Le Sezioni Unite civili della Suprema Corte hanno ribaltato l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in merito alle divisioni ereditarie, suscitando non pochi dubbi sull’applicazione dell’imposta di registro.
Il Collegio di legittimità, con la sentenza 25021/2019 depositata pochi giorni fa, ha riqualificato la natura giuridica degli atti traslativi dei beni immobili, discendenti da divisione ereditaria, trattandoli come se fossero una vera e propria vendita.
La decisione
La questione nasce in tema di regolarità edilizia di fabbricati oggetto di una comunione ereditaria e i giudici hanno stabilito, tra le altre cose, che:
- la divisione ereditaria deve essere considerata un atto tra vivi e, pertanto, si applica la normativa dettata per gli atti tra vivi traslativi di beni immobili;
- la divisione ereditaria ha efficacia retroattiva, ma non ha natura dichiarativa, bensì traslativa e, quindi, lo scioglimento della comunione ereditaria è soggetta alla stessa disciplina dettata per gli atti traslativi come la compravendita.
Le ragioni poste alla base di tale pronuncia nascono dal fatto che, se è vero che la legge sancisce l’effetto retroattivo della divisione, la divisione stessa ha un effetto traslativo e non dichiarativo.
Infatti, se la divisione ereditaria avesse effetto dichiarativo, non ci sarebbe bisogno che il legislatore ne disponesse la retroattività visto che la natura dichiarativa di un atto è naturalmente retroattiva senza bisogno che la legge lo disponga.
L’imposta di registro e imposte sui redditi
L’innovativa sentenza dei giudici di legittimità, nonostante tratti la materia esclusivamente sotto il profilo civilistico, potrebbe determinare anche una diversa lettura ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro?
Stando alle disposizioni del D.P.R. n. 131/1986, l’imposta di registro viene applicata nella misura del:
- 1% per gli “atti di natura dichiarativa”;
- 9% o 15% (o 2% per le agevolazioni “prima casa”) per gli atti traslativi.
Se il nuovo principio sancito dai giudici di legittimità circa la riqualificazione delle divisioni ereditarie come atti traslativi tra vivi venisse applicato anche all’imposta di registro, l’impatto sarebbe molto oneroso si passerebbe infatti dall’1%, al 9% o 15%.
Nonostante ciò, non bisogna dimenticare che, dalla formulazione dell’art. 34 del TUR, la natura dichiarativa della divisione pare non lasciare dubbi (almeno sotto il profilo tributario). Infatti, nella disposizione si afferma che deve essere considerata vendita, “limitatamente alla parte eccedente”, la divisione con la quale al condividente sono assegnati beni di valore superiore al valore della sua quota di comunione.
Conseguentemente, continuando a mantenere vigenti i principi dettati dall’art. 34 summenzionato, l’assegnazione di una “quota di fatto” di valore inferiore al valore della “quota di diritto” manterrebbe una natura dichiarativa con applicazione dell’imposta all’1%.
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