L’emergenza epidemiologica dovuta alla diffusione su scala nazionale e mondiale del virus COVID-19 ha comportato delle problematiche anche nella gestione dei contratti in corso di esecuzione.
Molti contraenti si sono infatti trovati nell’impossibilità temporanea di far fronte al puntuale pagamento di quanto dovuto, a causa delle ingenti difficoltà economiche dovute alla necessità di sospendere la propria attività commerciale, produttiva o professionale, al fine di far fronte al rispetto delle misure anti contagio adottate dal Governo nei mesi scorsi.
La conseguenza inevitabile è stato l’emergere di innumerevoli controversie legate all’inadempimento del contraente moroso.
Si pensi, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, ad un conduttore che non riesca a pagare il canone di affitto originariamente concordato, non disponendo di immediata liquidità, avendo dovuto chiudere il negozio durante la fase del lockdown, per non essere stata la sua attività commerciale considerata tra quelle essenziali dai vari DPCM.
Qualora si versi, nell’ipotesi sopra descritta, vari sono i rimedi esperibili dal conduttore. Questi può optare per la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione o per eccessiva onerosità sopravvenuta, oppure può esercitare il recesso per giusta causa, ex art. 9 della Legge n. 498/1998.
Nel caso in cui entrambe le parti fossero invece interessate alla prosecuzione del rapporto contrattuale in essere, è possibile prevedere, di comune accordo, una temporanea riduzione del canone dovuto.
Il problema sorge nell’eventualità in cui le parti non si accordino per una rinegoziazione del contratto ed il contraente creditore agisca per vie legali.
Sul punto, pare che sia prevista la possibilità di istituire la mediazione civile per le controversie, per le obbligazioni non adempiute a causa della diffusione del virus COVID-19, qualora, entro il 29 giugno, venga convertito in legge il maxiemendamento che recepisce le proposte di modifica al Decreto Legge 28/2020, per le quali, il 19 aprile scorso, il Senato ha già votato la fiducia posta dal Governo.
Rimane tuttavia una questione dibattuta.
Non è dato ad oggi sapere con certezza se l’esperimento della mediazione civile rappresenti una condizione di procedibilità della domanda giudiziale o costituisca, al contrario, una facoltà data alle parti, al fine di risolvere un’eventuale controversia per via stragiudiziale.
A ciò si aggiunga che tale emendamento prevede altresì la necessità che il Giudice tenga sempre conto del rispetto del periodo di lockdown da parte del debitore, al fine di escluderne la responsabilità ex artt. 1218 e 1223 c.c.
Ne consegue che il preventivo esperimento obbligatorio della mediazione civile potrebbe trovare un proprio senso sul presupposto che un’eventuale domanda giudiziale andrebbe subito respinta, qualora fosse provato che il mancato pagamento di quanto dovuto da parte del debitore dipendesse unicamente dalla temporanea difficoltà economica, dovuta alla riscontrata esigenza di tenere chiusa la propria attività per diversi mesi, nel rispetto delle misure restrittive imposte a livello nazionale e regionale, per far fronte alla diffusione del virus COVID-19.
Infine, occorre ricordare che in materia di diritti reali, comodato ed affitti di aziende, rimane fermo l’obbligo di esperire la preventiva negoziazione assistita, che costituisce un ulteriore e diverso metodo di risoluzione alternativa della controversia, nell’eventualità in cui la causa abbia un valore inferiore a 50.000 euro.
In conclusione, bisognerà attendere il responso della Camera, al fine di avere maggiori chiarimenti in merito alle condizioni ed alle modalità di esperimento della mediazione civile, relativamente alle controversie originate da inadempimenti contrattuali causa COVID-19.
Stefania Avoni, avvocato
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