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Con la Sentenza n. 20435/2021, depositata il 19 luglio 2021, la Corte di Cassazione si è espressa sulla deducibilità dal reddito d’impresa dell’IVA risultata indetraibile per effetto del pro rata.
Il caso sottoposto al vaglio dei Giudici di legittimità riguarda una società esercente attività ospedaliere che, nei periodi d’imposta 2003 e 2004, ha dedotto integralmente dal reddito d’impresa l’IVA relativa all’acquisto di un bene strumentale, indetraibile in base al meccanismo del pro rata.
L’Agenzia delle Entrate ha contestato la deduzione dell’imposta in base al principio di cassa, sostenendo che l’IVA indetraibile avrebbe dovuto essere incorporata nel costo del bene acquistato, per essere quindi ammortizzata in quote annuali in applicazione del principio di competenza.
Secondo l’Amministrazione Finanziaria, in particolare, in forza del principio di imputazione diretta di cui all’art. 110, comma 1, lett. b), TUIR, tale IVA indetraibile, relativa a un bene strumentale ammortizzabile, avrebbe dovuto seguire l’ammortamento del bene e non essere invece integralmente dedotta nell’esercizio in cui è avvenuto il pagamento.
In entrambi i gradi di giudizio, i Giudici di merito hanno avallato la ripresa fiscale operata dall’Ufficio, escludendo tuttavia l’applicazione delle connesse sanzioni in considerazione delle obiettive condizioni di incertezza interpretativa della relata normativa.
In relazione a tale fattispecie, la Corte di Cassazione ha innanzitutto rilevato che l’art. 99, comma 1, TUIR, sancisce l’indeducibilità fiscale delle imposte sui redditi e di quelle per le quali è prevista la rivalsa, ancorché facoltativa, stabilendo vieppiù che le altre imposte siano deducibili nell’esercizio in cui interviene il pagamento.
Tuttavia, siccome l’applicazione delle percentuali di detraibilità fissate dall’art 19-bis, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, impone valutazioni a consuntivo, basate su una comparazione biennale, il meccanismo del pro rata non è compatibile con la previsione di cui all’art. 99, comma 1, TUIR.
In applicazione dell’art. 99, comma 1, TUIR, l’IVA indetraibile per effetto del pro rata (parzialmente o integralmente) è quindi da considerarsi un costo generale di esercizio, giacché emerge da un calcolo complessivo della totalità delle operazioni. Il pro rata generale è, infatti, riferito alle tipologie di attività esercitate dal soggetto passivo e, pertanto, la percentuale di indetraibilità (intesa come costo complessivo ai fini delle imposte dirette) non può essere imputata al singolo bene cui si riferisce l’operazione esente o imponibile, ma alle attività medesime nel loro complesso.
Occorre dunque dar continuità ai principi di diritto che, in tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, prevedono che l’IVA non ammessa in detrazione ai sensi dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972, poiché imputabile ad operazioni esenti, è deducibile dal reddito imponibile, giacché rappresenta comunque un costo collegato al compimento di operazioni che producono un ricavo.
Sulla base di tali considerazioni giuridiche deve essere quindi interpretato il Principio contabile OIC n. 12, secondo il quale l’IVA indetraibile deve essere iscritta nella voce B.14 - Oneri diversi di gestione, se non costituisce costo accessorio di acquisto di beni o servizi.
La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso della società e cassato la Sentenza impugnata, enunciando il principio di diritto per cui l’IVA indetraibile per effetto del pro rata generale di cui all’art. 19, comma 5, D.P.R. n. 633/1972, rappresentando un componente negativo del reddito di impresa, è deducibile per cassa nell’anno del pagamento.