I contributi economici, erogati dai Comuni alle imprese del territorio per fronteggiare la crisi causata dal COVID-19, sono da assoggettarsi a ritenuta d’acconto.
A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 494/2020 avente ad oggetto il “Trattamento fiscale dei contributi economici erogati una tantum dal Comune in favore di talune attività di impresa del proprio territorio, soggette a chiusura durante l'emergenza sanitaria determinata da COVID-19”
Secondo quanto ritenuto dal Comune, il contributo in questione non doveva essere assoggettato ad alcuna tassazione poiché lo stesso doveva essere trattato fiscalmente alla stregua del contributo a fondo perduto di cui all’art. 25 del Decreto Rilancio.
Sul punto ricordiamo che l’art. 25 citato prevede espressamente che il contributo a fondo perduto non ha rilevanza impositiva né ai fini delle imposte dirette, né dell’IRAP, pertanto, non è soggetto a tassazione o ritenute d’acconto.
Estendendo le disposizioni dell’art. 25 anche al contributo COVID-19, il Comune ha escluso tale contributo dall’applicazione della ritenuta d’acconto del 4%.
Tale soluzione interpretativa non è stata però condivisa dall’Agenzia delle Entrate poiché, secondo l’Amministrazione, la mancata rilevanza del contributo a fondo perduto, ex art. 25, non può essere estesa ad altre fattispecie non espressamente previste dal legislatore: al riguardo, viene precisato che le norme di esenzione in materia tributaria, avendo natura derogatoria di carattere speciale, sono di stretta interpretazione e, dunque, non suscettibili di applicazione analogica.
Per questo motivo, i contributi COVID-19 non possono essere trattati alla stregua del contributo a fondo perduto, ma dovranno essere assoggettati a tassazione da parte dei percettori, sulla base della disciplina generale.
Il criterio distintivo che stabilisce il regime impositivo applicabile è dato dalle finalità per le quali il contributo viene erogato. In particolare:
- i contributi in conto esercizio sono funzionali al “finanziamento” delle spese di gestione;
- i contributi in conto capitale sono destinati a rafforzare i mezzi patrimoniali dell’impresa, senza che vi sia correlazione diretta con uno specifico investimento;
- i contributi in conto impianti sono vincolati all’acquisizione o alla realizzazione di beni strumentali ammortizzabili.
Ciò considerato, così come indicato nella Risposta all’Interpello, va osservato il comma 2 dell’art. 28, D.P.R. 600/1973 che prevede che «le Regioni, le Province, i Comuni, gli altri enti pubblici e privati devono operare una ritenuta del 4% a titolo di acconto delle imposte indicate nel comma precedente e con obbligo di rivalsa sull’ammontare dei contributi corrisposti ad imprese, esclusi quelli per l’acquisto di beni strumentali».
In relazione all’ambito di applicazione di tale disposizione, la norma in commento individua due condizioni:
- che il destinatario del contributo sia un’impresa;
- che i contributi non siano destinati all’acquisto di beni strumentali.
Nella fattispecie in esame sono entrambe verificate e il contributo deliberato dal Comune assume la caratteristica di intervento sociale a sostegno di situazioni di bisogno e non al reddito di impresa.
Pertanto, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il contributo in esame assuma rilevanza ai fini delle imposte sui redditi e sia da assoggettare, al momento dell’erogazione, alla ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 4%.
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