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Con la Sentenza n. 37368, depositata il 30 novembre 2021, la Corte di Cassazione ha escluso l’applicazione della presunzione sui prelevamenti bancari di cui all’art. 32, comma 1, n. 2), D.P.R. n. 600/1973, in capo ai soggetti che rivestono la qualifica di socio o amministratore di società.
Tale presunzione, infatti, è unicamente applicabile ai soggetti imprenditori, come peraltro sancito dalla Sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale.
Il caso sottoposto al vaglio dei Giudici di legittimità riguarda due soci-amministratori di una Srl, raggiunti da avvisi di accertamento fondati su delle indagini finanziarie che avevano rilevato movimentazioni bancarie in contrasto con i redditi da loro dichiarati.
Le Commissioni Tributarie di primo e secondo grado hanno avallato l’attività di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria.
I contribuenti hanno quindi proposto ricorso per Cassazione, deducendo, tra l’altro, che gli avvisi di accertamento loro notificati fossero illegittimi, giacché fondati sulla presunzione sui prelevamenti bancari di cui all’art. 32, comma 1, n. 2), D.P.R. n. 600/1973, che la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale in capo ai lavoratori autonomi.
Investita della questione, la Corte di Cassazione ha rammentato che la suddetta presunzione, secondo cui i prelevamenti e i versamenti operati sui conti correnti bancari non annotati contabilmente possono essere imputati ai ricavi conseguiti dall’attività del contribuente, è esclusivamente applicabile ai soggetti imprenditori.
La figura dell’amministratore non può essere equiparata a quella dell’imprenditore, poiché l’amministratore di società di capitali, qualora ricorrano i presupposti, può svolgere anche attività di lavoro subordinato. Inoltre, il rapporto che lega l’amministratore alla società è di immedesimazione organica e può essere unicamente ascritto all’area del lavoro professionale, espressamente escluso dalle indagini bancarie a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale.
Nei confronti dei lavoratori autonomi è dunque arbitrario supporre che i prelievi ingiustificati dai conti correnti bancari siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo, a sua volta, sia produttivo di un reddito.
Con riguardo al caso concreto, la Corte di Cassazione ha quindi ritenuto che in relazione alla figura di lavoratore dipendente o, comunque, di socio e amministratore, può essere applicata solo la presunzione di reddito imponibile dei versamenti bancari, ma non quella dei prelevamenti.
La Corte di Cassazione ha quindi cassato la Sentenza impugnata, rinviandola alla Commissione Tributaria Regionale che dovrà escludere dal computo della ripresa fiscale i prelevamenti indebitamente accertati.