La soccida è disciplinata dall’art. 2170 c.c. ed è un contratto agrario di tipo associativo, con cui soccidante e soccidario decidono di associarsi per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio delle attività connesse, con il fine ultimo di ripartire l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti ed utili che ne derivano.
Normalmente è il soccidante che conferisce gli animali, senza che tale conferimento possa costituire un trasferimento della proprietà dei capi, che rimangono nella sua piena ed esclusiva titolarità.
Contrariamente alla soccida semplice, nella soccida parziaria i capi di bestiame vengono conferiti sia dal soccidante sia dal soccidario. Si verifica quindi una comproprietà degli animali allevati tra soccidante e soccidario.
In entrambi i casi, la direzione dell’impresa spetta al soccidante, secondo le regole della buona tecnica dell’allevamento, dovendo invece il soccidario provvedere all’allevamento ed alla custodia degli animali affidatigli.
Ciò premesso, occorre esaminare il caso in cui il soccidante, in costanza di rapporto di soccida, proceda all’alienazione a terzi dei capi allevati.
Detta ipotesi è espressamente contemplata dall’art. 2177 c.c., applicabile sia alla soccida semplice sia a quella parziaria, secondo cui, in caso di trasferimento della proprietà o del godimento del bestiame a terzi, il contratto di soccida non si scioglie e l’acquirente acquisisce i crediti e i debiti del soccidante, in proporzione alla quota acquisita, salva la responsabilità sussidiaria del soccidante per i debiti. Qualora il soccidante abbia provveduto a trasferire la maggior parte dei capi allevati, il soccidario può tuttavia esercitare il diritto di recesso dal contratto di soccida entro un mese da quando ha avuto notizia dell’avvenuto trasferimento. Il recesso ha efficacia dalla fine dell’anno in corso.
Diverso è il caso in cui il soccidario proceda a vendere il capannone in cui sono allevati gli animali in forza dello stipulato contratto di soccida. In tale evenienza, si configura un inadempimento del soccidario rispetto all’originario rapporto associativo, non potendo più quest’ultimo garantire l’allevamento e la custodia del bestiame affidatogli.
Né possono trovare in merito applicazione le norme in materia di affitto, posto che, per effetto della cessione a titolo oneroso del capannone in cui sono allevati gli animali conferiti in tutto o in parte dal soccidante, si verifichi una sostituzione dell’originario titolare di detti locali.
A ciò si aggiunga come il contratto agrario di tipo associativo costituito dalla soccida abbia carattere personale, ossia rappresenti un negozio giuridico che viene stipulato proprio in virtù della persona fisica titolare dell’azienda in cui debbono essere allevati gli animali, con il quale ultimo nasce inevitabilmente un rapporto di fiducia strettamente personale.
Stefania Avoni, avvocato
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