2019, pronunciandosi in merito alla controversia tra un comune toscano ed un’operatrice agricola.
Il contenzioso in commento nasce dall’avviso di accertamento emesso dal comune per il recupero della maggiore imposta comunale non versata dalla contribuente in relazione ad un terreno edificabile destinato allo svolgimento di attività agricole.
Mentre in primo grado la CTP accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo l’imposta dovuta del 50%, in appello la CTR accoglieva in toto il ricorso, censurando la condotta del comune.
Il regolamento comunale prevedeva che, oltre al requisito dell’esercizio dell’attività agricola, per poter usufruire dei benefici fiscali era necessario che dal lavoro dedicato all’attività agricola derivasse almeno l’80% del reddito imponibile IRPEF.
Nel caso di specie, però, tale ulteriore requisito non era integrato dalla contribuente che, pur svolgendo esclusivamente attività agricola, possedeva partecipazioni sociali che producevano redditi tali da spostare la percentuale di reddito prodotta dall’attività agricola al di sotto della prevista soglia dell’80%.
Chiamati a pronunciarsi sulla questione, i giudici di secondo grado hanno ritenuto disapplicabile il regolamento comunale, ritenendolo illegittimo per la parte in commento, in quanto confliggente con una norma di legge (il D. Lgs. n. 504/1992) di rango superiore.
Avverso tale decisione, l’ente locale presentava ricorso in Cassazione.
Gli Ermellini hanno ribaltato le decisioni assunte da parte dei giudici di merito, affermando che era diritto del comune stabilire ulteriori requisiti rispetto al mero esercizio dell’attività agricola previsto dalla legge.
Infatti, l’art. 59, comma 1, lettera a) del D. Lgs. n. 446/1997 prevede la possibilità che vengano approvati regolamenti che stabiliscano ulteriori condizioni per l’accesso al beneficio, come accaduto nel caso di specie.
L’unico limite all’approvazione di tali regolamenti è che essi non contrastino con la legge. Tuttavia, secondo la Cassazione, la fissazione di una soglia minima di reddito proveniente dall’attività agricola non rappresenta un elemento esogeno o estraneo, quanto una limitazione funzionale a limitare “il depauperamento delle risorse comunali in funzione del beneficio concesso a chi dal lavoro agricolo trae la principale fonte del proprio sostentamento”.
Pertanto, la Cassazione ha accolto le ragioni del comune, condannando la contribuente al pagamento dell’imposta.