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Fin dalla prima versione dell’articolo 28 del Decreto Rilancio, il credito d’imposta per canoni di locazione di immobili ad uso non abitativo e affitti d’azienda, istituito per sostenere le imprese le cui attività sono state penalizzate dalle misure di contenimento della pandemia da COVID-19, aveva fatto sperare che l’inserimento anche degli immobili ad uso agricolo rappresentasse un’apertura vera e propria anche per le imprese del settore primario, che potesse in qualche modo mitigare il pesante danno economico subito dalle imprese, specie quelle florovivaistiche e quelle agrituristiche.
Il terzo comma dell’articolo 28 precisa anche che il credito d’imposta spetta alle imprese alberghiere e agrituristiche, alle agenzie di viaggio ed ai tour operator, indipendentemente dal volume dei ricavi e dei compensi registrati nel periodo d’imposta precedente.
Ulteriori aspettative erano date dal fatto che il provvedimento veniva dopo che un sostegno “analogo”, ma limitato ai canoni di locazione corrisposti per immobili di categoria C/1, era già stato istituito dal D.L. 18/2020 che, all’articolo 65, aveva appunto introdotto il “Credito d’imposta per botteghe e negozi”.
Pertanto, la replica dello stesso provvedimento, con nuove aperture, si auspicava andasse nella direzione di aiutare anche le imprese agricole e agrituristiche che difficilmente avrebbero potuto ricadere nelle condizioni per poter beneficiare del credito per negozi e botteghe previsto dal Decreto Cura Italia.
Purtroppo, le aspettative degli addetti al settore primario si sono scontrate con una norma che forse poteva essere scritta diversamente e con una conseguente circolare applicativa dell’Agenzia delle Entrate che ridimensiona radicalmente il possibile impatto per le aziende del settore primario.
In buona sostanza, l’articolo 28 del D.L. 34/2020, convertito nella Legge n. 77/2020, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019, riconosce un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.
Nella misura del 30%, il credito spetta anche nel caso di canoni per contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo.
In sede di conversione in Legge, il credito è stato esteso anche alle imprese esercenti attività di commercio al dettaglio, con ricavi o compensi superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019. In tale ipotesi, il credito spetta nella misura del 20% e nel caso di affitto d’azienda nella misura del 10%.
Il credito è commisurato ai canoni corrisposti per ciascuno dei mesi di aprile, maggio e giugno (per le attività ricettive stagionali si fa riferimento ai canoni di locazione per ciascuno dei mesi di maggio, giugno e luglio 2020), qualora in ciascuno di essi il fatturato risulti ridotto di oltre il 50% in confronto al medesimo mese dello scorso anno.
Come anticipato, il limite dei ricavi oltre il quale scatta l’esclusione (5 mln) non si applica strutture alberghiere e agrituristiche, alle agenzie di viaggio e turismo e ai tour operator (comma 3). Inoltre, per i soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019, nonché ai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza da COVID-19, il credito d’imposta spetta a prescindere dal calo del fatturato.
Fin da subito, la terminologia utilizzata aveva fatto temere che la misura potesse riservare delle sgradite sorprese per il settore agricolo. Partendo dall’utilizzo del termine locazione, che nel caso di imprese agricole ha poca attinenza, dato che la disciplina agraria è regolata dalla Legge n. 203 del 1982 che norma appunto gli affitti agrari di fondi rustici con o senza relativi immobili strumentali.
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 14 del 6 giugno 2020, pur ribadendo che il credito di imposta spetta anche agli imprenditori agricoli e alle imprese agricole, indipendentemente dalla modalità con cui sia determinato il reddito, ha indicato che i canoni devono essere relativi a un contratto di locazione, così come identificato dagli articoli 1571 del Codice Civile, la cui disciplina è regolata dalla Legge 392/1978, che contiene la “Disciplina delle locazioni degli immobili urbani”.
Se questa è l’interpretazione sull’applicazione del credito d’imposta, le casistiche applicabili alle imprese agricole sono quindi limitate all’ipotesi di affitto di azienda o alla remota ipotesi di affitti di immobili urbani per l’esercizio, ad esempio, dell’attività di vendita diretta.
Le stesse locazioni destinate alle attività agrituristiche non prevedono l’affitto di immobili urbani dato che la Legge 96/2006 dispone invece l’esercizio di tali attività recuperando il patrimonio edilizio rurale, ammettendo in via eccezionale la costruzione di nuovi fabbricati rurali, escludendo in ogni caso l’esercizio di un’attività agrituristica in un immobile urbano. Quindi, l’attività agrituristica può beneficiare del credito d’imposta solo nell’ipotesi di un affitto d’azienda.
Rispetto alle attese, l’applicazione della disposizione illustrata dall’Agenzia delle Entrate appare estremamente riduttiva.
Di seguito la tabella riepilogativa delle principali casistiche
Caso |
Soluzione prospettata |
Affitto di fondo rustico |
Dalla lettura della Circolare 14/E/2020, dato che si tratta di un contratto regolato dalla Legge 203/1982, il canone non è ammesso tra quelli che consentono l’accesso al credito d’imposta. |
Affitto di fondo rustico con immobili (agriturismo, stalle, serre, fienili, cascine, cantine, ecc.) |
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Affitto di soli immobili strumentali “produttivi” (stalle, serre, fienili, cascine, cantine, ecc.) |
Si tratta di un’ipotesi alquanto remota. Tuttavia, in questo caso non trova applicazione la L. 203/1982, pertanto il credito d’imposta sui canoni corrisposti sembra potersi applicare alle imprese agricole. |
Affitto di locali per la vendita diretta (esempio negozio in centro città) |
Si ritiene che tali canoni possano essere ammessi per la determinazione del credito d’imposta. |
Affitto di soli immobili per l’esercizio di attività commerciali o agrituristiche |
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Affitto d’azienda agricola e affitto d’azienda agricola con attività agrituristica (o altra attività connessa) |
Luciano Mattarelli