Il regime IVA naturale delle imprese agricole è rappresentato dell’art. 34 del D.P.R. n. 633/1972. L’evoluzione del settore, con conseguente rivisitazione della stessa definizione civilistica dell’imprenditore agricolo, ha indotto anche il legislatore fiscale a regolamentare alcune delle nuove attività concesse a questa categoria di soggetti.
Il disallineamento tra le attività che la riformulazione dell’articolo 2135 c.c. ha concesso all’imprenditore agricolo e quelle che la norma fiscale consente di inquadrare nell’alveo dei regimi a lui riservati, richiede sempre più attenzione, per evitare la decadenza da agevolazioni o contributi e per evitare di applicare scorrettamente la disciplina fiscale.
Circoscrivendo l’attenzione alla disciplina IVA, l’art. 34 (oltre a definire i confini di applicazione del regime speciale) prevede, al comma 5, anche la possibilità per l’imprenditore di svolgere delle operazioni diverse per le quali è possibile detrarre l’IVA relativa agli acquisti ad esse riconducibili (impresa mista).
I confini del regime speciale
Il regime speciale, definito dall’art. 34, delinea un impianto semplificato che prevede, in via generale, l’indetraibilità dell’IVA relativa agli acquisti e l’applicazione dell’imposta sulla base di percentuali di compensazione proprie dei singoli prodotti agricoli ceduti.
Tale regime si applica esclusivamente alle cessioni, effettuate dai produttori agricoli, di prodotti agricoli e ittici, compresi nella prima parte della tabella A) allegata al Decreto IVA.
L’Amministrazione ha precisato, nelle Circolari n. 44/E del 2002 e n. 44/E del 2004, che, per i prodotti agricoli realizzati attraverso l’attività di manipolazione e trasformazione, anche utilizzando in misura non prevalente prodotti di terzi, è possibile applicare alle cessioni dell’intero prodotto ottenuto, le percentuali di compensazione (ovviamente se compresi nella prima parte della tabella A).
Al contrario, vi sono diverse operazioni incompatibili con tale regime, pur se legittimamente svolte dall’imprenditore agricolo:
- la cessione di prodotti non compresi nella prima parte della tabella A), come ad esempio il pane, le marmellate, la pappa reale, oppure “sottoprodotti” derivanti dalle attività di allevamento quali il letame o la pollina;
- la cessione di beni strumentali;
- la cessione di prodotti, pur se compresi nella prima parte della tabella A), non ottenuti direttamente dalla propria attività di coltivazione o allevamento, oggetto della sola attività di commercializzazione ed a prescindere dal rispettato il criterio della prevalenza;
- le attività di fornitura di servizi svolte dall’imprenditore agricolo e previste dal terzo comma dell’articolo 2135 del c.c.
A fronte delle numerose operazioni, non compatibili con il regime speciale, che l’imprenditore agricolo può svolgere, il legislatore ha trovato comunque una soluzione definendo, al quinto comma dell’art. 34, la modalità della loro gestione.
In particolare, la disposizione prevede che se, l’imprenditore agricolo, nell’ambito della stessa attività di impresa, effettua anche operazioni imponibili diverse da quelle ammesse dallo speciale regime, queste sono registrate distintamente e indicate separatamente in sede di liquidazione periodica e di dichiarazione annuale. Dall’imposta relativa a tali operazioni si detrae quella relativa agli acquisti e alle importazioni di beni non ammortizzabili e ai servizi esclusivamente utilizzati per la produzione dei beni e dei servizi che formano oggetto delle operazioni stesse.
Operazioni o attività
Per la corretta applicazione della disciplina dell’impresa mista, delineata dal comma 5, occorre quindi distinguere se siamo in presenza di operazioni o di vere e proprie attività.
I criteri da utilizzare, per tracciare la linea di confine, sono stati forniti dal Ministero delle Finanze con la Circolare n. 328/1997. In tale documento è stato precisato che le cessioni di beni diversi devono avere carattere di occasionalità ed accessorietà rispetto all’attività tesa alla produzione di cessione di beni compresi nella prima parte della tabella A).
Pertanto, le cessioni di beni diversi non debbono essere svolte con carattere di sistematicità, ripetitività od organizzazione tale da configurare l’esercizio di un’autonoma attività collaterale da assoggettare, a norma dell’art. 36, quarto comma, all’obbligo della contabilità separata.
L’impresa mista, delineata dal comma 5 dell’art. 34 del Decreto IVA, trova oggi una sua frequente applicazione, ad esempio, nella cessione di prodotti agricoli acquistati da terzi per sopperire ad una mancanza di prodotto, al fine di mantenere la propria clientela ed oggetto di semplice commercializzazione. In tal modo, il produttore agricolo ha la possibilità di detrarre l’IVA relativa all’acquisto del prodotto e quella relativa ai servizi esclusivamente utilizzati per tali operazioni.
Il Ministero delle Finanze, con la Circolare n. 328/E del 1997, tra l’altro, ha ammesso anche la possibilità di detrarre proporzionalmente l’imposta relativa ai beni non ammortizzabili ed i servizi utilizzati promiscuamente per tali operazioni. La parte detraibile, in tal caso, dovrà essere determinata applicando criteri oggettivi, come disposto dall’art. 19, comma 4 del D.P.R. n. 633/1972.
Invece, non è ammessa in detrazione l'imposta assolta sui costi indivisibili (ad esempio spese generali) che non siano specificamente imputabili alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella A), parte 1 (c.d. operazioni diverse).
Qualora, tuttavia, tali operazioni diventino sistematiche e strutturali, subentra la necessità di separare le attività e, pertanto, non si applica il regime dell’impresa mista.
Le criticità
Il sistema appena descritto lascia aperti degli interrogativi su quando la cessione dei beni acquistati avviene a distanza di mesi o anni dal sostenimento del costo. È il caso, non infrequente, del produttore di vino che acquista una partita di prodotto imbottigliato, che rimane tutta o in parte invenduta.
In tale ipotesi, si potrebbe adottare la soluzione di riportare a credito la relativa imposta al momento della registrazione della fattura di acquisto, in attesa della corrispondente operazione attiva (c.d. detrazione prospettica).
Ai sensi dell’articolo 19, la detrazione dell’IVA è consentita se l’acquisto è preordinato alla effettuazione di operazioni imponibili. Cosicché, per l’acquisto di un vino in bottiglia che si intende commercializzare negli anni successivi, si potrebbe invocare immediatamente la detrazione, con la precisazione che, se successivamente il prodotto non verrà ceduto e, quindi, non si verificherà l’operazione imponibile, occorrerà procedere alla rettifica della detrazione ai sensi dell’articolo 19-bis2.
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