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Il credito d’imposta Industria 4.0, previsto e disciplinato dalla Legge 160/2019 e successivamente prorogato e potenziato dalla Legge 178/2020 (Legge di Bilancio 2021), determina contabilmente l’insorgenza di un “contributo in conto impianti” da rilevare nel bilancio di esercizio in cui sono stati effettuati gli acquisti.
Come noto, in base al comma 192 dell’articolo 1 della Legge 160/2019, il credito d’imposta di cui all’oggetto non concorre alla formazione del reddito, nonché della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, pertanto, il beneficiario dovrà apportare i necessari aggiustamenti (variazioni) in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi corrispondente.
L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), nel suo documento n. 16 riguardante le “immobilizzazioni materiali”, ha fornito la definizione di contributo in conto impianti, specificando che risultano tali quelle somme erogate da un soggetto pubblico (Stato o enti pubblici) ad una società per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali e che sono commisurate al costo delle medesime.
Tali contributi partecipano, direttamente o indirettamente, alla formazione del risultato dell’esercizio secondo il criterio della competenza e vengono rilevati quando sussiste una ragionevole certezza che le condizioni previste per il suo riconoscimento siano soddisfatte.
L’articolo di riferimento che determina tale sussistenza è il 109 del TUIR ed a questo ci si deve attenere per la contabilizzazione del credito d’imposta.
Precisiamo che, in relazione agli investimenti effettuati nel 2020, il credito andrà contabilizzato già nel relativo bilancio anche se la compensazione, da effettuarsi con il modello F24, dovesse avviarsi successivamente; inoltre, i crediti della Legge 178/2020 entrano in F24 dall'anno di entrata in funzione o interconnessione (beni Industria 4.0), mentre quelli della Legge 160/2019 a partire dall'anno seguente.
Tutto ciò premesso, vediamo, ora, come è possibile contabilizzare il credito d’imposta di cui all’oggetto, seguendo le indicazioni fornite dal documento dell’OIC n. 16.
In pratica, viene attribuita validità a due metodi di rilevazione che utilizzano un criterio sistematico di graduale corrispondenza con la vita utile del cespite; il primo metodo viene chiamato “diretto”, mentre l’altro è stato definito “indiretto”.
Con il metodo “diretto”, i contributi sono portati a riduzione del costo delle immobilizzazioni materiali cui si riferiscono e, di conseguenza, gli ammortamenti corrispondenti saranno calcolati sul nuovo valore del cespite, mentre con il metodo “indiretto”, i contributi sono portati indirettamente a riduzione del costo, in quanto gli stessi verranno imputati al conto economico nella voce A5 “altri ricavi e proventi” e quindi rinviati per competenza agli esercizi successivi attraverso l’iscrizione di “risconti passivi”.
In pratica, nel primo caso (metodo diretto), si procede a ridurre il costo del bene cui si riferisce il contributo, generando di conseguenza ammortamenti ridotti calcolati sul “nuovo” valore dell’immobilizzazione.
Nel secondo caso (metodo indiretto), il valore dell’immobilizzazione materiale resterà inalterato, mentre il contributo sarà imputato alla voce A5 del conto economico “Altri ricavi e proventi” e rinviato in quota, per competenza, agli esercizi successivi mediante l’iscrizione di risconti passivi.
A livello contabile, scegliere l’una o l’altra metodologia non porta a risultati differenti, poiché entrambe le procedure producono gli stessi effetti sull’utile dell’esercizio e sul patrimonio netto, tuttavia risulta evidente che l’irrilevanza del contributo (credito d’imposta) ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, induce il contribuente a preferire l’adozione del metodo “indiretto”.
Una tale scelta, infatti, genera due tipologie di convenienze: