Tra le varie misure adottate per far fronte alle difficoltà economiche derivanti dall’emergenza sanitaria vi è la sospensione dei versamenti, per i mesi di aprile e di maggio 2020, delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato, dell’IVA, dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria.
Stando alle disposizioni normative, tali sospensioni valgono per i soggetti con domicilio fiscale, sede legale o sede operativa in Italia, esercenti attività d’impresa, arte o professione, a seconda dell’ammontare dei ricavi conseguiti nei mesi di marzo e di aprile 2020, rispetto ai ricavi realizzati per gli stessi due mesi nell’anno 2019.
Il riferimento ai ricavi, così come definiti dagli artt. 85 e 109 del TUIR, sembra riferirsi solamente a quei soggetti che tengono una contabilità ordinaria in grado, quindi, di stabilirne, oltre all’ammontare preciso, anche la competenza.
I ricavi, per loro stessa definizione, sono elementi reddituali che esulano dai bilanci di tutti quei soggetti che, per espressa previsione normativa, sono tenuti alla contabilità semplificata e/o che seguono il criterio di cassa invece che il criterio di competenza.
Per beneficiare della sospensione dei versamenti, i soggetti con ricavi o compensi inferiori a 50 milioni di euro devono dimostrare di aver avuto:
- una diminuzione dei ricavi o dei compensi del mese di marzo 2020 di almeno il 33% rispetto allo stesso mese del precedente periodo d’imposta;
- una diminuzione della medesima percentuale nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del 2019.
I soggetti con ricavi o compensi superiori a 50 milioni di euro devono dimostrare di aver avuto:
- una diminuzione dei ricavi o dei compensi del mese di marzo 2020 di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del precedente periodo d’imposta;
- una diminuzione della medesima percentuale nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del 2019.
Alla luce di ciò, gli elementi da valutare sono due: da un lato l’ammontare preciso dei ricavi, per poter identificare la percentuale di diminuzione di quelli del 2020 rispetto a quelli del 2019, e d’altro lato, bisogna assicurarsi che i ricavi considerati siano effettivamente del periodo di competenza dei mesi di marzo e aprile.
È quindi evidente che solo i soggetti che tengono la contabilità ordinaria e che seguono il criterio di competenza sono in grado di estrapolare dalle proprie scritture contabili i dati necessari poiché, in tutti gli altri casi, risulta alquanto difficoltoso ricostruire con esattezza i ricavi, soprattutto se dell’anno precedente.
Tra le categorie di soggetti svantaggiati da questa disposizione ci sono quelli che hanno optato per il metodo della registrazione IVA che hanno, come unica soluzione, quella di verificare le fatture registrate nei vari mesi (marzo 2020, aprile 2020, marzo 2019 e aprile 2019) e confrontarli.
La situazione si complica qualora il contribuente abbia mantenuto il criterio di cassa: in tal caso si dovranno rilevare per quattro volte gli incassi (marzo 2020, aprile 2020, marzo 2019 e aprile 2019) invece che farlo, come normalmente avviene, solo a fine anno.
Per quanto riguarda, invece, professionisti e forfettari, non essendovi un’alternativa al criterio di cassa, si dovrà stabilire il differenziale dei compensi e lo scostamento del 33%.
La categoria maggiormente sfavorita è sicuramente quella delle imprese agricole che, rientrando nei redditi fondiari, hanno ricavi pari a zero. Per tale categoria di contribuenti, essendo titolari di Partita IVA e quindi ricompresi tra i soggetti che possono avvalersi della sospensione dei versamenti, non rimane che fare riferimento al volume d’affari.
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