Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Con la recente Ordinanza n. 3994/2021, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del trattamento di fine mandato (TFM) riconosciuto agli amministratori di società, avallando ancora una volta l’orientamento interpretativo dell’Agenzia delle Entrate circa i presupposti per la deducibilità fiscale per competenza delle quote di TFM accantonate dalla società. I Giudici di legittimità, inoltre, hanno ribadito l’applicabilità del principio dell’incasso giuridico sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria.
In aggiunta al compenso ordinario, determinato in misura fissa o in proporzione agli utili conseguiti dalla società, lo statuto o l’assemblea dei soci possono prevedere l’attribuzione del trattamento di fine mandato agli amministratori, ossia di una sorta di remunerazione differita dell’attività svolta, da corrispondere alla cessazione del rapporto, analogamente a quanto previsto per i lavoratori subordinati.
L’attribuzione del TFM all’amministratore può avvenire mediante un’erogazione monetaria alla cessazione dell’incarico o, in alternativa, con la sottoscrizione di una polizza assicurativa, il cui beneficiario può essere l’amministratore o la società stessa.
L’indennità non è disciplinata da alcuna disposizione civilistica e la sua misura è quindi demandata alla libera contrattazione delle parti, che possono dunque liberamente stabilirne entità e modalità di erogazione.
Il trattamento di fine mandato, tuttavia, deve essere determinato secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica della società, poiché l'Amministrazione Finanziaria può legittimamente negarne la deducibilità dal reddito d'impresa qualora il relativo importo sia quantitativamente sproporzionato rispetto ai ricavi conseguiti o al settore di attività della società.
In base all’art. 105, comma 4, TUIR, le quote di TFM accantonate al fondo trattamento di fine mandato sono deducibili dalla società secondo il principio di competenza (dunque, nei limiti delle quote maturate nell’esercizio e a prescindere dal momento di effettiva erogazione).
L’applicazione del principio di competenza presuppone, tuttavia, che il diritto alla percezione del TFM da parte dell’amministratore sia attestato da un atto scritto, avente data certa anteriore all’inizio del rapporto. In mancanza, la deducibilità delle somme accantonate a titolo di TFM deve essere rimandata sino al momento dell'effettiva erogazione dell'indennità all’amministratore (dunque, con applicazione del principio di cassa).
L'Agenzia delle Entrate, in particolare, richiede la preventiva formazione del verbale di nomina dell’amministratore (completo del riconoscimento del diritto all’indennità), e la successiva accettazione dell’incarico da parte dell’amministratore stesso.
L’attribuzione della data certa può avvenire facendo redigere il verbale da un notaio, registrando la delibera all’Agenzia delle Entrate, inviandola a mezzo PEC o, ancor più semplicemente, notificando per raccomandata con ricevuta di ritorno la copia, in plico senza busta, del verbale di assemblea.
La condizione della data certa, peraltro, assume rilievo anche per consentire all'amministratore di beneficiare della tassazione separata (che, si ricorda, non è tuttavia ammessa sulla quota del TFM eccedente la soglia di 1 milione di euro, sulla quale deve essere obbligatoriamente applicata la tassazione IRPEF ordinaria).
Nella Risoluzione n. 124/E/2017, l'Agenzia delle Entrate ha esaminato gli effetti reddituali conseguenti alla rinuncia del socio-amministratore al trattamento di fine mandato maturato, all'atto della cessazione della carica di amministratore.
Siccome il trattamento di fine mandato è tassato in capo all’amministratore secondo il principio di cassa, l'Amministrazione Finanziaria ha ritenuto che in tale particolare fattispecie trovi applicazione il principio dell'incasso giuridico, con il conseguente obbligo di assoggettare a tassazione il TFM maturato, ancorché non incassato. Per effetto della rinuncia alla percezione dell’indennità, infatti, viene comunque a incrementarsi il valore fiscale della partecipazione del socio-amministratore nella società.
La rinuncia al TFM da parte di amministratori non soci, invece, comporta l’obbligo della società di assoggettare a tassazione la sopravvenienza attiva conseguita (pur nel limite delle quote di TFM accantonate per competenza), con una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.