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Come noto, le locazioni brevi sono state oggetto di particolare attenzione a causa del recente intervento normativo inserito nella Legge di Bilancio 2021 (Legge n. 178 del 30 dicembre 2020).
Infatti, il comma 595 dell’articolo 1 della suddetta Legge di Bilancio 2021, ha introdotto una limitazione quantitativa all’applicazione della cedolare secca sulle locazioni brevi, intendendo per tali quelle locazioni di immobili ad uso abitativo concesse per un periodo temporale non superiore a trenta giorni (articolo 4 del D.L. n. 50/2017).
Con il preciso intento di assicurare un maggiore gettito alle casse dello Stato, il Legislatore tributario ha stabilito che, laddove la locazione breve si riferisca ad un numero di appartamenti superiore a quattro, interviene una presunzione (non è chiaro se assoluta o relativa) che qualifica il reddito derivante da tale attività come reddito d’impresa e, pertanto, non assoggettabile all’aliquota della cedolare secca (21%).
Prima di effettuare alcune considerazioni in merito alle possibili convenienze economiche che possono derivare dall’applicazione delle norme proprie del regime forfettario, ripercorriamo brevemente le caratteristiche tipologiche che definiscono le cosiddette locazioni brevi.
Le locazioni brevi vengono definite, dall’articolo 4 del Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50, come quei “contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a trenta giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”.
L’ambito soggettivo a cui si rivolge l’istituto, è quello delle persone fisiche che operano al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa e tra questi rientrano, oltre al proprietario dell’immobile, anche il conduttore dell’appartamento concesso in sublocazione e il comodatario che concede a terzi, a titolo oneroso, l’immobile detenuto in comodato.
Il canone di locazione richiesto al locatario può ricomprendere al proprio interno, oltre alla messa a disposizione dell’immobile, anche la fornitura di biancheria e la pulizia dei locali nonché quei servizi strettamente connessi alla locazione che rendono maggiormente piacevole il soggiorno; ci riferiamo, ad esempio, alla presenza di stazioni Wi-Fi, all’aria condizionata o ai servizi di wellness (palestra) collocati all’interno dei locali.
Quello che risulta fondamentale è che tali servizi aggiuntivi risultino in stretta connessione con la finalità residenziale dell’immobile, diversamente, nel caso sia richiesto un seppur minimo livello di organizzazione, la disciplina in esame non potrà essere applicata; pertanto, preparare la colazione, somministrare pasti o mettere a disposizione mezzi di trasporto, guide turistiche o interpreti, snaturano il rapporto originario e comportano la fuoriuscita dal regime fiscale riservato alle locazioni brevi.
Come noto, con le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2021, coloro che concedono in locazione breve un numero di appartamenti superiore a quattro per ciascun periodo d’imposta, non potranno più usufruire dell’applicazione della cedolare secca, bensì rientreranno, a pieno titolo, tra coloro che esercitano un’attività d’impresa.
Al ricorrere di tale fattispecie, quindi, scattano le regole fiscali proprie dei soggetti che operano in regime di reddito d’impresa:
Tale situazione, tuttavia, non preclude l’applicazione del regime forfettario (articolo 1, commi 54 e seguenti della Legge 190/2014), qualora il locatore risulti essere una persona fisiche il cui reddito annuo non sia superiore a 65.000 euro e non sussistano altre cause ostative come previste dal comma 57 dell’articolo 1 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Pertanto, alla luce di quanto sopra, si possono presentare condizioni di estremo vantaggio economico per coloro che rientrano in tale regime fiscale, al punto tale che l’applicazione della cedolare secca al 21% (non ammessa dal Legislatore per coloro che locano più di quattro appartamenti) risulterebbe, in certi casi, maggiormente penalizzante per i contribuenti (e quindi in grado di generare un maggior gettito per lo Stato).
Il regime forfettario, infatti, prevede l’applicazione di aliquote “piatte” su redditi imponibili determinati in base a percentuali di redditività differenziate per codici ATECO.
In particolare, la “tassa piatta” risulterà essere pari al:
Come precisato in precedenza, le aliquote sopra riportate si applicano su un reddito imponibile determinato applicando ai ricavi percepiti un coefficiente di redditività diversificato a seconda del codice ATECO che individua l’attività esercitata.
A tal proposito, precisiamo che, secondo l’opinione di chi scrive, potremmo applicare differenti coefficienti di redditività qualora il contribuente esercitasse la locazione somministrando o meno alimenti e bevande. Infatti, laddove il locatore, oltre a fornire i servizi in stretta connessione con la finalità residenziale (biancheria, Wi-Fi, aria condizionata) preparasse, ad esempio, la colazione ai propri affittuari (anche con alimenti pronti all’uso), ci troveremmo nell’ambito della categoria ATECO (attività dei servizi di alloggio e di ristorazione) che prevede come coefficiente di redditività il 40%. Logicamente, ricordiamo che fornendo una tale prestazione di servizio, il contribuente non potrebbe applicare in alcun caso la cedolare secca, in quanto opererebbe al di fuori di tale regime agevolato.
Diversamente, nel caso non venisse somministrato alcun pasto, si rientrerebbe nella categoria ATECO delle attività immobiliari, la cui percentuale di redditività risulta essere pari all’86%.
Salta all’occhio come, a livello fiscale, la convenienza economica propria di tale regime risulti evidente, infatti, a titolo esemplificativo, nel caso una persona fisica, titolare di redditi derivanti dalla locazione di diversi appartamenti (superiori a quattro), introitasse la somma di 20.000 euro annui avremmo:
Le imposte come più sopra determinate, se paragonate con la cedolare secca (è logico che il confronto ha rilevanza laddove non venga somministrata la colazione), risultano alquanto inferiori, poiché, come noto, la cedolare si applica nella misura del 21% sull’intero importo derivante dalle locazioni (20.000 × 21% = 4.200).
Tuttavia, non va dimenticato che anche l’aspetto contributivo gioca un ruolo importante nel regime forfettario, pertanto, nell’effettuare eventuali calcoli di convenienza economica, una discriminante da non sottovalutare sarà l’importo dei contributi INPS da versare che, seppure soggetto a riduzioni in termini percentuali, sposta in avanti il livello reddituale di convenienza effettiva.
In pratica, alle ipotesi viste in precedenza, si devono aggiungere le somme scaturenti dall’applicazione delle diverse aliquote contributive che tengono conto delle situazioni soggettive dei contribuenti interessati che, al ricorrere di determinate situazioni, possono compromettere il vantaggio fiscale apparentemente evidente.