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L’art. 46, comma 1, TUIR, contiene una presunzione di onerosità dei prestiti concessi dai soci alla società. Tale presunzione può essere vinta dimostrando che, dai bilanci allegati alla dichiarazione dei redditi della società, risulti che i versamenti sono stati effettuati a titolo diverso dal mutuo oneroso.
Secondo la giurisprudenza prevalente, tale previsione costituisce una presunzione legale relativa, la cui prova contraria non può essere dunque fornita con qualsiasi mezzo, ma soltanto nei modi e nelle forme tassativamente stabiliti dalla legge.
Tale consolidato orientamento giurisprudenziale è stato recentemente ribadito dall’Ordinanza n. 15761/2021 della Corte di Cassazione.
Il caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità riguarda, in particolare, una società che ha impugnato l'avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate ha recuperato a tassazione, in relazione al periodo d’imposta 2003, delle ritenute di acconto, non effettuate e non versate, sugli interessi legali maturati sui finanziamenti soci.
Secondo la società ricorrente, infatti, tali versamenti dei soci rappresentano prestiti infruttiferi, espressamente previsti dallo statuto sociale, destinati alla copertura dei costi di costruzione di un immobile.
Il ricorso presentato dalla società contribuente è stato accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale, che ha negato la fondatezza della pretesa impositiva sulla base della considerazione che la presunzione de quo rappresenti una presunzione semplice, superata dalla peculiare clausola statutaria che esclude la fruttuosità dei finanziamenti ricevuti dai soci.
Il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate è stato tuttavia accolto dalla Corte di Cassazione che, con l’Ordinanza n. 15761 del 7 giugno 2021, ha ribadito ancora una volta la natura di presunzione legale relativa del disposto di cui all’art. 46, TUIR. Tale presunzione può essere superata fornendo la prova della pattuizione di gratuità del finanziamento con le modalità espressamente indicate dalla disposizione normativa.
È dunque necessario che la gratuità dei prestiti ricevuti dai soci sia attestata dall’iscrizione in bilancio del versamento effettuato a titolo diverso dal mutuo e che l’operazione sia oggetto di un’espressa delibera assembleare.