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Le aziende florovivaistiche che producono fiori, li recidono e li rivendono, acquistandone anche da terzi, non sempre ricadono nell’ambito delle attività agricole.
I redditi prodotti dagli imprenditori agricoli nello svolgimento delle attività agricole previste dall’art. 2135 c.c. sono soggetti a tassazione fondiaria o all’applicazione di un regime forfettario, e nello specifico:
Qualora il florovivaista produca, lavori e confezioni esclusivamente i propri fiori, coltivati e successivamente recisi, tale attività rientra a tutti gli effetti nel concetto di coltivazione delle piante inquadrabile nell’art. 2135 del c.c.
In questa ipotesi i redditi derivanti dalla vendita dei propri fiori recisi rientreranno nella tassazione su base catastale ex art. 32 del TUIR. Ai fini IVA, la vendita di fiori recisi può beneficiare dell’applicazione del regime speciale IVA (ex art. 34) in quanto i fiori recisi sono censiti al punto 14) della tabella A, parte I, con applicazione dell’IVA sulle relative cessioni nella misura del 10% (punto 20 della tabella A, parte III) e della percentuale di compensazione del 4%. Pertanto, le cessioni dei propri fiori recisi da parte di un produttore agricolo-florovivaistico in regime speciale IVA non comporta l’obbligo di certificazione dei corrispettivi, conseguentemente non vi è la necessità di dotarsi di un registratore telematico per la memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi (D.M. 10/05/2019, modificato con D.M. 24/12/2019).
Caso diverso, invece, si presenta quando vengono acquistati anche fiori da terzi. Come indicato nella Circolare 44/E del 2004 dell’Agenzia delle Entrate, le disposizioni di cui agli articoli sopra elencati si applicano anche in relazione a prodotti agricoli acquistati presso terzi, a condizione che questi ultimi non siano comunque prevalenti rispetto ai prodotti propri.
L’Ufficio, inoltre, precisa che in presenza di prodotti agricoli acquistati da terzi, a differenza del caso di manipolazione di propri prodotti, affinché persista una connessione, occorre che vi sia anche una sostanziale “manipolazione” o “trasformazione” dei prodotti agricoli.
La semplice conservazione, commercializzazione e valorizzazione, se svolte autonomamente (quindi senza manipolazione o trasformazione), non può dar luogo ad attività connesse.
Proprio per quanto riguarda il settore del florovivaismo, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con la Risoluzione 11/E/2018 esprimendo il proprio orientamento e affermando che rientrano tra le attività di manipolazione:
Occorre però evidenziare che tali attività sono svolte su piante vive (in vaso), “atte a garantire la qualità del prodotto finale e che le stesse rientrano nelle pratiche agronomiche finalizzate alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico delle piante”.
Pertanto, l’Amministrazione Finanziaria ha valorizzato tali attività in funzione della loro importanza per la cura e lo sviluppo del ciclo biologico, nonché della loro capacità di apportare anche un concreto valore aggiunto, cosa che appare difficile sostenere nel caso di fiori recisi acquistati da terzi.
Per tali motivi, l’acquisto di fiori recisi e la rivendita degli stessi non determina alcuna sostanziale manipolazione dato che i mazzi di fiori pervenuti richiedono una manipolazione volta alla conservazione del prodotto pervenuto. L’attività si configura come un’attività commerciale a tutti gli effetti quindi la determinazione del reddito non potrà vedere l’applicazione dell’art. 32 e neppure dell’art. 56-bis del TUIR.
La commercializzazione di prodotti di terzi (mera rivendita di fiori) comporta per il floricoltore in regime IVA speciale (ex art. 34) l’obbligo di dotarsi di registratore telematico. Le operazioni di questa natura svolte dallo stesso possono essere gestite ai sensi del comma 5, art. 34, D.P.R. n. 633/1972 (regime di impresa mista). In base a tale disposizione, se l’imprenditore agricolo, nell’ambito della stessa attività di impresa, effettua anche operazioni imponibili diverse da quelle ammesse dallo speciale regime, queste sono registrate distintamente e indicate separatamente in sede di liquidazione periodica e di dichiarazione annuale. Dall’imposta relativa a tali operazioni si detrae quella relativa agli acquisti e alle importazioni di beni non ammortizzabili e ai servizi esclusivamente utilizzati per tali operazioni.
In soccorso dei florovivaisti che vendono anche fiori recisi di terzi, con l’ulteriore fine di sostenere la filiera florovivaistica, è intervenuto il legislatore che ha introdotto, con la Legge n. 160/2019, il comma 3-bis all’art. 56-bis del TUIR con cui si prevede, entro certi limiti, l’applicazione di un regime forfettario di determinazione del reddito mentre, ai fini IVA, per tali operazioni continua a non potersi applicare il regime IVA speciale agricolo (ex art. 34).
Il citato comma 3-bis prevede che per le attività dirette alla commercializzazione di piante vive e prodotti della floricoltura acquistate da imprenditori agricoli florovivaistici di cui all'articolo 2135 del Codice Civile, nei limiti del 10% del volume di affari, da altri imprenditori agricoli florovivaistici, il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto il coefficiente di redditività del 5%.
Il riferimento ai “prodotti della floricoltura” si ritiene possa ricomprendere anche i fiori recisi, ragion per cui tale regime può trovare applicazione anche per questa specifica attività.
Nel caso di mera commercializzazione di prodotti florovivaistici di terzi, l’attenzione delle aziende florovivaistiche deve essere rivolta anche alle limitazioni previste per l’applicazione dell’art. 4 del D.Lgs. n. 228/2001 (vendita diretta). Infatti, il comma 8 dello stesso articolo 4 stabilisce limiti ben precisi per la cessione di prodotti di terzi oltre i quali si applicano le disposizioni del D.Lgs. 114/1998 (commercio al dettaglio). Tali limiti prendono a riferimento l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti di terzi nell'anno solare precedente e sono fissati in 160.000 euro per gli imprenditori individuali e a 4 milioni di euro per le società.