In questi giorni è di grande attualità la ventilata approvazione del cosiddetto Decreto Clima, un provvedimento con cui il Governo vorrebbe arginare la diffusione di fenomeni inquinanti o non salutari.
Tra le proposte del Ministero dell’Ambiente c’è quella di procedere al taglio delle agevolazioni relative all’acquisto di diesel e gasolio: come facile intuire, tale provvedimento potrebbe avere effetti dirompenti su alcune categorie produttive, come gli agricoltori e gli autotrasportatori.
Quale futuro per il gasolio agricolo?
Come noto, oggi gli agricoltori possono acquistare il gasolio agricolo ad un prezzo agevolato, grazie anche all’aliquota IVA ridotta prevista dal D.P.R. n. 633/1972: a differenza del gasolio per autotrazione che sconta l’imposta ordinariamente con l’aliquota del 22%, quello agricolo può usufruire dell’imposta agevolata al 10%.
Il Decreto Clima, però, punta ad una riduzione di tale agevolazione che, secondo le prime voci, potrebbe essere decurtata fino al 30% e ciò potrebbe portare ad un risparmio per lo Stato superiore ai 300 milioni di euro all’anno.
Il costo di tale misura, però, andrebbe a gravare integralmente sulle tasche degli agricoltori, di coloro che ogni giorno si recano al lavoro, sobbarcandosi i rischi di impresa e le minacce di un clima sempre più ostile per ottenere guadagni talvolta minimi.
Peraltro, come alcuni esperti del settore non hanno mancato di far notare, ad oggi non esistono sostanzialmente alternative al gasolio per il funzionamento delle macchine agricole. Pertanto, gli agricoltori non potrebbero che sottostare al balzello introdotto dal Governo, impossibilitati a trovare un’alternativa a causa dell’inerzia dell’industria meccanica specializzata.
Sottovalutato l’impatto di tale provvedimento?
Le possibili conseguenze della misura sarebbero gravi e, forse, finora sottovalutate. In un colpo solo, infatti, una delle principali materie prime utilizzate tanto nell’ambito della produzione ortofrutticola che nell’allevamento subirebbe un’impennata del prezzo del 30% con tanto di impatto sulle casse aziendali.
Non è difficile immaginare che tante piccole aziende, soprattutto quelle collocate nelle zone più isolate e disagiate, potrebbero valutare la chiusura, incentivando di fatto l’abbandono delle terre e il relativo dissesto idrogeologico che ne potrebbe conseguire.
Ma anche a livello macroeconomico, tale provvedimento porterebbe ad un aumento del prezzo dei prodotti Made in Italy, con una conseguente perdita di competitività dei prodotti sul mercato internazionale, a favore di quelli provenienti dagli altri Paesi europei o dall’estero.
Di fatto, quindi, il rischio sarebbe quello di penalizzare un comparto di eccellenza che, già oggi, a livello europeo ha fatto scelte nette come il rifiuto di OGM e carni agli ormoni, che già è leader nella UE con oltre 60.000 aziende che operano osservando i protocolli del biologico. Un settore che già nell’economia circolare e nel riuso, si pensi agli impianti di produzione di energia elettrica a partire da scarti di produzione o resti animali, ha fatto importanti investimenti.
Un vero e proprio attentato all’agricoltura
Oltre al gasolio agricolo, sarebbero altre le questioni aperte che potrebbero presto pesare sulle tasche degli agricoltori.
Infatti, oggetto di revisione potrebbe essere anche l’applicazione dell’IVA ridotta per alcuni prodotti, come fertilizzanti e fitosanitari, considerati pericolosi per l’ambiente e ampiamente utilizzati nel settore agricolo.
In conclusione, non si può che definire tale provvedimento come un vero e proprio attentato all’agricoltura. Un intervento populista, che pur muovendo da fini nobili come quello della tutela ambientale, potrebbe finire per avere effetti devastanti all’interno di un comparto, come quello agricolo, già fortemente messo sotto pressione da leggi di mercato folli e da fattori climatici sempre più negativamente impattanti.
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