La cessione di fagiani per il ripopolamento di una riserva di caccia è un’operazione soggetta all’aliquota IVA ridotta del 10% e non a quella ordinaria del 22%.
Questa è l’interessante decisione assunta dalla CTP di Piacenza con la sentenza n. 125/1/2019..
Il caso
La controversia era originata da un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia che chiedeva il maggior pagamento dell’IVA ad un imprenditore agricolo, allevatore di fagiani, che aveva venduto alcuni volatili ad un’azienda faunistico venatoria applicando l’aliquota IVA del 10%.
Secondo l’Ufficio, l’imposta era stata determinata erroneamente, in quanto l’aliquota ridotta doveva applicarsi soltanto alle cessioni di fagiani destinati all’alimentazione umana, mentre nel caso in esame era corretto calcolare l’imposta con l’aliquota ordinaria del 22%.
La decisione dei giudici
Chiamata a pronunciarsi sul tema, la CTP di Piacenza ha accolto il ricorso del contribuente, sostenendo che, nel caso in esame, l’IVA era stata determinata correttamente con l’aliquota agevolata del 10%.
Oggetto della decisione è, di fatto, la corretta interpretazione del punto 7 della parte terza della Tabella A allegata al D.P.R. n. 633/1972, il quale contempla, tra i prodotti soggetti all’aliquota IVA del 10%, “conigli domestici, piccioni, lepri, pernici, fagiani, rane ed altri animali vivi destinati all’alimentazione umana”.
Secondo i giudici emiliani, sono due le possibili interpretazioni che confermerebbero l’applicabilità dell’imposta in misura ridotta.
In primis, osserva la CTP, nella sopra richiamata previsione, la destinazione all’alimentazione umana è un requisito che vale solamente per le rane e per gli altri animali vivi non precedentemente nominati. Per le specie tipizzate dal legislatore (conigli, piccioni, lepri, pernici e fagiani), invece, tale ulteriore requisito non si ritiene necessario ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA al 10%.
Tale convincimento viene supportato anche dalle relative previsioni comunitarie, che citano il parametro dell’alimentazione umana accompagnato dall’avverbio “normalmente” e, da ciò, si potrebbe desumere il carattere solamente eventuale e non obbligatorio di tale ulteriore elemento.
In seconda battuta, i giudici muovono un’ulteriore argomentazione a partire dal testo della sentenza n. 10612/2018 della Cassazione, la quale afferma che la qualificazione giuridica di un rapporto negoziale deve essere effettuata sulla base della causa concreta ovvero degli interessi che il negozio è concretamente diretto a realizzare.
Pertanto, essendo i fagiani venduti vivi, ma destinati all’attività venatoria, è facile immaginare come, dopo il loro abbattimento, essi saranno verosimilmente destinati all’alimentazione umana.
In conclusione, quindi, sia che si volesse privilegiare un’analisi orientata della norma, sia che si adotti un orientamento più “sostanzialista”, in ogni caso, alle cessioni oggetto di controversia doveva applicarsi l’aliquota IVA ridotta del 10%.
Tale decisione non può che essere accolta con grande interesse da parte degli allevatori, in quanto introduce un orientamento decisamente favorevole per i contribuenti, ma attenzione: al momento si tratta di una decisione isolata da parte di una singola commissione tributaria provinciale, che, in futuro, potrebbe non trovare ulteriori riscontri nella giurisprudenza maggioritaria di merito o di legittimità a livello nazionale.
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