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Con la Risoluzione del 15 gennaio 2021 n. 4/E, l’Agenzia delle Entrate è ritornata sui suoi passi affermando piena condivisione con quanto stabilito, a livello giurisprudenziale, dalla Corte di Cassazione, in relazione all’aliquota dell’imposta di registro da applicare agli atti costitutivi di servitù su terreno agricolo.
A seguito di tale presa di posizione, d’ora in avanti e con riferimento anche alle controversie pendenti, all’atto costitutivo del diritto di servitù impresso su un terreno a destinazione agricola, l’imposta di registro da applicare sarà quella del 9%, in luogo del 15% sino ad oggi pretesa dall’Amministrazione Finanziaria.
La nuova impostazione interpretativa, in relazione alla materia in oggetto, fornita dall’Agenzia delle Entrate tramite la sua Risoluzione n. 4/E del 15 gennaio 2021, fa venire meno le precedenti prese di posizione espresse nella Risoluzione n. 92/E del 22 giugno 2000 e nella Circolare n. 18/E del 29 maggio 2013 al paragrafo 4.16.
L’origine da cui prende avvio il nuovo pronunciamento dell’Ufficio affonda le sue radici nei diversi procedimenti di contenzioso che impugnano il recupero della maggiore imposta pretesa dall’Amministrazione (15%), in luogo di quella applicata dal contribuente (9%) il quale applica il disposto dell’articolo 1, punto 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986.
Come noto, tale norma prevede l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 9% per gli “atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi”.
La Giurisprudenza di legittimità ha più volte espresso il suo orientamento difforme da quello dell’Ufficio, circostanziando, con la dovuta accuratezza, le motivazioni da cui traevano origine le sue conclusioni; tuttavia, solo a seguito del recente cambiamento di rotta dell’Agenzia delle Entrate, possiamo affermare che agli atti di costituzione di servitù su terreno agricolo, a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori professionali, potrà applicarsi l’imposta di registro nella misura del 9%, non tralasciando il fatto che viene previsto il riesame delle controversie pendenti qualora, queste ultime, abbiano operato secondo criteri non conformi alla recente nuova impostazione.
La Corte di Cassazione, pronunciandosi con quattro Sentenze successive (n. 22198, 22199, 22200 e 22201) depositate in data 5 settembre 2019, ha affermato un principio che tiene conto della natura propria del diritto di “servitù”, secondo quanto stabilito dagli articoli 1027 e seguenti del Codice Civile.
Come noto, la “servitù” è un diritto reale di godimento che segue il terreno e consente al proprietario del fondo “dominante” di esercitare un diritto sul fondo “servente” di proprietà altrui. In pratica, tale istituto mira a realizzare l'utilizzazione di un fondo (detto servente) per il servizio di un altro fondo (detto dominante), garantendo, di fatto, la realizzazione di un interesse generale, normalmente proiettato all’incremento produttivo.
L’impostazione data “ab origine” dall’Agenzia delle Entrate nelle verifiche effettuate in merito alle problematiche riguardanti la costituzione del diritto di servitù, prendeva come riferimento il principio sancito dall’articolo 1, punto 3, Tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131/1986, il quale prevede l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 15% “se il trasferimento ha per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale”.
Tuttavia, considerato che per sua natura giuridica, la servitù, in quanto diritto reale di godimento su fondo altrui, si costituisce e non si trasferisce, la soluzione interpretativa fornita dai Giudici di legittimità risulta essere quella che maggiormente si adatta alla fattispecie in oggetto.
Stante le considerazioni più sopra riportate, tutte le pronunce a suo tempo rilasciate dall’Amministrazione Finanziaria tramite i documenti di prassi già citati (R.M. n. 92/E/2000 e Circolare n. 18/E/0213), devono considerarsi superate, conseguentemente gli atti costituenti servitù su terreno agricolo saranno assoggettati all’imposta di registro nella misura del 9% prevista dall’articolo 1, punto 1, Tariffa parte prima allegata al D.P.R. n. 131/1986.
La Risoluzione n. 4/E del 15 gennaio 2021 dell’Agenzia delle Entrate, termina con un’ulteriore precisazione volta a dirimere i dubbi espressi da una parte della dottrina in relazione ad un comportamento burocratico spesso seguito dai contribuenti.
In particolare, viene stabilito che per gli atti costitutivi del diritto di servitù non sussiste l’obbligo di presentare domanda di “voltura”, con l’intento di aggiornare le intestazioni catastali, secondo quanto previsto dall’articolo 3 del D.P.R. del 26 ottobre 1972, mentre viene espressamente richiesta la trascrizione dei contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali in base all’articolo 2643, comma 1, n. 4 del Codice Civile.