Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
La multifunzionalità dell’impresa agricola, introdotta dalla revisione dell’art. 2135 del codice civile, ha permesso la diffusione di molteplici attività, dando l’opportunità di diversificare la fonte di reddito delle imprese agricole.
Tra queste attività, quelle che hanno avuto un significativo impulso riguardano la manipolazione, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, nonché le attività di servizi.
Sono diverse le motivazioni che inducono le imprese agricole ad avviare anche tali attività, ma sicuramente un aspetto non trascurabile è il fatto che, in genere, non sono necessari investimenti significativi per avviarle.
Uno dei problemi che affligge il settore è la valorizzazione delle produzioni. I prodotti agricoli sono deperibili, necessitano di una rete distributiva capace di diffondere tempestivamente il prodotto e metterlo a disposizione del consumatore. Le imprese agricole tramite la vendita diretta, la manipolazione e trasformazione dei propri prodotti agricoli possono da un lato accorciare la filiera distributiva, dall’altro valorizzare i loro prodotti attraverso la trasformazione, con evidenti vantaggi in termini di redditività.
Tali attività possono generare reddito agrario se hanno per oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento degli animali e individuati dal decreto ministeriale previsto dall’art. 32 del TUIR al comma 2, lettera c).
Pertanto, se il risultato della trasformazione è un prodotto agricolo così come sopra definito ed i prodotti utilizzati sono di produzione prevalentemente propria dell’azienda agricola, il reddito derivante da tali attività viene completamente assorbito dal reddito agrario e non si dovrà procedere a dichiarare alcun reddito neppure ai fini IRAP. Ciò vale anche se una o più fasi del processo produttivo sono affidate a terzi (esempio: se utilizzato un frantoio di terzi per la molitura di olive proprie).
Tali attività sono in continua evoluzione. L’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un’istanza di interpello del 2017, ha riconosciuto tra le attività agricole connesse la produzione e commercializzazione di pesce eviscerato e di caviale di storione in quanto tali attività rientrano nel codice ATECO 10.20.0 (produzione di prodotti a base di pesce, crostacei, molluschi, filetti di pesce, uova, caviale, succedanei del caviale, ecc.).
Nello stesso anno l’Agenzia ha riconosciuto come attività connesse la produzione di caviale di lumache, bava di lumache e lumache lessate, riconducendo tali attività al codice ATECO 10.20.0 (Interpello n. 954-637/2017)
Mentre, sul concetto di “prevalenza”, l’Agenzia ha emanato la circolare n. 44/E del 2004, in cui ha chiarito che, in linea generale, la prevalenza può essere misurata in termini di quantità o di valore:
Infine, si precisa che, qualora i beni ottenuti dalla trasformazione di prodotti agricoli acquistati da terzi non rientrino nella tipologia di appartenenza dei beni ottenuti dalla trasformazione dei prodotti propri, viene a mancare il presupposto di accessorietà e strumentalità rispetto all’attività agricola principale, con la conseguenza che i relativi redditi non rientrano nel campo di applicazione degli articoli 32 e 56-bis del TUIR.
Quando le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti agricoli hanno ad oggetto prodotti diversi da quelli elencati nel citato decreto del 13/02/2015, l’impresa agricola determina il reddito d’impresa in modo forfettario, salvo opzione per il regime ordinario.
L’impresa è comunque tenuta al rispetto del principio di prevalenza. L’art. 56-bis al comma 2, in questi casi, prevede che il reddito venga determinato forfettariamente, applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione ai fini IVA, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15%.
Di contro, se il prodotto ottenuto sostiene più manipolazioni/trasformazioni, l’operazione sarà ricondotta al reddito d’impresa. Infatti, devono ritenersi escluse dall’ambito di applicazione dell’art. 56-bis del TUIR le attività di trasformazione non usualmente esercitate nell’ambito dell’attività agricola che intervengono in una fase successiva a quella che ha originato i beni elencati nel decreto ministeriale, atte a trasformare ulteriormente questi ultimi beni fino a realizzare prodotti nuovi che non trovano connessione con l’attività agricola principale ai sensi dell’art. 2135 del c.c.
Allo stesso tempo, qualora non venga rispettato il principio di prevalenza, vanno tenuti distinti i casi in cui il prodotto finale ottenuto e commercializzato rientri tra quelli agricoli o comunque previsti dal D.M. 13/02/2015 oppure sia un prodotto diverso.
Infatti, nella prima ipotesi, opera la cosiddetta franchigia quindi, sono da qualificarsi come redditi agrari ai sensi dell'articolo 32 i redditi rivenienti dall'attività di trasformazione dei prodotti agricoli nei limiti del doppio delle quantità prodotte in proprio dall'imprenditore agricolo, mentre la parte eccedente tale limite deve essere determinata in base alle regole in materia di reddito d'impresa.
Nel caso in cui dall'attività di trasformazione o manipolazione si ottengano beni non agricoli e non rientranti fra quelli elencati nel citato decreto ministeriale, non essendo soddisfatto il requisito della prevalenza, l'intero reddito prodotto costituisce reddito d'impresa, da determinarsi analiticamente in base all'articolo 56 del TUIR.
Anche “la fornitura di servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata […]” prevede una tassazione forfettaria (art. 56-bis, comma 3 del TUIR).
Per tali attività, il reddito si determina applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, il coefficiente di redditività del 25%. Con circolare ministeriale n. 44/E del 2004 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che i servizi rientranti nel reddito agrario sono quelli svolti mediante le attrezzature normalmente impiegate nell’attività principale.
Invece, in riferimento ai servizi forniti con le attrezzature che non sono normalmente usate in azienda, sarà necessario verificare la sussistenza della prevalenza: in tal caso la verifica va effettuata in relazione al volume d’affari prodotto con le attrezzature normalmente impiegate, il quale deve risultare superiore a quello conseguito con le altre attrezzature.
Si tratta di attività quali, ad esempio, motoaratura, spalatura della neve, manutenzione del territorio, manutenzione del verde e simili, che l’imprenditore agricolo svolge impiegando in misura prevalente le stesse macchine agricole e le stesse risorse umane normalmente impiegate nell’azienda.
Tali attività possono essere svolte se connesse e complementari all’attività agricola esercitata. L’Agenzia con circolare n. 44/E del 2002 ha precisato che tali attività non devono assumere per dimensioni, organizzazione di capitali e risorse, la connotazione di attività principale.
Infine, è bene ricordare però che la definizione del reddito ai sensi dell’art. 56-bis rappresenta il regime naturale di determinazione dell’imposta riservato alle imprese individuali ed alle società semplici che svolgono attività agricole, applicabile anche in presenza di attività occasionali.
Il comma 4 dell’art. 56-bis precisa che la disposizione non è applicabile ai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d) , nonché alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice.
Ai fini delle imposte sul reddito, sia per le persone fisiche che per le società semplici è possibile indicare il reddito determinato nel quadro RD sezione III della dichiarazione dei redditi “attività agricole connesse”. In tale sezione al rigo RD10 in colonna 2 (produzione di beni) e colonna 3 (fornitura di servizi) si dovrà indicare il valore dei corrispettivi complessivamente rilevati nell’anno. Tale reddito verrà poi riportato rispettivamente nella misura del 15% e del 25% al rigo RD10 colonna 5.
Per l’IRAP, il valore della produzione determinato forfettariamente andrà indicato nella sezione III. L’Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti dovuti all’esclusione dall’IRAP delle attività agricole rientranti nei limiti dell’art. 32. Con la risoluzione 93/E del 18 luglio 2017, è stato precisato che le deduzioni di lavoro dipendente spettano solo in relazione ai dipendenti impiegati nell’attività soggetta ad IRAP. Nel caso di dipendenti impiegati promiscuamente, l’importo della deduzione andrà ridotto della quota imputabile all’attività agricola. Occorrerà quindi determinare l’incidenza dei ricavi e proventi riferibili alle attività agricole (art. 32 TUIR) rispetto a quelli complessivi.
Applicazione dell’art. 56-bis nella manipolazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli |
|||
Il bene rientra tra i prodotti agricoli, inclusi quelli del D.M.13/02/2015 |
Prevalenza di prodotti propri Art. 32 del TUIR (prodotto proprio + franchigia) |
Franchigia: Trasformazione dei prodotti agricoli nei limiti del doppio delle quantità prodotte in proprio dall’imprenditore agricolo Nel caso di acquisti per un miglioramento della gamma, nei limiti del doppio del valore normale delle medesime. |
|
Prevalenza di prodotti di terzi Art. 32 del TUIR (prodotto proprio + franchigia) Sull’eccedenza: Art. 56 del TUIR (reddito d’impresa + IRAP) |
|||
Il bene non rientra tra i prodotti agricoli e neppure tra quelli inclusi nel D.M.13/02/2015 |
Prevalenza di prodotti propri Art. 56-bis del TUIR (R.I. 15% + IRAP) |
Non è applicabile la franchigia. Se non è rispettato il requisito della prevalenza, l’intero reddito prodotto costituisce reddito d’impresa. |
|
Prevalenza di prodotti di terzi. Art. 56 del TUIR (reddito d’impresa + IRAP) |