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Come noto, il recente Decreto Antifrode (D.L. 11 novembre 2021 n. 157), intervenendo a parziale modifica dell’articolo 121 del Decreto Legge n. 34/2020, ha esteso a tutte le tipologie di interventi agevolati, per i quali è possibile esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito, l’asseverazione della congruità delle spese sostenute.
Tale ultima richiesta, che si affianca alla necessità generalizzata di produrre anche il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione attestante la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta, sta creando non poche preoccupazioni specialmente con riferimento al bonus facciate.
La ragione di quanto sopra risulta alquanto evidente se si considera il fatto che, prima dell’avvento del Decreto Antifrode, tale agevolazione, consistente in un credito d’imposta pari al 90% delle spese sostenute, non richiedeva alcun tipo di asseverazione (escludendo gli interventi di efficientamento energetico) e non prevede, ancora oggi, alcun limite di spesa.
Ricordiamo, inoltre, che la stessa mancanza di asseverazione era prevista anche per altre tipologie di detrazioni legate all’edilizia (non superbonus), ma la minore percentuale della detrazione ammessa ed i limiti di spesa precodificati (diversamente dal bonus facciate) ha reso queste misure meno sollecite a potenziali manovre di sovrastima delle spese sostenute.
La volontà del Legislatore di porre dei paletti all’abuso di strumenti fiscalmente rilevanti emerge in modo palese dalle norme del Decreto n. 157/2021, così come di pari rilevanza è il fatto che i prezzari attualmente in vigore quali fonti di riferimento per i calcoli dei computi metrici degli interventi da realizzare, risultino non coerenti con i prezzi in continuo aumento delle materie prime.
A tal fine, infatti, è prevista l’uscita, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione del D.L. 157/2021, di un apposito Decreto del Ministro della Transizione Ecologica che consenta di determinare, per talune categorie di beni, i valori massimi da prendere a riferimento per le attestazioni di congruità delle spese sostenute che saranno maggiormente in linea con i valori attuali di mercato.
Questa situazione di incertezza ha, di fatto, determinato il rallentamento di numerose pratiche avviate in precedenza, in quanto gli attestatori si trovano in seria difficoltà laddove devono testimoniare valori di spese non riscontrabili nei prezzari attualmente in vigore (regionali o DEI).
Per alleggerire l’incertezza, laddove le caratteristiche dell’immobile lo consentano, giova ricordare quanto stabilito dallo stesso articolo 119, comma 13-bis del D.L. n. 34/2020, che nel caso in cui i suddetti prezzari non risultino coerenti per le tipologie di spese sostenute, l’attestatore potrà riferirsi, in modo analitico, ai prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi, tenendo conto delle variabili che possono influire nella determinazione dell’importo stesso.
Sulla base di tale affermazione, si può trarre un’indicazione di principio che ci permette di affermare che, laddove siamo in presenza di situazioni particolari connesse alla peculiarità dell’immobile oggetto di rifacimento, gli attestatori potranno sentirsi autorizzati a discostarsi dai prezzari di riferimento, senza temere di essere accusati di asseverare false congruità.
Ci riferiamo, ad esempio, a quegli edifici che per proprie caratteristiche di pregio o logistiche (esempio ubicate in zone come Venezia) richiedano interventi non classificabili come standard, ma comportino l’utilizzo di specifici elementi costruttivi non identificabili tra le voci facenti parte dei prezzari ordinariamente diffusi.
Questo criterio trova spazio laddove l’attestatore sia in grado di dimostrare e motivare la ragione per cui non risulta possibile riferirsi ai valori standard presenti nei documenti ufficiali e consente, allo stesso tempo, di valorizzare il rapporto di collaborazione e condivisione tra il professionista ed il committente.