Il contratto di comodato agrario può essere una valida alternativa all’affitto di fondo rustico.
Prima di addentrarci nel vivo della trattazione occorre preliminarmente ripercorrere i tratti salienti di tale istituto giuridico.
Oggetto del contratto è la concessione in godimento di un fondo rustico per una durata prestabilita o deducibile dall’uso che si ricava dal bene comodato o a tempo indeterminato (c.d. comodato precario).
Non sussiste l’obbligo di registrazione dell’atto dal momento che il comodato, non essendoci vincoli di forma, può essere stipulato anche verbalmente. Solo nel caso in cui il comodato abbia la forma scritta o sia enunciato in altri atti soggetti a registrazione dev’essere registrato entro venti giorni dalla data di sua sottoscrizione.
Quanto agli obblighi gravanti in capo al comodatario, questi è tenuto a custodire il fondo con la diligenza del buon padre di famiglia, provvedendo al pagamento delle spese per le opere di ordinaria manutenzione. Le spese di straordinaria manutenzione gravano, invece, sul comodante.
Ciò premesso, i vantaggi che derivano dalla stipula di questa tipologia di negozio giuridico sono diversi da ambo le parti.
Il comodatario non deve corrispondere al proprietario del fondo un canone periodico alle scadenze contrattualmente pattuite, potendo, eventualmente, essere tenuto al pagamento di somme di modico valore a titolo di rimborso spese, senza che per ciò stesso venga alterata la natura essenzialmente gratuita del comodato.
Al tempo stesso, il comodato può andare a beneficio pure del proprietario del fondo rustico, posto che il comodatario non rientra nel novero dei soggetti aventi diritto di prelazione. L’art. 8 della Legge n. 590/1965 riconosce, infatti, il diritto di prelazione unicamente al coltivatore diretto insediato sul fondo in forza di un valido contratto di affitto.
La ratio si rinviene nel fatto che il comodato non tende alla costituzione di un’impresa agraria sul fondo altrui, ragione per cui allo stesso non si applicano le disposizioni dettate dalla Legge sui contratti agrari (Legge n. 203/1982).
Detto in altri e più chiari termini, il comodante, qualora al termine del comodato intenda vendere il fondo di sua titolarità, non è tenuto a notificare alcuna proposta di vendita al comodatario, potendo alienare direttamente a terzi il proprio bene.
A ciò si aggiunga che, nel caso in cui le parti abbiano stipulato un comodato a tempo indeterminato, il comodante può, in qualsiasi momento, rientrare in possesso del suo fondo, senza essere tenuto a rispettare il termine di preavviso per la disdetta come avviene, al contrario, nell’ipotesi di contratto di affitto agrario.
Pure nell’ipotesi di comodato a tempo determinato è possibile rientrare nell’immediato possesso del bene, purché il comodante dimostri di avere avuto un improvviso ed urgente bisogno.
Infine, e non da ultimo, l’art. 1811 c.c. stabilisce la risoluzione del contratto di comodato nel caso di morte del comodatario, mentre lo stesso non avviene per l’affitto di fondo rustico. L’art. 49 della Legge n. 203/1982 dispone, infatti, che nel caso di morte dell’affittuario il contratto di affitto non si scioglie in automatico alla fine dell’annata agraria in corso se tra gli eredi di quest’ultimo vi sia qualcuno che eserciti e continui ad esercitare attività agricola in qualità di imprenditore agricolo a titolo professionale o Coltivatore Diretto.
In conclusione, qualora il proprietario di un terreno agricolo non abbia interesse ad impegnarsi per un lungo periodo e sia, piuttosto, interessato ad escludere eventuali diritti di prelazione nel caso di futura vendita del proprio bene, è consigliabile optare per la stipula di un comodato agrario piuttosto che di un affitto di fondo rustico.
Stefania Avoni, avvocato
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