Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
I contribuenti soggetti al regime forfettario, che applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190, laddove avessero presentato istanza per ricevere il contributo a fondo perduto istituito dal Decreto Sostegni (D.L. n. 41/2021), potrebbero trovarsi in una sorta di limbo temporaneo, vedendosi sospese per incoerenza le richieste trasmesse all’Agenzia delle Entrate.
La motivazione risiede nel fatto che il software di controllo, all’uopo realizzato, potrebbe rilevare una discrepanza tra i dati dichiarati dal contribuente e quelli riscontrabili dalle dichiarazioni dei redditi presentate.
Prima di presentare il caso oggetto di valutazione, esaminiamo, brevemente, le caratteristiche proprie del regime fiscale di cui trattasi.
Si tratta di un regime fiscale agevolato che riguarda le persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arte o professione.
Per potere accedere a tale regime tributario, i soggetti interessati devono rispettare, contemporaneamente, i seguenti requisiti:
L’accesso al regime forfettario consente di beneficiare non solo di una tassazione ridotta (pari al 15%), ma anche della riduzione dei contributi INPS così come di semplificazioni ai fini IVA e delle imposte sui redditi.
Chi applica il regime forfettario, oltre a non applicare la ritenuta d’acconto, non addebita l’IVA in fattura ai clienti, non liquida l’imposta, ed è quindi esonerato dagli adempimenti collegati (presentazione della Dichiarazione IVA, registrazione corrispettivi, fatture emesse e ricevute).
Ricordiamo, inoltre, che al ricorrere di determinate condizioni, per i soggetti che avviano una nuova attività, l’applicazione del regime forfettario è ancora più conveniente, poiché, per i primi cinque anni di attività l’imposta sarà dovuta nella misura del 5%.
Fatte queste veloci premesse, vediamo, ora, di esaminare il caso di quei contribuenti forfettari i quali, avendo presentato istanza per la richiesta di contributo a fondo perduto secondo quanto stabilito dal D.L. n. 41/2021, si sono visti sospendere la procedura in quanto l’entità dei ricavi non coincideva con il volume del fatturato.
Come noto, anche i soggetti che operano in regime forfettario, pur effettuando operazioni “non rilevanti ai fini IVA”, possono presentare l’istanza telematica per richiedere la corresponsione del contributo a fondo perduto istituito dall’articolo 1 del Decreto Legge 22 marzo 2021, n. 41.
Tra i requisiti da rispettare per potere accedere ai benefici di cui sopra, ricordiamo che, oltre al limite dei compensi non superiori ai 10 milioni di euro (per il quale non si pone problema considerato il limite naturale per rientrare nel regime forfettario), deve sussistere una contrazione del fatturato medio mensile 2020 rispetto allo stesso valore 2019, almeno pari al 30%.
In particolare, la relazione tecnica al Decreto Sostegni stabilisce che, per riconoscere il contributo spettante a tali soggetti, viene considerato l’importo medio mensile dei componenti positivi di reddito dichiarato, in quanto, trattandosi di un contribuente nei confronti del quale operano determinati esoneri dagli adempimenti fiscali (presentazione della Dichiarazione IVA, registrazione corrispettivi, fatture emesse e ricevute) tale valore (rigo LM22 - col. 3 - /12 modello redditi PF 2020), risulta essere l’unico possibile a cui fare riferimento.
Stante quanto sopra affermato, tuttavia, nella pratica si può presentare una situazione che porterà alla sospensione dell’erogazione del contributo, in quanto la piattaforma informatica preposta al controllo delle domande potrà trovare difformità tra i valori inseriti nell’istanza dal contribuente e quanto riscontrato dall’incrocio automatico con le dichiarazioni dei redditi presentate.
Tale situazione si presenterà, ad esempio, laddove un professionista, soggetto al regime forfettario, avendo incassato nell’anno 2019 compensi relativi a fatture emesse nel 2018, avrà correttamente dichiarato nel rigo LM22 col. 3 della dichiarazione dei redditi un valore che non corrisponde al fatturato da porre a confronto nel calcolo della media mensile da considerare, invece, in sede di istanza telematica per la richiesta del contributo.
Esemplificando avremo:
Tizio ha fatturato nell’anno 2019 un importo pari a 40.000 euro.
Il valore del fatturato medio mensile 2019 da porre a confronto con quello corrispondente del 2020 e da inserire in istanza sarà: 40.000/12 = 3.333 euro
Sempre Tizio, nell’anno 2019, ha incassato 15.000 euro di compensi relativi a fatture emesse nell’anno 2018, riportando correttamente nella dichiarazione dei redditi 2020 (redditi 2019) al rigo LM22 col. 3, l’importo di 55.000 euro.
La piattaforma informatica che verifica il dato del contribuente Tizio, con riferimento al valore medio mensile, riscontrerà un’incoerenza, in quanto per l’Agenzia delle Entrate tale valore risulterà essere pari a 55.000/12 = 4.583 euro, quindi diverso da 3.333 euro indicato dal contribuente in sede di istanza.
Una tale situazione, oltre a sospendere la procedura di rimborso perché non coerente con la richiesta del contribuente, potrebbe, di fatto, comportare anche il rigetto dell’istanza medesima per mancanza del rispetto del secondo requisito che richiede la contrazione tra i fatturati 2020 su 2019 pari almeno al 30%.
A ben vedere, l’Amministrazione Finanziaria dovrebbe prendere atto della possibile problematica appena illustrata, prevedendo una soluzione alternativa per quei contribuenti i quali, trovandosi lecitamente in particolari regimi fiscali, non sono in grado di fornire i dati controllabili dall’attuale piattaforma informatica utilizzata.