Il principio consolidato ai fini ICI, in base al quale il terreno edificabile posseduto e condotto da uno dei comproprietari che sia anche coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale debba essere considerato agricolo, si applica anche all’IMU.
Come confermato dalla Sentenza della Corte di Cassazione n. 23591 pubblicata lo scorso 23 settembre, per entrambe le disposizioni (ICI e IMU) la norma di riferimento è il comma 2, lett. b) del D.Lgs. 504/1992 la quale recita:
“Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 9, sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali”.
Pertanto, la norma prevede la finzione giuridica per la quale sono considerati in ogni caso non fabbricabili i terreni posseduti (a titolo di piena proprietà o altro diritto reale di godimento) e condotti da CD o IAP, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale. Tale disposizione di applica anche quando il terreno sia posseduto da più comproprietari ma condotto da uno solo di essi in possesso dei requisiti soggettivi previsti dalla norma.
I giudici, richiamando il principio espresso dalla stessa Corte nelle Sentenze n.13261/2017, n. 155566/2010, n. 25596/207, n. 22486/2017, n. 14824/2011 e n. 16636/2011, hanno ribadito che un terreno suscettibile di edificabilità, affinché possa essere considerato agricolo ai fini dell’imposta locale necessita che ricorrano tre condizioni:
- il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale;
- la diretta conduzione dello stesso da parte dei suddetti soggetti;
- la persistenza dell’utilizzo agro-silvo-pastorale, mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione.
Ricorrendo i suddetti requisiti l’imposta sul terreno va applicata in funzione del suo valore catastale, a prescindere dall’obiettiva potenzialità edificatoria.
L’area in questi casi va considerata oggettivamente come terreno agricolo, e come tale si caratterizza anche per gli altri comproprietari, in quanto la destinazione agricola integra una utilizzazione del fondo incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edificatorio.
Infatti, ai sensi dell’art. 1102 del c.c., gli altri comproprietari non possono alterare la destinazione del fondo che è finalizzata all’esercizio dell’attività agricola da parte di un coltivatore diretto, sicché vi è, di fatto, una impossibilità di sfruttamento edificatorio dell’area.
La stessa Corte aveva in passato indicato che “ogni qualvolta sia stabilito uno sfruttamento “turnario” ovvero esclusivo a tempo determinato, col consenso unanime dei comunisti, si realizza un accordo con efficacia obbligatoria, che, nel corso della sua esecuzione, comporta per il comunista assegnatario l’esclusiva disponibilità del bene, senza interferenza degli altri comunisti concedenti, ma pur sempre nel rispetto della cosa”.
In questo caso, il contribuente era un lavoratore dipendente comproprietario di un terreno condotto per l’intero dagli altri comproprietari, ovvero dal padre e dal fratello i quali erano anche coltivatori diretti.
Pertanto, la Corte ha accolto il ricorso del contribuente che aveva corrisposto l’IMU 2013 sul valore catastale del terreno e non sul valore venale dell’area edificabile.
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