A seguito dell’introduzione della “Super IMU”, operata dalla Legge di Bilancio 2020 con l’accorpamento dell’IMU e della TASI, sembrava che il Legislatore avesse inteso modificare le disposizioni relative alle modalità di applicazione dell’imposta municipale nei confronti dei comproprietari di aree edificabili coltivate e condotte da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali.
La nuova IMU, pur ricalcando gran parte delle disposizioni precedenti sia in materia di campo di applicazione che in termini di riduzioni ed esenzioni, riporta alcune precisazioni di carattere innovativo (o apparentemente tali).
In particolare, al comma 743 è precisato che, quando per lo stesso immobile vi sono più comproprietari, “ognuno è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria e nell’applicazione dell’imposta si tiene conto degli elementi soggettivi ed oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso, anche nei casi di applicazione delle esenzioni o agevolazioni”.
Ciò aveva fatto ipotizzare che, dal 1° gennaio 2020, anche nel caso di aree edificabili condotte e coltivate da uno dei comproprietari, non fosse più estesa la presunzione di inedificabilità prevista in questi casi agli altri comproprietari. Questi ultimi, pertanto, avrebbero dovuto calcolare l’IMU sul valore venale del terreno.
Aree edificabili su cui persiste l’utilizzo agro-silvo-pastorale
Ai fini IMU era previsto (e lo è tutt’ora) che non si considerino edificabili, pur se utilizzabili a scopo edificatorio, quelle aree sulle quali persiste un’utilizzazione agro-silvo-pastorale da parte di coltivatori diretti (CD) o imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti alla previdenza agricola.
Infatti, anche il comma 743 della Legge 160/2019 riporta la seguente definizione: “sono considerati, tuttavia, non fabbricabili, i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, comprese le società agricole di cui all’articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 99 del 2004, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali”.
Nel caso di più comproprietari, quando solo ad alcuni di essi era affidato il terreno per la coltivazione, in presenza del requisito soggettivo del conduttore-comproprietario e dell’effettiva coltivazione dell’area, la giurisprudenza aveva già espresso un consolidato orientamento, in base al quale l’area doveva considerarsi oggettivamente non edificabile per tutti i comproprietari (Cassazione Sentenze n. 17337/2018 e n. 23591/2019).
I chiarimenti del Ministero delle Finanze
Chiamato ad esprimersi sui dubbi sollevati dalla nuova formulazione della norma, il Ministero delle Finanze, con la Risoluzione 2/DF del 10 marzo 2020, ha ribadito che la finzione giuridica di non edificabilità, prevista dal comma 743, opera sia per i comproprietari/conduttori che rivestono la qualifica di CD o IAP, sia per gli altri comproprietari. Infatti, la stessa area edificabile non può considerarsi tale solo per alcuni soggetti.
Pertanto, in questi casi, l’inedificabilità ha carattere oggettivo.
Nella Risoluzione, il MEF ha quindi ricostruito il consolidato orientamento espresso dai documenti di prassi e giurisprudenza che si sono negli anni susseguiti.
Con la Circolare n. 3/DF del 18 maggio 2012, il MEF aveva già affermato che “nell’ipotesi in cui il terreno posseduto da due soggetti ma è condotto da uno solo, che abbia comunque i requisiti sopra individuati, l’agevolazione in discorso si applica a tutti i comproprietari”. Tale assunto si ricava dalla giurisprudenza costante della Corte di Cassazione (si veda fra tutte la Sentenza n. 15566 del 30 giugno 2010), la quale ha statuito che “ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all’imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti”.
Tale indirizzo è stato confermato dalla Cassazione nelle Ordinanze n. 16796 del 2017, n. 17337 del 2018 e n. 23591 del 2019.
Le precisazioni espresse nel comma 743 devono quindi considerarsi disposizioni che hanno dato veste ad un principio di carattere generale dell’Imposta Municipale, in base al quale gli elementi soggettivi ed oggettivi non possono essere che riferiti ai titolari della singola quota di possesso.
In presenza dei requisiti previsti dalla norma, il principio oggettivo di inedificabilità, espresso dai Giudici alla qualificazione dell’immobile, deve essere ricondotto anche alla definizione del comma 743 che richiede l’applicazione degli “elementi (…) oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso”.
Come già espresso dai Giudici “lo svolgimento di attività agricola, che è incompatibile con la possibilità di sfruttamento edificatorio dell'area, si riflette anche a favore degli altri comproprietari, i quali, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., non possono alterare la destinazione del fondo che è finalizzata all'esercizio dell'attività agricola da parte di un coltivatore diretto dimodoché, gli stessi, si trovano in una situazione d'impossibilità di sfruttamento edificatorio dell'area”.
Nella Risoluzione del 10 marzo 2020, il MEF ribadisce che, volendo anche sostenere la tesi contraria, ovvero di applicare ad ogni comproprietario, in funzione della propria quota di possesso, un diverso calcolo del tributo basato sul possesso di requisiti soggettivi, il valore dell’area sarebbe comunque estremamente modesto, in quanto i proprietari non qualificati “si trovano in una situazione d’impossibilità di sfruttamento edificatorio dell’area”. Cosicché, ammesso e non concesso di applicare tale ipotesi, di fatto, il valore sul quale si applicherebbe l’imposta sarebbe comunque prossimo a quello catastale.
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