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Bloccata sul nascere l’ipotesi di introdurre la possibilità di cessione del bonus per nuovi investimenti per beni strumentali, ciò al fine di rendere immediatamente disponibile una quota significativa dell’investimento sostenuto.
Si tratta di una doccia fredda per coloro che avevano già ipotizzato un immediato ritorno di liquidità che, specie in questo contesto economico, avrebbe forse maggiormente incentivato gli investimenti in beni strumentali e l’ammodernamento delle imprese o, nel caso del bonus mobili, delle famiglie.
Ma la doccia che attende i contribuenti potrebbe essere ancora più fredda di quello che già ora appare.
I tecnici hanno soffermato la loro attenzione sul meccanismo della cessione dei crediti, ampiamente rafforzato a partire dal D.L. 34/2020 con l’introduzione del cosiddetto superbonus del 110% e con l’estensione della leva della cessione del credito prevista dall’articolo 121.
Gli effetti finanziari derivanti dalla possibilità di cedere i crediti potrebbero infatti essere particolarmente significativi per le entrate annuali dello Stato, specie per quelle misure che, oltre a riguardare grandi volumi di investimenti da parte dei beneficiari, originariamente erano state pianificate con una cadenza triennale o quinquennale per il ritorno degli incentivi.
I tecnici hanno anche posto l’attenzione sul fatto che la cessione dei crediti al sistema bancario e finanziario “comporterebbe poi la registrazione sul debito di Maastricht per l’intero importo ceduto”.
La cedibilità dei crediti d’imposta, per i potenziali effetti rilevanti sulla finanza pubblica, a parere dei tecnici del Ministero va quindi stralciata.
Sulle considerazioni fatte dalla Ragioneria generale dello Stato, potrebbero finire anche altre misure il cui impatto sulla finanza pubblica potrebbe essere notevole, come ad esempio il superbonus 110%, per il quale si stavano avanzando ipotesi di semplificazione e proroga per consentire il rilancio e la transizione ecologica del Paese.