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Testo apertoil “nuovo” contributo a fondo perduto, disciplinato dall’articolo 1 del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, ha rivisto completamente le modalità di attribuzione del ristoro rispetto ai precedenti provvedimenti che si sono susseguiti durante il periodo pandemico che stiamo attraversando. inoltre, la platea dei potenziali beneficiari si è notevolmente allargata e sono state previste modalità di erogazione che consentono ai singoli contribuenti di scegliere quella che ritengono maggiormente corrispondente alle proprie esigenze. come vedremo in seguito, l’articolata struttura di calcolo che porterà alla determinazione del contributo spettante alle diverse categorie di contribuenti che ne faranno richiesta, è studiata in modo tale da prevedere erogazioni che, seppure maggiormente diffuse, risulteranno di importo alquanto esiguo. confronto con i precedenti provvedimenti legislativi. nel procedere ad un confronto con i provvedimenti, volti al sostegno economico delle categorie economiche colpite dall’emergenza sanitaria, che hanno preceduto il decreto legge n. 41/2021, saltano all’occhio numerose differenze che di seguito cerchiamo di riassumere. in primo luogo, con riferimento alle categorie economiche ammesse al contributo, bisogna rilevare che il nuovo disciplinare riguarda tutti i soggetti titolari di partita iva, residenti o stabiliti nel territorio dello stato, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario. restano escluse solamente le attività cessate alla data di entrata in vigore del decreto (23 marzo 2021) e i soggetti che nel secondo periodo d’imposta antecedente al 23 marzo 2021, hanno ottenuto ricavi/compensi superiori ai 10 milioni di euro. vengono pertanto a sparire tutte quelle discriminazioni correlate alle attività rientranti nel perimetro di predeterminati codici ateco, nonché quelle limitazioni territoriali individuate tramite la colorazione delle zone in cui si operava. oltretutto, ricordiamo come tali discriminanti hanno, a suo tempo, contribuito a generare numerose richieste di chiarimenti, in gran parte causati dalle mutevoli prese di posizione da parte degli organi di governo. in secondo luogo, la nuova disciplina, al fine di determinare la contrazione di fatturato, pone a confronto valori che si riferiscono ad anni interi e non riferiti a singole mensilità prestabilite (aprile 2019 - aprile 2020), evitando di escludere dal beneficio tutte le attività di tipo stagionale. infatti, il nuovo confronto per la determinazione del differenziale cui applicare la percentuale stabilita dalla norma dovrà riguardare l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi calcolato sull’importo totale degli anni 2019 e 2020. in terzo luogo, rileviamo come caratteristica positiva rispetto ai precedenti provvedimenti il fatto che il legislatore ha ulteriormente ampliato la platea dei potenziali fruitori del ristoro, richiedendo che la contrazione del fatturato risulti essere almeno pari al 30% e non più al 33%. inoltre, per particolari categorie di soggetti (partite iva attivate dal 1° gennaio 2019) è stata prevista l’erogazione del contributo (seppure minimo), anche in assenza della contrazione sopra specificata. per ultimo, rileviamo come il nuovo dispositivo del d.l. n. 41/2021 abbia consentito ai contribuenti di esercitare una scelta (irrevocabile) in relazione alla modalità di erogazione del contributo in oggetto. sarà possibile, infatti, optare per l’accredito diretto del contributo su conto corrente del beneficiario, oppure per il suo riconoscimento (totale) come credito d’imposta da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997. venendo ora, come accennato in premessa, agli aspetti legati all’oggettiva esiguità del nuovo contributo, rileviamo come, in base al metodo di calcolo proposto dal legislatore, le percentuali (attribuite secondo le diverse classi di ricavi/compensi) da applicare alle diverse contrazioni medie mensili, determinino erogazioni “massime” percentualmente irrisorie rispetto alla contrazione di fatturato annuale subìta dai diversi soggetti economici. supponendo la coincidenza tra fatturato/corrispettivi e ricavi/compensi, avremo:. classi di ricavi/compensi. max contributo rispetto contrazione. fino a 100.000 € 60%. 5,00%. da 100.000 a 400.000 € 50%. 4,16%. da 400.000 a 1 milione € 40%. 3,33%. da 1 a 5 milioni € 30%. 2,50%. da 5 a 10 milioni € 20%. 1,67%. per ottenere la percentuale del contributo massimo ottenibile rispetto alla contrazione del fatturato annuale è sufficiente dividere per dodici il tetto massimo della classe di fatturato in cui si opera (ottenendo il differenziale massimo supponendo a zero il fatturato dell’anno 2020); il risultato lo si moltiplicherà per la percentuale corrispondente alla classe di appartenenza ed il contributo così ottenuto, se rapportato alla soglia massima del fatturato 2019 porterà alla percentuale rappresentata in tabella. esempio: (400.000/12) = 33.333,33 (fatturato medio mensile anno 2019). differenziale max.: (33.333,33 - 0) = 33.333,33. si applica la percentuale del 50%: (33.333,33 × 0,5) = 16.666,67. max contributo %: (16.666,67/400.000) = 0,0416 → 4,16%. determinazione dei requisiti richiesti. come noto, per potere effettuare la richiesta di ottenimento del contributo a fondo perduto previsto dall’articolo 1 del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, è necessario rispettare i requisiti individuati dalla norma. in particolare, il primo requisito stabilisce che il soggetto deve avere conseguito nell’anno 2019 (società con periodo coincidente con l’anno solare), un ammontare di ricavi o compensi non superiore a 10 milioni di euro. in base a tale definizione, ogni soggetto passivo d’imposta dovrà identificare, in base alle proprie caratteristiche tipologiche, i valori che esprimono i ricavi/compensi richiesti dall’amministrazione finanziaria. quest’ultima, al fine di rendere più semplice tale ricerca, ha riportato nella sua “guida al contributo del decreto sostegni” una tabella riassuntiva in cui indica i campi di riferimento della dichiarazione dei redditi suddivisi per modello e regime fiscale d’appartenenza. ricordiamo che, per quanto riguarda i soggetti che determinano il proprio reddito con il metodo catastale (cfr. circolare n. 15/e del 13 giugno 2020), il predetto requisito deve essere determinato avendo riguardo ai ricavi risultanti dalle scritture contabili, relative al periodo d'imposta chiuso al 31 dicembre 2019 (per i soggetti con periodo d'imposta corrispondente all'anno solare), ovvero, in mancanza di scritture contabili, al volume d'affari relativo al medesimo periodo d'imposta. in pratica, quindi, per le persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali titolari di reddito agrario e attività agricole connesse (per esempio, agriturismi, allevamento, eccetera), in luogo dell’ammontare dei ricavi, occorre far riferimento all’ammontare del volume d’affari del modello di dichiarazione iva 2020 (per l’anno 2019). anche in questo caso, per evitare errori, si fa riferimento all’importo riportato nel campo ve50 della predetta dichiarazione iva. qualora il dichiarante non sia tenuto alla presentazione della dichiarazione iva, potrà essere considerato l’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi del 2019. il secondo requisito richiesto dal legislatore, consiste nel rispetto di almeno uno dei delle seguenti condizioni:. importo della media mensile del fatturato e dei corrispettivi relativa all’anno 2020 inferiore almeno del 30% rispetto all’importo della media mensile del fatturato e dei corrispettivi relativi all’anno 2019;. attivazione della partita iva a partire dal 1° gennaio 2019. ricorrendo una delle due sopra evidenziate condizioni, il contribuente potrà fruire del contributo almeno nella misura minima (1.000 euro per le persone fisiche, 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche). per la corretta determinazione del fatturato (nel rimandarvi ai chiarimenti già espressi dall’agenzia delle entrate con le sue circolari n. 15/e e n. 22/e rispettivamente del 13 giugno e del 21 giugno 2020) occorre fare riferimento alla data di effettuazione delle operazioni di cessione dei beni e di prestazione dei servizi. pertanto, per quanto riguarda le fatture immediate, dovrà essere considerata la data della fattura e, per le fatture differite, occorrerà far riferimento alla data dei ddt (cessioni di beni) o dei documenti equipollenti (prestazioni di servizio) richiamati nella fattura. considerate, inoltre, le particolari fattispecie che possono presentarsi nell’operatività quotidiana dei diversi soggetti economici interessati, l’agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti necessari alla determinazione del valore del fatturato che, come sappiamo, riveste un ruolo fondamentale nell’individuazione del possibile scostamento. in particolare, per computare al meglio tale valore (per il 2019 e il 2020) avremo che:. devono essere considerate tutte le fatture attive, al netto dell’iva, immediate e differite, relative a operazioni effettuate in data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre;. occorre tenere conto delle note di variazione (art. 26 del d.p.r. n. 633/1972), aventi data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre;. concorrono anche le cessioni dei beni ammortizzabili;. gli esercenti attività di commercio al dettaglio e attività assimilate devono considerare l’importo totale dei corrispettivi (al netto dell’iva) delle operazioni effettuate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre, sia per quanto riguarda i corrispettivi trasmessi telematicamente sia per quelli soggetti ad annotazione;. nel caso di commercianti al dettaglio che applicano la ventilazione dei corrispettivi o il regime del margine, oppure nel caso delle agenzie di viaggio, poiché può risultare difficoltoso il calcolo delle fatture e dei corrispettivi al netto dell’iva, l’importo può essere riportato al lordo dell’iva, applicando la stessa regola sia con riferimento al 2019 che al 2020;. gli esercenti che svolgono operazioni non rilevanti ai fini dell’iva, per esempio le cessioni di tabacchi e di giornali e riviste, devono considerare anche l’importo degli aggi relativi a tali operazioni effettuate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre. per ultimo, si ricorda che i soggetti che hanno attivato la partita iva tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2020, allorquando devono calcolare l’ammontare del fatturato o dei corrispettivi realizzati, non devono considerare le operazioni che cadono nel mese di attivazione della partita iva, così come gli stessi non devono considerare il mese di attivazione della partita iva quando dovranno calcolare il numero dei mesi di attività per la determinazione delle medie mensili. ©riproduzione riservata
Chiudi lettore contestuale il “nuovo” contributo a fondo perduto, disciplinato dall’articolo 1 del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, ha rivisto completamente le modalità di attribuzione del ristoro rispetto ai precedenti provvedimenti che si sono susseguiti durante il periodo pandemico che stiamo attraversando. inoltre, la platea dei potenziali beneficiari si è notevolmente allargata e sono state previste modalità di erogazione che consentono ai singoli contribuenti di scegliere quella che ritengono maggiormente corrispondente alle proprie esigenze. come vedremo in seguito, l’articolata struttura di calcolo che porterà alla determinazione del contributo spettante alle diverse categorie di contribuenti che ne faranno richiesta, è studiata in modo tale da prevedere erogazioni che, seppure maggiormente diffuse, risulteranno di importo alquanto esiguo. confronto con i precedenti provvedimenti legislativi. nel procedere ad un confronto con i provvedimenti, volti al sostegno economico delle categorie economiche colpite dall’emergenza sanitaria, che hanno preceduto il decreto legge n. 41/2021, saltano all’occhio numerose differenze che di seguito cerchiamo di riassumere. in primo luogo, con riferimento alle categorie economiche ammesse al contributo, bisogna rilevare che il nuovo disciplinare riguarda tutti i soggetti titolari di partita iva, residenti o stabiliti nel territorio dello stato, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario. restano escluse solamente le attività cessate alla data di entrata in vigore del decreto (23 marzo 2021) e i soggetti che nel secondo periodo d’imposta antecedente al 23 marzo 2021, hanno ottenuto ricavi/compensi superiori ai 10 milioni di euro. vengono pertanto a sparire tutte quelle discriminazioni correlate alle attività rientranti nel perimetro di predeterminati codici ateco, nonché quelle limitazioni territoriali individuate tramite la colorazione delle zone in cui si operava. oltretutto, ricordiamo come tali discriminanti hanno, a suo tempo, contribuito a generare numerose richieste di chiarimenti, in gran parte causati dalle mutevoli prese di posizione da parte degli organi di governo. in secondo luogo, la nuova disciplina, al fine di determinare la contrazione di fatturato, pone a confronto valori che si riferiscono ad anni interi e non riferiti a singole mensilità prestabilite (aprile 2019 - aprile 2020), evitando di escludere dal beneficio tutte le attività di tipo stagionale. infatti, il nuovo confronto per la determinazione del differenziale cui applicare la percentuale stabilita dalla norma dovrà riguardare l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi calcolato sull’importo totale degli anni 2019 e 2020. in terzo luogo, rileviamo come caratteristica positiva rispetto ai precedenti provvedimenti il fatto che il legislatore ha ulteriormente ampliato la platea dei potenziali fruitori del ristoro, richiedendo che la contrazione del fatturato risulti essere almeno pari al 30% e non più al 33%. inoltre, per particolari categorie di soggetti (partite iva attivate dal 1° gennaio 2019) è stata prevista l’erogazione del contributo (seppure minimo), anche in assenza della contrazione sopra specificata. per ultimo, rileviamo come il nuovo dispositivo del d.l. n. 41/2021 abbia consentito ai contribuenti di esercitare una scelta (irrevocabile) in relazione alla modalità di erogazione del contributo in oggetto. sarà possibile, infatti, optare per l’accredito diretto del contributo su conto corrente del beneficiario, oppure per il suo riconoscimento (totale) come credito d’imposta da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997. venendo ora, come accennato in premessa, agli aspetti legati all’oggettiva esiguità del nuovo contributo, rileviamo come, in base al metodo di calcolo proposto dal legislatore, le percentuali (attribuite secondo le diverse classi di ricavi/compensi) da applicare alle diverse contrazioni medie mensili, determinino erogazioni “massime” percentualmente irrisorie rispetto alla contrazione di fatturato annuale subìta dai diversi soggetti economici. supponendo la coincidenza tra fatturato/corrispettivi e ricavi/compensi, avremo:. classi di ricavi/compensi. max contributo rispetto contrazione. fino a 100.000 € 60%. 5,00%. da 100.000 a 400.000 € 50%. 4,16%. da 400.000 a 1 milione € 40%. 3,33%. da 1 a 5 milioni € 30%. 2,50%. da 5 a 10 milioni € 20%. 1,67%. per ottenere la percentuale del contributo massimo ottenibile rispetto alla contrazione del fatturato annuale è sufficiente dividere per dodici il tetto massimo della classe di fatturato in cui si opera (ottenendo il differenziale massimo supponendo a zero il fatturato dell’anno 2020); il risultato lo si moltiplicherà per la percentuale corrispondente alla classe di appartenenza ed il contributo così ottenuto, se rapportato alla soglia massima del fatturato 2019 porterà alla percentuale rappresentata in tabella. esempio: (400.000/12) = 33.333,33 (fatturato medio mensile anno 2019). differenziale max.: (33.333,33 - 0) = 33.333,33. si applica la percentuale del 50%: (33.333,33 × 0,5) = 16.666,67. max contributo %: (16.666,67/400.000) = 0,0416 → 4,16%. determinazione dei requisiti richiesti. come noto, per potere effettuare la richiesta di ottenimento del contributo a fondo perduto previsto dall’articolo 1 del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, è necessario rispettare i requisiti individuati dalla norma. in particolare, il primo requisito stabilisce che il soggetto deve avere conseguito nell’anno 2019 (società con periodo coincidente con l’anno solare), un ammontare di ricavi o compensi non superiore a 10 milioni di euro. in base a tale definizione, ogni soggetto passivo d’imposta dovrà identificare, in base alle proprie caratteristiche tipologiche, i valori che esprimono i ricavi/compensi richiesti dall’amministrazione finanziaria. quest’ultima, al fine di rendere più semplice tale ricerca, ha riportato nella sua “guida al contributo del decreto sostegni” una tabella riassuntiva in cui indica i campi di riferimento della dichiarazione dei redditi suddivisi per modello e regime fiscale d’appartenenza. ricordiamo che, per quanto riguarda i soggetti che determinano il proprio reddito con il metodo catastale (cfr. circolare n. 15/e del 13 giugno 2020), il predetto requisito deve essere determinato avendo riguardo ai ricavi risultanti dalle scritture contabili, relative al periodo d'imposta chiuso al 31 dicembre 2019 (per i soggetti con periodo d'imposta corrispondente all'anno solare), ovvero, in mancanza di scritture contabili, al volume d'affari relativo al medesimo periodo d'imposta. in pratica, quindi, per le persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali titolari di reddito agrario e attività agricole connesse (per esempio, agriturismi, allevamento, eccetera), in luogo dell’ammontare dei ricavi, occorre far riferimento all’ammontare del volume d’affari del modello di dichiarazione iva 2020 (per l’anno 2019). anche in questo caso, per evitare errori, si fa riferimento all’importo riportato nel campo ve50 della predetta dichiarazione iva. qualora il dichiarante non sia tenuto alla presentazione della dichiarazione iva, potrà essere considerato l’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi del 2019. il secondo requisito richiesto dal legislatore, consiste nel rispetto di almeno uno dei delle seguenti condizioni:. importo della media mensile del fatturato e dei corrispettivi relativa all’anno 2020 inferiore almeno del 30% rispetto all’importo della media mensile del fatturato e dei corrispettivi relativi all’anno 2019;. attivazione della partita iva a partire dal 1° gennaio 2019. ricorrendo una delle due sopra evidenziate condizioni, il contribuente potrà fruire del contributo almeno nella misura minima (1.000 euro per le persone fisiche, 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche). per la corretta determinazione del fatturato (nel rimandarvi ai chiarimenti già espressi dall’agenzia delle entrate con le sue circolari n. 15/e e n. 22/e rispettivamente del 13 giugno e del 21 giugno 2020) occorre fare riferimento alla data di effettuazione delle operazioni di cessione dei beni e di prestazione dei servizi. pertanto, per quanto riguarda le fatture immediate, dovrà essere considerata la data della fattura e, per le fatture differite, occorrerà far riferimento alla data dei ddt (cessioni di beni) o dei documenti equipollenti (prestazioni di servizio) richiamati nella fattura. considerate, inoltre, le particolari fattispecie che possono presentarsi nell’operatività quotidiana dei diversi soggetti economici interessati, l’agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti necessari alla determinazione del valore del fatturato che, come sappiamo, riveste un ruolo fondamentale nell’individuazione del possibile scostamento. in particolare, per computare al meglio tale valore (per il 2019 e il 2020) avremo che:. devono essere considerate tutte le fatture attive, al netto dell’iva, immediate e differite, relative a operazioni effettuate in data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre;. occorre tenere conto delle note di variazione (art. 26 del d.p.r. n. 633/1972), aventi data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre;. concorrono anche le cessioni dei beni ammortizzabili;. gli esercenti attività di commercio al dettaglio e attività assimilate devono considerare l’importo totale dei corrispettivi (al netto dell’iva) delle operazioni effettuate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre, sia per quanto riguarda i corrispettivi trasmessi telematicamente sia per quelli soggetti ad annotazione;. nel caso di commercianti al dettaglio che applicano la ventilazione dei corrispettivi o il regime del margine, oppure nel caso delle agenzie di viaggio, poiché può risultare difficoltoso il calcolo delle fatture e dei corrispettivi al netto dell’iva, l’importo può essere riportato al lordo dell’iva, applicando la stessa regola sia con riferimento al 2019 che al 2020;. gli esercenti che svolgono operazioni non rilevanti ai fini dell’iva, per esempio le cessioni di tabacchi e di giornali e riviste, devono considerare anche l’importo degli aggi relativi a tali operazioni effettuate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre. per ultimo, si ricorda che i soggetti che hanno attivato la partita iva tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2020, allorquando devono calcolare l’ammontare del fatturato o dei corrispettivi realizzati, non devono considerare le operazioni che cadono nel mese di attivazione della partita iva, così come gli stessi non devono considerare il mese di attivazione della partita iva quando dovranno calcolare il numero dei mesi di attività per la determinazione delle medie mensili. ©riproduzione riservata
Il “nuovo” contributo a fondo perduto, disciplinato dall’articolo 1 del Decreto Legge 22 marzo 2021, n. 41, ha rivisto completamente le modalità di attribuzione del ristoro rispetto ai precedenti provvedimenti che si sono susseguiti durante il periodo pandemico che stiamo attraversando.
Inoltre, la platea dei potenziali beneficiari si è notevolmente allargata e sono state previste modalità di erogazione che consentono ai singoli contribuenti di scegliere quella che ritengono maggiormente corrispondente alle proprie esigenze.
Come vedremo in seguito, l’articolata struttura di calcolo che porterà alla determinazione del contributo spettante alle diverse categorie di contribuenti che ne faranno richiesta, è studiata in modo tale da prevedere erogazioni che, seppure maggiormente diffuse, risulteranno di importo alquanto esiguo.
Confronto con i precedenti provvedimenti legislativi
Nel procedere ad un confronto con i provvedimenti, volti al sostegno economico delle categorie economiche colpite dall’emergenza sanitaria, che hanno preceduto il Decreto Legge n. 41/2021, saltano all’occhio numerose differenze che di seguito cerchiamo di riassumere.
In primo luogo, con riferimento alle categorie economiche ammesse al contributo, bisogna rilevare che il nuovo disciplinare riguarda tutti i soggetti titolari di partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario. Restano escluse solamente le attività cessate alla data di entrata in vigore del Decreto (23 marzo 2021) e i soggetti che nel secondo periodo d’imposta antecedente al 23 marzo 2021, hanno ottenuto ricavi/compensi superiori ai 10 milioni di euro.
Vengono pertanto a sparire tutte quelle discriminazioni correlate alle attività rientranti nel perimetro di predeterminati codici ATECO, nonché quelle limitazioni territoriali individuate tramite la colorazione delle zone in cui si operava. Oltretutto, ricordiamo come tali discriminanti hanno, a suo tempo, contribuito a generare numerose richieste di chiarimenti, in gran parte causati dalle mutevoli prese di posizione da parte degli organi di Governo.
In secondo luogo, la nuova disciplina, al fine di determinare la contrazione di fatturato, pone a confronto valori che si riferiscono ad anni interi e non riferiti a singole mensilità prestabilite (aprile 2019 - aprile 2020), evitando di escludere dal beneficio tutte le attività di tipo stagionale.
Infatti, il nuovo confronto per la determinazione del differenziale cui applicare la percentuale stabilita dalla norma dovrà riguardare l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi calcolato sull’importo totale degli anni 2019 e 2020.
In terzo luogo, rileviamo come caratteristica positiva rispetto ai precedenti provvedimenti il fatto che il legislatore ha ulteriormente ampliato la platea dei potenziali fruitori del ristoro, richiedendo che la contrazione del fatturato risulti essere almeno pari al 30% e non più al 33%. Inoltre, per particolari categorie di soggetti (Partite IVA attivate dal 1° gennaio 2019) è stata prevista l’erogazione del contributo (seppure minimo), anche in assenza della contrazione sopra specificata.
Per ultimo, rileviamo come il nuovo dispositivo del D.L. n. 41/2021 abbia consentito ai contribuenti di esercitare una scelta (irrevocabile) in relazione alla modalità di erogazione del contributo in oggetto.
Sarà possibile, infatti, optare per l’accredito diretto del contributo su conto corrente del beneficiario, oppure per il suo riconoscimento (totale) come credito d’imposta da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 241/1997.
Venendo ora, come accennato in premessa, agli aspetti legati all’oggettiva esiguità del nuovo contributo, rileviamo come, in base al metodo di calcolo proposto dal legislatore, le percentuali (attribuite secondo le diverse classi di ricavi/compensi) da applicare alle diverse contrazioni medie mensili, determinino erogazioni “massime” percentualmente irrisorie rispetto alla contrazione di fatturato annuale subìta dai diversi soggetti economici.
Supponendo la coincidenza tra fatturato/corrispettivi e ricavi/compensi, avremo:
Classi di ricavi/compensi
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Max contributo rispetto contrazione
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Fino a 100.000 € 60%
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5,00%
|
Da 100.000 a 400.000 € 50%
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4,16%
|
Da 400.000 a 1 milione € 40%
|
3,33%
|
Da 1 a 5 milioni € 30%
|
2,50%
|
Da 5 a 10 milioni € 20%
|
1,67%
|
Per ottenere la percentuale del contributo massimo ottenibile rispetto alla contrazione del fatturato annuale è sufficiente dividere per dodici il tetto massimo della classe di fatturato in cui si opera (ottenendo il differenziale massimo supponendo a zero il fatturato dell’anno 2020); il risultato lo si moltiplicherà per la percentuale corrispondente alla classe di appartenenza ed il contributo così ottenuto, se rapportato alla soglia massima del fatturato 2019 porterà alla percentuale rappresentata in tabella.
Esempio: (400.000/12) = 33.333,33 (fatturato medio mensile anno 2019)
Differenziale max.: (33.333,33 - 0) = 33.333,33
Si applica la percentuale del 50%: (33.333,33 × 0,5) = 16.666,67
Max contributo %: (16.666,67/400.000) = 0,0416 → 4,16%
Determinazione dei requisiti richiesti
Come noto, per potere effettuare la richiesta di ottenimento del contributo a fondo perduto previsto dall’articolo 1 del Decreto Legge 22 marzo 2021, n. 41, è necessario rispettare i requisiti individuati dalla norma.
In particolare, il primo requisito stabilisce che il soggetto deve avere conseguito nell’anno 2019 (società con periodo coincidente con l’anno solare), un ammontare di ricavi o compensi non superiore a 10 milioni di euro.
In base a tale definizione, ogni soggetto passivo d’imposta dovrà identificare, in base alle proprie caratteristiche tipologiche, i valori che esprimono i ricavi/compensi richiesti dall’Amministrazione Finanziaria. Quest’ultima, al fine di rendere più semplice tale ricerca, ha riportato nella sua “Guida al contributo del Decreto Sostegni” una tabella riassuntiva in cui indica i campi di riferimento della dichiarazione dei redditi suddivisi per modello e regime fiscale d’appartenenza.
Ricordiamo che, per quanto riguarda i soggetti che determinano il proprio reddito con il metodo catastale (cfr. Circolare n. 15/E del 13 giugno 2020), il predetto requisito deve essere determinato avendo riguardo ai ricavi risultanti dalle scritture contabili, relative al periodo d'imposta chiuso al 31 dicembre 2019 (per i soggetti con periodo d'imposta corrispondente all'anno solare), ovvero, in mancanza di scritture contabili, al volume d'affari relativo al medesimo periodo d'imposta.
In pratica, quindi, per le persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali titolari di reddito agrario e attività agricole connesse (per esempio, agriturismi, allevamento, eccetera), in luogo dell’ammontare dei ricavi, occorre far riferimento all’ammontare del volume d’affari del modello di Dichiarazione IVA 2020 (per l’anno 2019).
Anche in questo caso, per evitare errori, si fa riferimento all’importo riportato nel campo VE50 della predetta dichiarazione IVA.
Qualora il dichiarante non sia tenuto alla presentazione della Dichiarazione IVA, potrà essere considerato l’ammontare complessivo del fatturato e dei corrispettivi del 2019.
Il secondo requisito richiesto dal legislatore, consiste nel rispetto di almeno uno dei delle seguenti condizioni:
- importo della media mensile del fatturato e dei corrispettivi relativa all’anno 2020 inferiore almeno del 30% rispetto all’importo della media mensile del fatturato e dei corrispettivi relativi all’anno 2019;
- attivazione della Partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019.
Ricorrendo una delle due sopra evidenziate condizioni, il contribuente potrà fruire del contributo almeno nella misura minima (1.000 euro per le persone fisiche, 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche).
Per la corretta determinazione del fatturato (nel rimandarvi ai chiarimenti già espressi dall’Agenzia delle Entrate con le sue Circolari n. 15/E e n. 22/E rispettivamente del 13 giugno e del 21 giugno 2020) occorre fare riferimento alla data di effettuazione delle operazioni di cessione dei beni e di prestazione dei servizi.
Pertanto, per quanto riguarda le fatture immediate, dovrà essere considerata la data della fattura e, per le fatture differite, occorrerà far riferimento alla data dei DDT (cessioni di beni) o dei documenti equipollenti (prestazioni di servizio) richiamati nella fattura.
Considerate, inoltre, le particolari fattispecie che possono presentarsi nell’operatività quotidiana dei diversi soggetti economici interessati, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti necessari alla determinazione del valore del fatturato che, come sappiamo, riveste un ruolo fondamentale nell’individuazione del possibile scostamento.
In particolare, per computare al meglio tale valore (per il 2019 e il 2020) avremo che:
- devono essere considerate tutte le fatture attive, al netto dell’IVA, immediate e differite, relative a operazioni effettuate in data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre;
- occorre tenere conto delle note di variazione (art. 26 del D.P.R. n. 633/1972), aventi data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre;
- concorrono anche le cessioni dei beni ammortizzabili;
- gli esercenti attività di commercio al dettaglio e attività assimilate devono considerare l’importo totale dei corrispettivi (al netto dell’IVA) delle operazioni effettuate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre, sia per quanto riguarda i corrispettivi trasmessi telematicamente sia per quelli soggetti ad annotazione;
- nel caso di commercianti al dettaglio che applicano la ventilazione dei corrispettivi o il regime del margine, oppure nel caso delle agenzie di viaggio, poiché può risultare difficoltoso il calcolo delle fatture e dei corrispettivi al netto dell’IVA, l’importo può essere riportato al lordo dell’IVA, applicando la stessa regola sia con riferimento al 2019 che al 2020;
- gli esercenti che svolgono operazioni non rilevanti ai fini dell’IVA, per esempio le cessioni di tabacchi e di giornali e riviste, devono considerare anche l’importo degli aggi relativi a tali operazioni effettuate tra il 1° gennaio e il 31 dicembre.
Per ultimo, si ricorda che i soggetti che hanno attivato la Partita IVA tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2020, allorquando devono calcolare l’ammontare del fatturato o dei corrispettivi realizzati, non devono considerare le operazioni che cadono nel mese di attivazione della Partita IVA, così come gli stessi non devono considerare il mese di attivazione della Partita IVA quando dovranno calcolare il numero dei mesi di attività per la determinazione delle medie mensili.
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