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La Sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pavia, n. 403/01, depositata il 3 novembre 2020, ha ulteriormente precisato che non concorre a formare il reddito delle imprese agricole che producono biogas in regime di prevalenza, la parte della tariffa omnicomprensiva riferita alla quota incentivante, così come previsto dall’articolo 1, comma 423 della Legge 266/2005.
L’occasione è nata da un accertamento dell’Agenzia delle Entrate che riprendeva a tassazione l’intero importo della tariffa omnicomprensiva, fatturata da un’azienda agricola che produce biogas in regime di prevalenza.
Prima di esaminare il caso posto all’attenzione della Commissione Tributaria di Pavia, ripercorriamo brevemente il concetto di prevalenza ai fini della determinazione del reddito agricolo.
Come precisato nella Circolare n. 32/E del 6 luglio 2009, tra le attività produttive di reddito agrario, il comma 2 dell’articolo 32, lettera c) del TUIR, ricomprende anche quelle “connesse” di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del Codice Civile, tra le quali troviamo la produzione e cessione di energia elettrica e calorica derivante da fonti agroforestali e fotovoltaiche, nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate da un imprenditore agricolo. Sotto il profilo fiscale, quindi, la qualificazione delle attività sopra richiamate come “attività agricole connesse” comporta l’applicazione del principio di tassazione del reddito su base catastale, in luogo di quella analitica. Ciò, naturalmente, nel presupposto che si realizzi il requisito della “prevalenza” che caratterizza le attività agricole connesse, ossia a condizione che le fonti di produzione dell’energia provengano prevalentemente dal fondo.
In linea generale, il requisito risulta soddisfatto quando, in termini quantitativi, i prodotti utilizzati nello svolgimento dell’attività connesse ed ottenuti direttamente dall’attività agricola svolta nel fondo, risultano prevalenti, ossia superiori, rispetto a quelli acquistati presso terzi. Nel caso in cui il confronto quantitativo non risulti possibile perché i beni sono di natura diversa, si fa riferimento al valore degli stessi, rapportando il valore normale dei prodotti agricoli ottenuti dall’attività agricola svolta nel fondo e il costo dei prodotti acquistati da terzi. Il requisito della prevalenza si considera in tal caso soddisfatto quando il valore dei prodotti propri è superiore al costo sostenuto per acquistare prodotti di terzi. Laddove non è possibile effettuare il confronto, in quanto i prodotti non sono suscettibili di valutazione (come ad esempio nel caso dei residui zootecnici), la prevalenza potrà essere riscontrata effettuando una comparazione “a valle” del processo produttivo dell’impresa, tra l’energia derivante da prodotti propri e quella derivante da prodotti acquistati da terzi.
L’azienda agricola ricorrente applicava in termini rigorosi la disciplina tributaria prevista dal nostro ordinamento, rientrando nel reddito agricolo per la parte di produzione energetica compresa all’interno della franchigia (2.400.000 kWh) ed applicando, sulla parte eccedente, la percentuale di redditività del 25% ai corrispettivi registrati ai fini IVA, escludendo da questi la quota incentivo come previsto dall’articolo 1, comma 423, della Legge 266/2005.
A sua volta, l’Agenzia delle Entrate, non ritenendo legittimo applicare l’esenzione sulla quota incentivo, ha ripreso a tassazione l’intera tariffa omnicomprensiva, appellandosi a quanto stabilito nella Risoluzione 88/E/2010 che prevedeva l’applicazione dell’IVA su tale importo.
La Commissione Tributaria, pur non disconoscendo la validità della Risoluzione citata dall’Agenzia delle Entrate, ha tenuto a precisare che la stessa assoggettava ai soli fini IVA la cessione di energia elettrica prodotta dagli imprenditori agricoli in regime di prevalenza, mentre ai fini del reddito risultava opportuno riferirsi alle norme relative al reddito agrario, pertanto, tale Risoluzione non poteva riguardare l’ambito delle dirette.
A maggior ragione, al caso di specie, devono applicarsi le norme riportate nel Decreto Legge 66/2014, convertito nella Legge 89/2014 e nel comma 423 dell’articolo 1 della Legge 266/2005, dove viene specificato che la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh per anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse (ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del Codice Civile) e si considerano produttive di reddito agrario. Per la produzione di energia, oltre i limiti suddetti, il reddito delle persone fisiche, delle società semplici e degli altri soggetti che rivestono la qualifica di società agricola (di cui all'articolo 1, comma 1093, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296), è determinato, ai fini IRPEF ed IRES, applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, il coefficiente di redditività del 25%, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal Regolamento di cui al D.P.R. n. 442/1997.
Tutto ciò premesso, precisiamo che se, a titolo esemplificativo, la tariffa omnicomprensiva risulta essere così formata:
la determinazione del reddito eccedente la tariffa incentivante risulta opportuno venga calcolata dal contribuente in quanto, rispetto l’incasso totale pari a 0,28 euro per kWh, la quota legata all’incentivo risulta totalmente esente. A tal fine, al contribuente, per calcolare la parte imponibile ai fini reddituali, basterà moltiplicare il prezzo dell’energia per i kWh fatturati annualmente al GSE.