La tutela dell’ambiente, così come la salute, è un bene costituzionalmente tutelato dall’ordinamento giuridico italiano. Ne consegue che il titolare di un’impresa, per poter salvaguardare la protezione dell’ambiente ed evitare eventuali illeciti ambientali, abbia l’onere di un’accurata gestione dei rifiuti aziendali.
A tal fine, il datore di lavoro può delegare la gestione dei rifiuti prodotti dalla propria azienda ad un soggetto dotato di adeguata professionalità ed esperienza, senza per questo essere esonerato da un dovere di vigilanza sull’operato di quest’ultimo.
Sul punto, la recente Sentenza n. 15941 del 27 maggio 2020 ha precisato come permanga una responsabilità penale in capo al titolare delegante, a titolo di dolo o colpa, per danni causati da una scorretta gestione dei rifiuti aziendali, qualora lo stesso non abbia complessivamente vigilato sulle attività gestionali poste in essere dal soggetto delegato.
La ratio si rinviene nel fatto che non impedire un evento che si avrebbe l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo, così come recita testualmente l’articolo 40, secondo comma, Codice Penale.
Per evitare di incorrere in detta responsabilità penale, il delegante ha il potere di ammonire e richiamare il delegato, di verificare il rispetto da parte del medesimo delle regole in materia di tutela dell’ambiente e di revocargli la delega in caso sussista una giusta causa.
Dello stesso avviso è la Sentenza della Cassazione n. 12642 del 22 aprile 2020, secondo cui non sussiste mai una delega che esima da responsabilità il delegante nella gestione dei rifiuti, ampliandosi semmai il novero dei soggetti chiamati a rispondere.
Accanto alla responsabilità del titolare dell’impresa, si concretizza infatti quella aggiuntiva propria del delegato che non si sia attenuto al rispetto della normativa in materia di igiene ambientale.
Nella specie, con l’ultima delle Sentenze sopra citate, la Corte di legittimità ha decretato la responsabilità del delegato, contestualmente a quella del delegante, per avere un’azienda di raccolta, trasporto e commercio di rifiuti di metallo trattato, con quantitativi degli stessi in misura altamente superiore rispetto a quella consentita in ragione delle dimensioni aziendali. Nello specifico, il delegato è stato accusato di non avere gestito le attività di smaltimento dei rifiuti nel rispetto dei quantitativi massimi prescritti, mentre i deleganti hanno risposto per culpa in vigilando.
È tuttavia opportuno precisare che la condotta del delegato debba essere ragguagliata alle dimensioni effettive dell’azienda dalla quale abbia ricevuto la delega scritta per la gestione dei rifiuti.
Se quindi un’impresa detiene diverse sedi secondarie dislocate sul territorio nazionale, non potrà il delegato rispondere dell’avvenuta abusiva costituzione di una discarica di rifiuti presso uno stabilimento avente sede in una Regione differente rispetto a quella in cui lo stesso presta la propria attività lavorativa.
In quest’eventualità, il titolare dell’azienda, al fine di garantire un effettivo e concreto dovere di vigilanza sulla corretta gestione dei rifiuti da parte delle persone a ciò preposte, dovrebbe procedere a delegare tanti soggetti quanti sono gli effettivi stabilimenti di cui si compone la sua società.
Al tempo stesso, al fine della valutazione della responsabilità del delegato per omessa vigilanza sulla gestione dei rifiuti, possono concorrere anche le dimensioni aziendali in termini di risorse umane.
Si pensi al caso di un’azienda a conduzione familiare di piccole dimensioni che non provveda al corretto smaltimento dei rifiuti dalla stessa, prodotti nell’esercizio della propria attività produttiva. Va da sé che, in questo caso, saranno penalmente sanzionabili sia il delegante sia il delegato, in virtù del fatto che, visto le ridotte dimensioni dell’azienda, l’attività gravante in capo agli stessi poteva essere svolta senza alcun tipo di complessità.
Stefania Avoni, avvocato
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