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Nella Circolare 15/E del 13 giugno scorso, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le disposizioni previste per la concessione del contributo a fondo perduto, previsto dall’art. 25 del D.L. 34/2020, sono coerenti con i limiti e le condizioni previsti dalla “Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C (2020) 1863 final «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19», e successive modifiche”.
Tale precisazione, non riportata nella norma, era già stata indicata nel Provvedimento del 10 giugno 2020 n. 0230439/2020 e, di fatto, estende la platea dei soggetti che non possono aver diritto al contributo a fondo perduto.
Il richiamo alla Comunicazione della Commissione Europea del 19 marzo 2020 implica che gli aiuti possono essere concessi sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali ad esempio anticipi rimborsabili, prestiti, partecipazioni, a condizione che l’aiuto non ecceda il massimale di 800.000 euro per impresa. Tale limite, in base a quanto riportato nella Comunicazione, non deve superare 120.000 euro per impresa operante nel settore della pesca e dell’acquacoltura o 100.000 euro per impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli.
Nella Comunicazione del 19 marzo 2020 è inoltre previsto che l’aiuto non possa essere concesso alle imprese che, alla data del 31 dicembre 2019, si trovavano già in difficoltà, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, punto 18, del Regolamento (UE) n. 651/2014.
Come detto, la definizione offerta dal Regolamento UE n. 651/2014 indica che un’impresa in difficoltà “soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:
In base a tale definizione, sono escluse le imprese individuali ed i lavoratori autonomi, non essendo espressamente citati. Pertanto, tali soggetti non sono soggetti alle limitazioni relative allo status di impresa in difficoltà al 31 dicembre 2020.
La Comunicazione della Commissione Europea del 19 marzo 2020 sul “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” ha subito una prima modifica il 3 aprile 2020, che ha visto l’inserimento degli aiuti per la ricerca, la sperimentazione e la produzione di prodotti connessi alla pandemia COVID-19.
Successivamente, è stata nuovamente modificata l’8 maggio 2020, al fine di agevolare ulteriormente l’accesso al capitale e alla liquidità per le imprese colpite dalla crisi. Tuttavia, il dibattito per delimitare i confini ed i soggetti a cui destinare gli aiuti era ed è tutt’ora acceso.
Il 29 giugno 2020, la Commissione Europea ha prodotto la Comunicazione C (2020) 4509 final con cui, per la terza volta, si “modifica il quadro temporaneo per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”.
In tale comunicazione, la Commissione ha ritenuto opportuno includere nel quadro temporaneo degli aiuti di Stato tutte le microimprese e le piccole imprese in difficoltà alla data del 31 dicembre 2019, a condizione che non siano soggette a procedura concorsuale per insolvenza o che non abbiano rimborsato gli aiuti avuti per il loro salvataggio, o che abbiano ancora in corso un piano di ristrutturazione per il quale abbiano già ottenuto degli aiuti.
Secondo la Commissione Europea, gli aiuti alla microimprese e alle PMI, indipendentemente dal fatto e dal periodo in cui sono entrate in una crisi finanziaria, non sono idonei a falsare la concorrenza nel mercato interno ed incidere sugli scambi nella UE, a differenza di ciò che potrebbe comportare il finanziamento delle medie e grandi imprese.
Il punto 10 della Comunicazione riporta l’indicazione sul fatto che la Commissione ritiene che gli aiuti non dovrebbero essere subordinati alla delocalizzazione di un’attività produttiva, o di altra attività del beneficiario, da un altro Paese dello spazio economico europeo verso lo Stato che concede l’aiuto.