Prima di affrontare la questione circa la possibilità o meno che le aziende agricole possano continuare a commercializzare legna durante la presente fase emergenziale dovuta al rischio di contagio epidemiologico da COVID-19, occorre ripercorrere le novità fiscali che hanno di recente interessato l’attività di selvicoltura.
La vendita di legna, ricavata dalla coltivazione e dal successivo abbattimento delle piante, è innanzitutto considerata attività agricola connessa ex art. 2135 c.c.
La legna da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie o fascine, i cascami di legno, inclusa la segatura, ed il legno semplicemente squadrato, escluso quello tropicale (per il quale rimane l’aliquota IVA del 22%), in caso di vendita, sono soggetti al pagamento dell’IVA al 10%.
La Legge di Bilancio 2019 ha previsto poi un aumento delle percentuali di compensazione IVA per legna e legna da ardere, a beneficio degli imprenditori agricoli in regime speciale IVA, purché siano impegnati nell’attività di selvicoltura.
Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 4 settembre 2019, all’art. 34, comma 1, ha infatti disposto che le percentuali di compensazione applicabili al legno ed alla legna da ardere passassero dal 2% al 6%, in quanto trattasi di prodotti agricoli.
La decorrenza dell’IVA agevolata sui prodotti forestali, non soltanto su quelli provenienti dalle aree montane, è retroattiva con decorrenza dal 1° gennaio 2019. Ne consegue che gli interessati siano tenuti ad effettuare le opportune operazioni contabili, al fine di recuperare l’IVA versata in eccesso all’Erario nel corso dell’anno 2019.
Resta ora da capire se durante questo periodo emergenziale, volto al contrasto ed al contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, le attività della filiera legno-energia possano continuare ad essere svolte o siano, al contrario, momentaneamente sospese.
Sul punto, il DPCM del 22 marzo 2020 ha espressamente escluso dalle attività che possono continuare ad operare quelle legate alla selvicoltura, in cui è ricompresa pure l’attività di produzione di legna da ardere, il cui codice ATECO è 02. Sono, al riguardo, ammessi unicamente gli interventi volti alla chiusura ed alla messa in sicurezza dell’area adibita a cantiere e quelli relativi a piante instabili o pericolose per la circolazione o l’incolumità delle persone. Lo stesso DPCM del 22 marzo 2020 ha, in ogni caso, previsto il 25 marzo quale termine ultimo per completare le predette attività.
Tuttavia, l’allegato 1 del DPCM del 22 marzo 2020, oltre ad ammettere espressamente l’attività di commercio all’ingrosso di combustibili solidi per riscaldamento, prevede espressamente che siano comunque consentite “le attività che erogano servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146”.
Alla luce di quanto sopra esposto, risultano pertanto consentite altresì le attività di approvvigionamento di energie, di prodotti energetici, di risorse naturali e di beni di prima necessità, in quanto considerati servizi di pubblica utilità.
Sulla questione è intervenuta infine l’Associazione Italiana Energie Agroforestali (AIEL), che, con nota del 25/03/2020, ha ritenuto che possano essere ammessi pure alcuni interventi selvicolturali, nella misura in cui siano considerati attività funzionali a garantire l’approvvigionamento di energie e di prodotti energetici, pur dovendo sempre aversi riguardo al caso concreto.
A titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, si potrà pertanto prendere ad esame, quale criterio utile per valutare la necessità di prosecuzione o meno della propria attività, l’eventuale disponibilità di materiale già prodotto in quantità tali da consentire la momentanea sospensione dell’esercizio d’impresa.
Ciò premesso, le aziende che alla luce della loro specifica realtà ritenessero di rientrare tra le imprese esercenti attività essenziali, volte a garantire l’approvvigionamento di energie e prodotti energetici delle attività di commercio all’ingrosso di combustibili per il riscaldamento, sono obbligate a presentare al Prefetto della Provincia ove è ubicata la sede dell’attività produttiva una comunicazione preventiva, in cui vengano indicate con esattezza le imprese e le amministrazioni beneficiarie dei propri prodotti e servizi. Tale comunicazione dovrà essere inoltrata con idoneo mezzo di pubblicità legale quale la PEC.
La sola comunicazione legittima le aziende richiedenti a continuare ad esercitare la propria attività ritenuta essenziale per le ragioni sopra esposte, salvo che il Prefetto, all’esito di adeguati accertamenti, non ne disponga la sospensione.
In conclusione, alcuni interventi selvicolturali potranno essere consentiti durante il presente periodo emergenziale solo nella misura in cui gli stessi siano funzionali a garantire la continuità delle filiere delle attività ammesse ed elencate nell’allegato 1 del DPCM del 22 marzo 2020, salvo previa comunicazione al Prefetto competente per territorio.
In caso di incertezza è comunque consigliabile sospendere la propria attività.
Stefania Avoni, avvocato
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