L’art. 32, della Direttiva n. 2006/112/CE prevede che le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni spediti o trasportati dal cedente, o per suo conto, nel territorio di altro Paese membro a cessionari privati consumatori, siano assoggettate a IVA nello Stato membro di destinazione dei beni.
Tuttavia, l’art. 34, par. 1, Direttiva n. 2006/112/CE, prevede che tali operazioni siano tassate nel luogo di partenza dei beni (ossia, nel Paese del fornitore), qualora:
- i beni ceduti non costituiscano prodotti soggetti ad accisa (per gli stessi, infatti, la cessione si considera sempre effettuata nel Paese di arrivo);
- l’importo globale, al netto dell’IVA, delle cessioni effettuate nello Stato membro, non superi la soglia di € 100.000 nel corso dell’anno in corso e in quello precedente.
Il par. 2 dell’art. 34, Direttiva n. 2006/112/CE, accorda ai singoli Paesi membri, nel cui territorio si trovano i beni al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente, di limitare tale soglia a € 35.000 (o al suo controvalore in moneta nazionale), qualora la stessa possa determinare serie distorsioni della concorrenza.
Inoltre, gli Stati membri, nel cui territorio si trovano i beni al momento della partenza della spedizione o del trasporto, possono concedere ai soggetti passivi che possono applicare l’imposta nel luogo di partenza dei beni, di optare per la tassazione nel Paese di destinazione dei beni.
La normativa domestica
Nel sistema IVA nazionale le vendite a distanza sono disciplinate:
- per gli acquisti presso fornitori comunitari, dall’art. 40, comma 3, D.L. n. 331/1993;
- per le cessioni a privati consumatori di altri Paesi membri, effettuate da operatori nazionali, dall’art. 41, comma 1, lett. b), D.L. n. 331/1993.
L’art. 11-quater, comma 1, D.L. n. 35/2005, dispone, inoltre, che nella definizione di cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili di cui agli artt. 40 e 41, D.L. n. 331/1993, rientrino tutte le cessioni di beni con trasporto a destinazione da parte del cedente, senza che assumano alcun rilievo le modalità adottate dal cliente (telefono, fax, e-mail, catalogo, internet, ecc.) per la conclusione dell’ordine di acquisto.
La disciplina IVA delle vendite a distanza, pertanto, si applica in tutti i casi in cui ricorrano entrambe le seguenti condizioni:
- l’acquirente è un privato consumatore o, comunque, un soggetto che non agisce nell’ambito della sua attività d’impresa o di lavoro autonomo;
- il trasporto dei beni dal Paese membro del fornitore a quello dell’acquirente è effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto.
Come anticipato in premessa, i fornitori nazionali che nell’anno solare precedente non hanno superato, e in quello in corso non superano, la soglia di € 100.000 (o l’eventuale minor ammontare stabilito dallo Stato membro di destinazione dei beni) possono applicare alle cessioni in esame l’IVA domestica (ferma restando la possibilità di esercitare l’opzione per l’applicazione dell’imposta nello Stato membro di destinazione dei beni, previa comunicazione all’Agenzia delle Entrate nella dichiarazione IVA relativa all’anno precedente, nella dichiarazione di inizio attività e, comunque, anteriormente all’effettuazione della prima operazione non imponibile).
Qualora l’ammontare complessivo delle vendite a distanza effettuate in altro Paese membro abbia invece superato, nell’anno precedente, o superi nell’anno in corso, il limite di € 100.000 (o l’eventuale minor importo stabilito nello Stato membro di destinazione) il soggetto passivo nazionale è tenuto ad aprire una posizione IVA in tale Stato membro (con identificazione diretta o, laddove consentito, a mezzo di un rappresentante fiscale) per poi addebitare l’IVA locale sulle cessioni.
Le novità in arrivo
L’attuale disciplina delle vendite intracomunitarie a distanza di beni presenta alcune criticità applicative, che inevitabilmente ne frenano lo sviluppo. Gli operatori che effettuano vendite a distanza, infatti, sono obbligati a monitorare costantemente le soglie di fatturato raggiunte in ciascun Paese membro di fornitura, nonché ad aprire una posizione IVA in ogni Stato membro in cui è superata la soglia ivi prevista.
La disciplina, inoltre, per le sue stesse caratteristiche, si presta a manovre elusive, difficilmente accertabili dalle Amministrazioni Fiscali dei vari Stati membri, con conseguente perdita di gettito.
Nell’ambito della Strategia per il Mercato Unico digitale in Europa, la Commissione Europea ha quindi previsto una radicale modifica delle regole applicabili alle vendite a distanza.
In particolare, le Direttive n. 2017/2455/UE e 2019/1995/UE, nonché il Regolamento n. 2019/2026/UE, sono intervenuti sulla Direttiva n. 2006/112/CE ed il relativo Regolamento n. 282/2011/UE, al fine di:
- introdurre una nuova soglia minima, applicabile da tutti i Paesi membri, al di sotto della quale le vendite a distanza sono tassate nel Paese di inizio del trasporto;
- introdurre una disposizione antielusiva per l’effettuazione del trasporto di beni a destinazione dell’acquirente;
- estendere il regime speciale attualmente previsto per i soli servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione e per quelli prestati in via elettronica, alle cessioni intracomunitarie di beni verso privati consumatori, consentendo così ai fornitori di dichiarare e pagare l’IVA su tutte le vendite a distanza in un unico Stato membro.
Tali novità troveranno applicazione, in tutti i Paesi membri della Comunità, dal prossimo 01/07/2021.
La nuova soglia di € 10.000
Attualmente, l’art. 33, Direttiva n. 2006/112/CE, prevede che i fornitori stabiliti nell’Unione Europea siano tenuti ad applicare l’IVA nel Paese membro del consumatore, qualora le loro vendite a distanza superino la soglia di € 100.000 annui.
Tale soglia può essere ridotta sino a € 35.000 dai singoli Stati membri di destinazione dei beni e, pertanto, i fornitori devono monitorare attentamente l’ammontare delle vendite a distanza effettuate in ciascun Paese membro: il superamento della soglia, infatti, impone al fornitore l’identificazione IVA nello Stato membro del cliente, ai fini dell’applicazione e del versamento dell’IVA locale.
Al fine di semplificare gli adempimenti a carico dei fornitori, la Direttiva n. 2017/2045/UE prevede l’introduzione di un’unica soglia di € 10.000, al netto dell’IVA, riferita all’importo complessivo delle vendite a distanza effettuate in altri Stati membri nell’anno precedente ed in quello in corso (gli operatori che non superano la nuova soglia, tuttavia, continuano a poter optare per l’applicazione dell’imposta nel Paese del consumatore).
Dal prossimo 01/07/2021, pertanto, il criterio di imposizione a destinazione troverà applicazione qualora nel corso di un anno civile sia superata la soglia di € 10.000, o il fornitore intenda comunque optare per tale criterio di tassazione (l’opzione ha una durata di due anni).
Per effetto di tali nuove regole, i fornitori non dovranno più monitorare le diverse soglie di fatturato raggiunte in ciascuno Stato membro, ma soltanto verificare l’ammontare delle operazioni intracomunitarie effettuate.
La norma antielusiva
Affinché si configuri una vendita a distanza è richiesto, tra l’altro, che il trasporto dei beni sia effettuato dal fornitore o per suo conto. Al fine di evitare che i fornitori ricorrano a manovre elusive per evitare di applicare il regime in esame (facendo artatamente figurare, ad esempio, che il trasporto dei beni è stato curato direttamente dall’acquirente), il nuovo par. 4 dell’art. 14, Direttiva n. 2006/112/CE, dispone che rientrino nel novero delle vendite a distanza anche le cessioni a privati consumatori di altri Paesi membri, nelle quali il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni.
L’art. 5-bis, del Regolamento n. 2019/2026/UE, indica espressamente le ipotesi al ricorrere delle quali è possibile desumere che il fornitore operi indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, ossia:
- la spedizione o il trasporto dei beni è subappaltato dal fornitore a un soggetto terzo che consegna i beni all’acquirente;
- la spedizione o il trasporto dei beni è effettuato da un soggetto terzo, ma il fornitore assume la responsabilità, totale o parziale, della consegna delle merci all’acquirente;
- il fornitore fattura e riscuote le spese di trasporto dall’acquirente, per poi trasferirle a un terzo che organizza la spedizione o il trasporto dei beni;
- il fornitore promuove con ogni mezzo i servizi di consegna di un soggetto terzo presso l’acquirente, mette in contatto l’acquirente e un soggetto terzo o comunica, in altro modo, a un soggetto terzo, le informazioni necessarie per la consegna dei beni al consumatore.
I beni non si considerano invece spediti o trasportati da o per conto del fornitore quando l’acquirente effettua direttamente il trasporto della merce o ne organizza la consegna con un terzo e il fornitore non interviene, direttamente o indirettamente, per effettuare la spedizione o il trasporto dei beni o per coadiuvarne l’organizzazione.
Estensione dello Sportello Unico
Come anticipato, il regime speciale, sinora riservato ai servizi TTE (servizi di telecomunicazioni, teleradiodiffusione ed elettronici) resi da soggetti passivi comunitari non stabiliti nello Stato membro di consumo, potrà essere utilizzato anche per le vendite a distanza intracomunitarie di beni e per i servizi effettuati da soggetti passivi stabiliti nella Comunità ma non nel Paese membro di consumo.
I fornitori nazionali potranno quindi presentare, attraverso lo Sportello Unico, le dichiarazioni IVA relative alle vendite a distanza effettuate nello Stato membro di consumo, versando l’imposta dovuta. Lo Stato di identificazione trasmetterà poi le dichiarazioni, unitamente all’imposta versata, allo Stato membro di consumo.
I fornitori che utilizzeranno il regime OSS UE di cui all’art. 220, par. 1, punto 2, Direttiva 2006/112/CE, non saranno tenuti a emettere fattura nei confronti dei propri clienti privati consumatori.
Soggetti passivi che gestiscono un’interfaccia elettronica
In considerazione del ruolo rivestito dai portali elettronici nel facilitare le vendite a distanza, è previsto che i soggetti che gestiscono un’interfaccia elettronica, ossia un dispositivo o un programma che consente a un acquirente e a un fornitore che mette in vendita beni tramite l’interfaccia di stabilire un contatto che dia luogo a una cessione di beni, siano coinvolti nella riscossione dell’IVA relativa alle operazioni in esame.
Il nuovo art. 14-bis, Direttiva n. 2006/112/CE, dispone, infatti, che se un soggetto passivo facilita, tramite l’uso di un’interfaccia elettronica, le cessioni di beni effettuate nella Comunità da un soggetto passivo non stabilito nella stessa a una persona che non è un soggetto passivo, si considera che il soggetto passivo che ha facilitato la cessione abbia ricevuto e ceduto detti beni. In questa ipotesi, dunque, il responsabile dei relativi adempimenti IVA è individuato nel facilitatore (il marketplace) e non nel venditore.
Tale previsione, in particolare, troverà applicazione per le vendite a distanza intracomunitarie, nonché per le forniture nazionali di beni già immessi in libera pratica nella Comunità e successivamente venduti dal fornitore, non stabilito nell’Unione Europea, ai consumatori finali dei diversi Stati membri.
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