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Con un emendamento del 19 dicembre 2020, che integra l’articolo 8 del Disegno di Legge di Bilancio 2021, si è inteso dirimere il dibattito instauratosi a seguito delle interpretazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria in relazione alla distinzione tra servizi di somministrazione e asporto ai fini IVA.
L’intervento normativo, se verrà confermato, prevede che le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto, rientrano tra le preparazioni alimentari soggette all’IVA del 10%.
La disposizione in oggetto, prevedendo l’applicazione dell’aliquota IVA del 10%, di fatto, configura la cessione dei predetti beni alimentari al pari di un servizio di somministrazione.
Ricordiamo che, secondo una prassi consolidata, le somministrazioni di alimenti e bevande si distinguono dalle cessioni dei relativi beni, in quanto le prime sono caratterizzate dal ricorrere di una prestazione di servizi, mentre per le seconde, mancando la prevalenza legata al servizio, si qualificano come cessioni di beni.
Il nostro ordinamento tributario prevede normalmente l’applicazione dell’IVA al 10% per le somministrazioni di beni alimentari, mentre in caso di cessione degli stessi vengono applicate le aliquote IVA proprie dei beni ceduti.
A seguito dell’attuale periodo emergenziale, tuttavia, tale differenziazione doveva essere posta all’attenzione del legislatore, infatti, la generalità degli esercenti impegnati normalmente nella somministrazione degli alimenti, si sono trovati a convertire la propria attività effettuando cessioni di beni per l’asporto o per la consegna a domicilio, spesso ordinati anche con l’ausilio di applicazioni telefoniche.
Sulla questione era già intervenuto il MEF il quale, con la Risposta ad una interrogazione parlamentare n. 5-05007 del 18 novembre 2020, aveva tracciato una linea d’apertura equiparando, ai fini IVA, la somministrazione e le cessioni da asporto o a domicilio, in quanto quest’ultime risultano integrative all’abituale attività di somministrazione.
In particolare, il Sottosegretario al MEF, Alessio Mattia Villarosa, al fine di giustificare la posizione adottata, si era espresso affermando:
“allo stato attuale, tenuto conto della riduzione dei “coperti” per il rispetto degli ingenti vincoli igienico sanitari per la somministrazione in loco degli alimenti, la vendita da asporto e la consegna a domicilio rappresentano modalità integrative mediante le quali i titolari dei suddetti esercizi possono svolgere la loro attività anche se dotati di locali, strutture, personale e competenze astrattamente caratterizzanti lo svolgimento dell’attività di somministrazione abitualmente svolta dagli stessi. Alla luce di quanto suesposto, entrambe le ipotesi possono rientrare nell’applicazione delle aliquote ridotte”.
Diversamente, l’Agenzia delle Entrate, pronunciandosi con la Risposta ad Interpello n. 581/2020, aveva mantenuto un profilo maggiormente giuridico, facendo prevalere il concetto di cessione e, conseguentemente, richiedendo l’applicazione, per ciascun bene oggetto d’asporto, della propria aliquota IVA.
È logico che in una situazione conflittuale quale quella instauratasi tra le parti, fosse necessario l’intervento del legislatore finalizzato a neutralizzare la diatriba, generata dalla difficile distinzione tra somministrazione ed asporto ai fini IVA. Pertanto, la nuova disposizione, inserita tramite emendamento al Disegno di Legge di Bilancio 2021, è da considerarsi una norma di interpretazione autentica che, alla nozione di “preparazioni alimentari”, di cui al n. 80) della Tabella A Parte III, allegata al D.P.R. 633/1972, ricomprende anche le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto.
Tale affermazione, pertanto, non equipara i servizi di somministrazione alle cessioni di beni la cui qualificazione rimane tale, ma amplia, temporaneamente, la categoria delle preparazioni alimentari che sono soggette ad aliquota ridotta (indipendentemente dalla circostanza che la cessione sostituisca o integri l’attività di somministrazione). Si tratta di una eccezione alla regola che prevede, comunque, una differenziazione tra somministrazione e vendita.
Per ultimo, precisiamo che la nuova formulazione proposta dall’emendamento, pur risolvendo le criticità legate all’assimilazione dei servizi di somministrazione in forniture di beni da asporto o a domicilio durante il periodo emergenziale, non modifica il trattamento IVA di altre cessioni di beni, come ad esempio l’acqua minerale o la birra, che, se fornite al di fuori della somministrazione, continuano a scontare l’aliquota IVA propria di riferimento.