Secondo quanto deciso dalla CTR Emilia Romagna con la sentenza n. 1565/2019, l’affitto di un terreno per venticinque anni, se produce gli effetti giuridici voluti dalle parti, non può essere riqualificato come cessione del diritto di superficie (ex art. 20 D.P.R. 131/1986).
Il caso riguardava una società che prendeva in affitto per venticinque anni un fondo per permettere la costruzione su di esso e la gestione di un impianto fotovoltaico.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il negozio giuridico andava riqualificato in una “cessione di diritto di superficie” in considerazione sia della durata contrattuale che dello scopo dichiarato e, per tale motivo, veniva emesso avviso di liquidazione con applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale.
La società contribuente proponeva ricorso evidenziando che il contratto d’affitto è uno strumento giuridico perfettamente idoneo a produrre gli effetti voluti dalle parti e che lo stesso contratto d’affitto di fondo rustico ha tutte le caratteristiche idonee a consentire all’affittuario di realizzare sul fondo l’impianto fotovoltaico mantenendone, inoltre, la disponibilità.
In altre parole, la società rilevava che il diritto alla edificazione può discendere sia da un contratto con effetti reali (diritto di superficie) sia da un contratto di affitto, potendo le parti scegliere fra l’una o l’altra forma negoziale in virtù delle esigenze specifiche.
La Commissione, analizzando il contenuto del contratto di affitto, non ha riconosciuto alcuna volontà delle parti di ottenere gli effetti di un diritto di superficie e, applicando correttamente il disposto dell’art. 20 del D.P.R. 131/1986, ha accolto il ricorso del contribuente.
I giudici chiariscono, inoltre, che la Legge di Bilancio 2018 ha modificato le disposizioni dell’art. 20 del TUR, limitando l’attività riqualificatoria dell’Amministrazione in materia di atti sottoposti a registrazione: tale attività può essere svolta unicamente sulla base degli elementi desumibili dall’atto, senza considerare gli elementi extratestuali.
La sentenza si conclude riconducendo l’articolo 20 D.P.R. n. 131/1986 ad una interpretazione logica che segue la intrinseca natura dell’atto, annullando i tentativi del fisco di riqualificare il negozio giuridico in altra forma contrattuale “simile”, ma fiscalmente più onerosa per il contribuente.
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