Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Nella dichiarazione dei redditi di quest’anno sarà possibile determinare il reddito per l’allevamento di tartarughe, guanachi, lama e alpaca. Questa è, in estrema sintesi, la novità introdotta dal D.M. 15/03/2019 per le attività di allevamento.
Il provvedimento che ogni due anni fissa i parametri per l’applicazione dell’art. 56, comma 5 del D.P.R. n. 917/1986 ai fini della determinazione del reddito da allevamento non ha infatti modificato nessuno degli altri elementi necessari alla determinazione del reddito.
Ricordiamo che, ai fini delle imposte dirette, i redditi da allevamento possono essere distinti in 3 tipologie:
La produzione dei mangimi derivante dalla coltivazione del fondo è solo potenziale, infatti non rileva il fatto che i mangimi necessari al sostenimento degli animali siano esclusivamente acquistati da terzi.
L’applicazione dei parametri è possibile solo se sussistono contestualmente i seguenti requisiti:
Il reddito d’impresa definito ai sensi del comma 5 dell’art. 56, essendo determinato in modo forfettario, non consente di detrarre le spese e gli altri componenti negativi. Pertanto, è concesso alle imprese di optare per la determinazione del reddito nei modi ordinari compilando i quadri relativi ai redditi d’impresa nella dichiarazione dei redditi (quadri RF o RG). L’opzione è esercitabile, qualora nell’anno d’imposta per il quale l’impresa intenda esercitare l’opzione abbia tenuto la contabilità ordinaria o semplificata (a seconda del volume dei ricavi). Tale opzione non è vincolante per gli anni successivi.
Per le imprese che determinano il reddito in base ai parametri, il reddito relativo alla parte eccedente i limiti dell’art. 32 “concorre a formare il reddito d'impresa nell'ammontare determinato attribuendo a ciascun capo un reddito pari al valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato entro il limite medesimo, moltiplicato per un coefficiente idoneo a tener conto delle diverse incidenze dei costi. Le relative spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione”.
Occorre quindi fare riferimento al citato decreto interministeriale nel quale sono riportate tre tabelle.
Nella tabella 1 sono riepilogate e raggruppate in sei fasce di qualità le tipologie di colture effettivamente praticate. Il reddito agrario “riclassificato” e raggruppato nelle suddette fasce, rivalutato del 70% (e ricorrendone le condizioni dell'ulteriore rivalutazione del 30%) e moltiplicato per il coefficiente di normalizzazione proprio di ogni singola fascia determina il c.d. “reddito agrario normalizzato”. Tale valore deve essere moltiplicato per il coefficiente 219,08 e diviso per 51,64569 determinando il valore da indicare in RD3 e precisamente il numero (“normalizzato”) dei capi allevabili nei limiti dell’art. 32.
RD3 = Reddito agrario normalizzato x 219,08 : 51,64569
Nella tabella 3 del decreto sono elencate le specie animali che possono determinare il reddito in base ai parametri, la durata del ciclo di allevamento utile al fine di determinare il numero di animali allevati (cessioni imponibili) e l’imponibile per ogni capo allevato oltre a quelli “coperti” dal reddito agrario.
N.B. Il registro cronologico di carico e scarico degli animali allevati (art. 18-bis D.P.R. n. 600/1973) determina il numero di capi allevati, distinti per categoria, tenendo in considerazione anche la durata del ciclo di allevamento indicata nella colonna 2 della tabella 3. |
Per agevolare i contribuenti, allegato alle istruzioni della dichiarazione dei redditi vi è un prospetto che guida alla determinazione del reddito da allevamento. Nella sezione 2 di tale prospetto, indicando in corrispondenza di ogni categoria di animali il numero delle cessioni imponibili rilevabili dal registro di carico e scarico degli animali allevati, è possibile individuare il corrispondente coefficiente di normalizzazione che, moltiplicato per il numero delle cessioni imponibili, restituirà il valore in “capi normalizzati”, la cui somma dovrà essere riportata in RD2.
Qualora la differenza tra i campi RD2 e RD3, riportata in RD4, fosse rappresentata da un valore negativo ovvero uguale a zero, significa che l’impresa non ha determinato nell’anno redditi di allevamento, pertanto il reddito di tale attività è assorbito dal reddito agrario.
In caso contrario il valore indicato in RD4 dovrà essere moltiplicato per il coefficiente di reddito pari e € 0,058532 al fine di determinare il reddito da allevamento eccedente da riportare al rigo RD5.
RD4 <= 0 |
il reddito agrario assorbe completamente l’attività di allevamento (art. 32 del TUIR) |
RD4 > 0 |
RD4 x € 0,058532 = RD5 (reddito da allevamento eccedente) |
Il coefficiente di redditività € 0,058532 si riduce della metà (€ 0,029266) alle seguenti condizioni:
In ogni caso le società semplici applicano il coefficiente € 0,058532.
Per applicare il coefficiente € 0,029266 occorrerà quindi barrare la casella “Impiego propri familiari” del quadro RD Sez. 1.
Il registro di carico e scarico degli animali allevati rappresenta una scrittura obbligatoria prevista dall’art. 18-bis del D.P.R. 600/1973, pertanto, indispensabile al fine di determinare e documentare il numero dei capi allevati.
In particolare, tale registro è obbligatorio per le imprese di allevamento che superano i limiti di cui all’articolo 32, lettera b) del TUIR.
Le modalità di tenuta del registro sono indicate nella circolare ministeriale n. 150 del 01/12/1978. Gli animali devono essere annotati distintamente per specie e per ciclo (per la definizione del ciclo di ogni specie animale si fa riferimento alla colonna 2 della tabella 3 allegata al D.M. 15/03/2019).
Il numero degli animali allevati per ogni specie, rilevante ai fini calcolo, è rappresentato esclusivamente da quello che deriva dai cicli conclusi nell’anno, conteggiando anche i passaggi dello stesso animale da una categoria ad un’altra.
Gli animali che muoiono prima della conclusione del ciclo non determinano alcun incremento del numero di capi allevati.
Gli animali che nascono in azienda devono essere caricati nel registro al termine del periodo di allattamento. Se gli animali vengono venduti entro tale periodo non devono essere pertanto rilevati (Ris. 9/601 del 29/05/1979). Il periodo di allattamento è definito in:
Periodo di tolleranza. La Circolare n. 150/1978 prevede la possibilità di limitare alcune possibili distorsioni relative alle tempistiche con cui gli animali sono ceduti, dovute alle caratteristiche dei mercati. In base a tale previsione, gli animali imputabili al ciclo successivo non concorrono a formare il numero dei capi allevati se permangono nel ciclo stesso per un periodo non superiore alla metà della sua durata.
Esempio: un suino leggero da macello ha un ciclo di 6 mesi. Se viene venduto entro 9 mesi (6 mesi + ½ di 6 mesi) dall’inizio del suo ciclo non determinerà una seconda “cessione imponibile”.
Il registro rappresenta una scrittura contabile esclusiva, pertanto ai fini delle imposte dirette, se l’impresa di allevamento determina il reddito in base ai parametri non dovrà tenere alcuna altra scrittura contabile.
I contratti di soccida sono oggi molto diffusi ed è quindi opportuno sapere che già nel 1979, con la Risoluzione 9/1266, il Ministero delle Finanze ha confermato che il regime di determinazione del reddito in base ai parametri può essere determinato in via autonoma sia dal soccidante che dal soccidario.
Il soccidante, in qualità di proprietario degli animali dovrà tenere un registro di carico e scarico degli animali allevati distinguendo le quote di sua spettanza rispetto a quelle del soccidario. Il registro andrà quindi tenuto separato per ogni contratto di soccida in corso. Alla fine dell’anno il soccidante comunicherà al soccidario gli animali corrispondenti agli accrescimenti a lui spettanti.
Attribuzione del reddito agrario al singolo soccidario. A volte, in sede di accertamento, i verificatori hanno sollevato il dubbio sulla necessità in capo al soccidante di attribuire una quota del proprio reddito agrario al soccidario, per il fatto che egli fornisce oltre agli animali i mangimi necessari per il loro sostentamento.
Questa tesi, propria di alcuni uffici dell’Amministrazione Finanziaria, a nostro parere non può essere ritenuta condivisibile, poiché il soccidario può ben coprire gli animali di propria spettanza con il reddito agrario derivante dai propri terreni, essendo egli prestatore di lavoro che è una componente del reddito agrario.
Con la risoluzione 9/601 del 1979 il Ministero delle Finanze ha permesso una semplificazione nella determinazione della quantità di pesce allevato, dato che applicare il dettato della circolare 150/1978 comportava delle evidenti difficoltà per questa tipologia di allevamento.
Ai fini della determinazione della quantità di pesce allevato:
Per il calcolo della quantità di pesce allevato si applica la seguente formula:
RIMANENZE FINALI + VENDITE – ACQUISTI - RIMANENZE INIZIALI
Per le attività agricole rientranti nell’art. 32 del TUIR, la legge 208/2015 ha escluso l’applicazione dell’IRAP.
Tra le attività agricole restano soggette all’imposta regionale le attività di allevamento di animali, limitatamente alla quota di animali non coperti dalle potenzialità del fondo di fornire almeno un quarto dei mangimi necessari.
Ciò vale per tutte le tipologie di soggetti che svolgono attività agricole, siano essi imprese individuali, società di persone o società di capitali.
L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 93/E del 2017 ha ribadito che, per i soggetti che determinano il reddito forfettariamente ai sensi dell’art. 56 comma 5, la base imponibile da escludere dal calcolo dell’IRAP va ridotta in proporzione al rapporto dei capi allevati entro i limiti dell’art. 32 rispetto al numero complessivo dei capi allevati.
Al fine di una corretta definizione del valore della produzione IRAP, è pertanto indispensabile aver correttamente tenuto il registro cronologico di carico e scarico degli animali allevati anche nell’ipotesi in cui l’impresa determini, per opzione o per obbligo, il reddito in modo analitico.
Tale registro documenta e certifica il numero di animali allevati, distinti per categoria, pertanto è fondamentale per determinare la quota di animali potenzialmente allevabili sulla base dei terreni condotti e, per differenza, la quota di animali eccedenti.
Per gli altri soggetti che svolgono attività agricole e di allevamento e non determinano il reddito in base all’art. 56 comma 5, la quota di base imponibile IRAP da escludere è data dal rapporto tra i proventi ed i ricavi riferibili all’attività agricola entro i limiti dell’art. 32 del TUIR rispetto all’ammontare complessivo dei ricavi e dei proventi rilevanti ai fini IRAP. Pertanto, è evidente che anche per tali soggetti la tenuta del registro di carico e scarico allevamenti sia indispensabile per giustificare e documentare il valore della produzione escluso dall’IRAP.
Nella Risoluzione 93/E è stato confermato che il predetto metodo per definire il valore della produzione sia applicabile anche per la ripartizione delle deduzioni per lavoro dipendente.
Nella dichiarazione dei redditi di quest’anno debuttano gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA). Si tratta di indici che l’Amministrazione finanziaria ha messo a punto al fine di favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari da parte di imprese e professionisti in un’ottica di collaborazione tra questi e l’Agenzia delle Entrate.
Va detto subito che tali modelli non devono essere compilati dai soggetti che determinano il proprio reddito in modo forfettario. Pertanto, per quanto riguarda le attività di allevamento sono esclusi dall’obbligo di compilazione sia i soggetti che determinano il reddito ai sensi dell’art. 32, sia i soggetti che applicano l’art. 56, comma 5 del TUIR.
Ciò premesso, i restanti soggetti tenuti alla compilazione dei ISA, qualora procedano ad un adeguamento del proprio reddito al fine di ottenere un diverso punteggio, anche ai fini IRAP dovranno integrare con i maggiori ricavi i componenti positivi soggetti all’imposta.
Anche in tale ipotesi, riteniamo applicabili i principi espressi nella Risoluzione 93/E del 2017, pertanto i maggiori ricavi dichiarati, sommati a quelli risultanti dalle scritture contabili, dovranno essere complessivamente e proporzionalmente depurati della quota di reddito riconducibile alle attività di allevamento svolte entro i limiti dell’art. 32 del TUIR.
Le aziende agricole individuali e le società semplici compilano la dichiarazione IRAP esclusivamente in presenza di attività soggette ad imposta, riportando in dichiarazione solo gli importi rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta regionale.
I soggetti che determinano il valore della produzione ai sensi dall’art. 5-bis (es.: Snc, Sas) devono comunque compilare il modello IRAP, evidenziando sia i dati fiscali dell’attività soggetta a imposta che i valori relativi all’attività agricola esclusa utilizzando i righi IQ11 o IP11.
Le società di capitali riportano i dati contabili così come risultanti dal conto economico, escludendo la quota del valore della produzione riferita all’attività agricola tramite una specifica variazione fiscale da indicare tra le “altre variazioni” con il codice 11.
Invece, i soggetti che determinano forfettariamente il valore della produzione compilano la sezione III dei quadri IQ, IP e IE e la sezione V del quadro IC, riportando l'ammontare del reddito d’impresa determinato forfettariamente nonché la quota imponibile degli altri componenti rilevanti ai fini della determinazione del valore della produzione (retribuzioni, compensi, altre somme e interessi passivi). Quest’ultima quota imponibile andrà determinata in base al rapporto tra i proventi ed i ricavi riferibili all’attività agricola entro i limiti dell’art. 32 del TUIR rispetto all’ammontare complessivo dei ricavi e dei proventi rilevanti ai fini IRAP.
I soggetti che svolgono unicamente attività agricole per le quali è prevista l’esclusione dall’imposizione ai fini IRAP ai sensi dell’art. 1, comma 70, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, non sono tenuti a presentare la dichiarazione IRAP ad eccezione di quelli che determinano il diritto camerale annuale in base al “fatturato”.