La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con Sentenza n. 4845/24/2019, si è espressa sul problema della corretta qualificazione dei ricavi derivanti dalla produzione e dalla cessione di energia, ai fini della tassazione del relativo reddito.
Nello specifico, tale pronuncia affronta il tema dell’onere probatorio da parte di chi svolge questa attività, ribadendo la necessità di dimostrare, da parte dell’imprenditore agricolo, che la produzione di energia può essere ricondotta tra le attività connesse a quella principale agricola.
Si ricorda che, così come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare 32/E/2009, si considera, in ogni caso, connessa all’attività agricola, e quindi tassata su base catastale, la produzione di energia fotovoltaica derivante dai primi 200 kW di potenza nominale complessiva.
La parte eccedente, invece, si considera connessa all’attività agricola principale solo al verificarsi di uno dei seguenti requisiti:
- la produzione di energia fotovoltaica deriva da impianti realizzati su strutture aziendali esistenti;
- il volume d’affari derivante dall’attività agricola (esclusa la produzione di energia fotovoltaica) è superiore al volume d’affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 kW;
- per ogni 10 kW di potenza installata, l’imprenditore dimostra di detenere almeno un ettaro di terreno utilizzato per l’attività agricola.
Nel caso in esame, il contribuente, in sede di ricorso, ai fini di dimostrare la corretta applicazione del regime fiscale agricolo all’attività di produzione di energia da fonte fotovoltaica:
- citava di essere in possesso del progetto redatto dall’ingegnere, in grado di dimostrare che l’impianto fotovoltaico fosse realmente integrato con l’edificio;
- allegava documenti da cui era possibile desumere l’ammontare dei ricavi derivanti dalla cessione dell’energia prodotta, così da provare che il volume d’affari derivante dall’attività agricola fosse superiore al volume d’affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 kW.
I Giudici Lombardi hanno disatteso entrambe le prove portate dal contribuente: in primo luogo, si legge nella Sentenza che il progetto redatto dall’ingegnere era stato solo citato dal contribuente, senza che lo stesso venisse allegato al ricorso. Inoltre, non veniva allegata alcuna documentazione fotografica in grado di dimostrare che l’impianto fosse effettivamente integrato al fabbricato utilizzato per l’attività agricola.
In secondo luogo, per quanto riguarda la documentazione contabile allegata dal contribuente, i Giudici sottolineano che, dai documenti esibiti, si poteva desumere solo l’ammontare dei ricavi derivanti dalla cessione dell’energia e non dalla sua produzione, dovendosi includere in quest’ultima, oltre che l’energia venduta, anche quella autoconsumata per l’attività agricola.
Infatti, stando alle disposizioni previste dalla Circolare 32/E/2009 dell’AdE, è necessario che il volume d’affari derivante dall’attività agricola sia superiore al volume d’affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200 kW.
Per il rispetto di tale requisito è necessario conoscere e documentare con precisione l’ammontare del volume d’affari derivante dalla “produzione” di energia, circostanza che il contribuente non è stato in grado di dimostrare poiché, dai documenti contabili da lui prodotti, si evinceva solo l’ammontare dei ricavi derivanti dalla cessione di tale energia.
In conclusione, così come chiaramente si desume da tale pronuncia, i ricavi derivanti dalla cessione di energia prodotta da impianti fotovoltaici concorrono alla determinazione del reddito di impresa se non si dimostra adeguatamente che l’attività di produzione di energia è connessa a quella principale agricola.
©RIPRODUZIONE RISERVATA