Nonostante il contributo a fondo perduto sia entrato a regime, vi sono alcune problematiche applicative legate alla restituzione delle somme indebitamente erogate dall’Agenzia delle Entrate.
Infatti, sembrerebbe che molti soggetti, non per cause direttamente imputabili a loro, abbiano ricevuto il contributo senza avere i presupposti richiesti dalla legge e, pertanto, molti contribuenti dovranno restituire le somme ricevute.
Partiamo dal principio. Il comma 4 dell’art. 25 del Decreto Rilancio dispone che “il contributo a fondo perduto spetta a condizione che l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. […] Il predetto contributo spetta anche in assenza dei requisiti di cui al presente comma ai soggetti che hanno iniziato l'attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché ai soggetti che, a far data dall'insorgenza dell'evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di Comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza COVID-19”.
In altre parole, l’art. 25 prevedeva che il contributo venisse erogato nei confronti dei soggetti aventi domicilio fiscale o sede operativa nei Comuni in stato di emergenza a seguito di calamità naturali, a prescindere dal calo di fatturato.
A fronte di tale disposizione sono stati erogati fondi ai predetti soggetti ma, molti di questi, hanno segnalato di aver ricevuto ulteriori pagamenti automatici da parte dell’Agenzia delle Entrate che, dopo il contributo del Decreto Rilancio, ha erogato anche le somme del contributo Ristori, nonostante i contribuenti non abbiano fatto alcuna istanza per ottenere tali somme.
L’automatismo dei pagamenti avvenuti da parte dell’Ufficio ha generato non pochi problemi poiché i presupposti applicativi del Decreto Ristori sono ben diversi da quelli del precedente Decreto Rilancio. Le nuove disposizioni che regolano il contributo a fondo perduto (art. 1, c. 4, del D.L. 137/2020) stabiliscono, infatti, che lo stesso può essere erogato anche in assenza dei requisiti di fatturato ma solo per i soggetti che dichiarano di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nell'allegato 1 che hanno attivato la Partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019.
È evidente che la norma non fa più alcun riferimento ai soggetti aventi domicilio fiscale o sede operativa nei Comuni in stato di emergenza i quali, a differenza di quanto previsto per l’erogazione del primo contributo, devono comunque rispettare il requisito del calo di fatturato.
L’Agenzia ha invece continuato ad accreditare a tali soggetti il contributo per il semplice fatto che il codice ATECO della loro attività rientrava tra quelli riportati nell’allegato 1 e, per questo motivo, non sembra che vi siano i presupposti per potere trattenere le somme incassate da tali soggetti e il contributo indebitamente ricevuto dovrebbe, quindi, essere restituito.
Si segnala che abbiamo riscontrato un’analoga problematica anche nei casi in cui i contribuenti, che avevano fatto domanda solo per il contributo previsto dal Decreto Rilancio, si siano visti erogare anche il nuovo contributo a fondo perduto introdotto dal Decreto 137/2020, nonostante avessero cessato la loro attività prima dell’entrata in vigore di quest’ultimo.
La questione della “restituzione del contributo” solleva un ulteriore problema applicativo: l’Agenzia afferma che il soggetto che ha percepito un contributo a fondo perduto in tutto o in parte non spettante può regolarizzare l’indebita percezione restituendo spontaneamente il contributo, oltre interessi, e versando le relative sanzioni, con applicazione delle riduzioni previste per il ravvedimento operoso (articolo 13 del D.Lgs. 472/1997).
L’Ufficio, però, contempla solamente l’ipotesi in cui il contributo sia stato indebitamente erogato per un errore commesso dal contribuente in sede di presentazione della domanda, cosa non avvenuta nel caso di specie poiché l’erogazione è stata effettuata dall’Agenzia in modo automatico, senza che fossero state presentate istanze.
Rimane quindi da capire se sia comunque dovuto il pagamento delle sanzioni da parte dei contribuenti e sul punto si stanno ancora aspettando tempestivi chiarimenti da parte dell’Agenzia.
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