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Con la Risposta ad Interpello n. 832 del 17 dicembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha legittimato l’esercizio del diritto alla detrazione da parte di una società committente che, a causa di errori nella fatturazione, è entrata in possesso di alcune fatture di acquisto a distanza di anni dalla loro emissione.
Il caso sottoposto al vaglio dell’Amministrazione Finanziaria riguarda, in particolare, una società che nel corso del 2017 ha emesso due fatture nei confronti di un proprio cliente, indirizzandole, a mezzo raccomandata semplice, alla sede legale chiusa anni prima.
A seguito di svariate diffide di pagamento, la società cliente ha comunicato di non aver mai ricevuto tali fatture e, pur non contestando le prestazioni di servizio ricevute, ha dichiarato di non volerle accettare giacché, oltre a riportare un indirizzo anagrafico errato, le stesse sono state ricevute oltre il termine per esercitare la relativa detrazione IVA.
La società committente ha quindi chiesto l’annullamento totale di tali fatture con emissione di note di credito di cui all’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, e la “riemissione” di nuove fatture riportanti l’esatta indicazione della sede legale, al fine di poter esercitare il diritto alla detrazione dell'imposta.
In relazione al caso rappresentato dalla società istante, l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto evidenziato che le variazioni in diminuzione di cui all’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, possono essere effettuate solo a fronte di fatture emesse e regolarmente registrate, limitatamente alle ipotesi contemplate dalla norma e, comunque, entro un anno dall'effettuazione dell'operazione originaria.
In caso di rettifica di inesattezze nella fatturazione, pertanto, la nota di variazione di cui all’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, deve essere emessa entro un anno dall'effettuazione dell'operazione originaria, a condizione che il cessionario o committente abbia annotato la fattura nel registro IVA acquisti.
Occorre inoltre considerare che l'esercizio del diritto alla detrazione è subordinato all'esistenza di un duplice requisito in capo al cessionario o committente, dovendo ricorrere, oltre al presupposto sostanziale dell'effettuazione dell'operazione, anche quello formale costituito dal possesso di una valida fattura di acquisto.
L’art. 25, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, prevede inoltre che le fatture di acquisto siano annotate nel registro IVA acquisti, al più tardi, entro il termine di presentazione della Dichiarazione annuale IVA relativa all'anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.
In definitiva, il diritto alla detrazione può essere esercitato nell'anno in cui il soggetto passivo, essendo venuto in possesso della fattura, annota la medesima in contabilità, facendo confluire la relativa imposta nella liquidazione periodica riferita al mese o trimestre del periodo di competenza.
Nel caso in esame, la società committente ha ricevuto le fatture soltanto nel 2020 e, pertanto, ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione è richiesta la presentazione di una dichiarazione integrativa di cui all’art. 8, comma 6-bis, D.P.R. n. 322/1998 (c.d. dichiarazione integrativa a favore), da trasmettere entro i termini stabiliti dall'art. 57, D.P.R. n. 633/1972 (ossia, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione da emendare).
La società committente deve quindi annotare le fatture già in suo possesso, per poi procedere al recupero dell’imposta con la presentazione di una Dichiarazione IVA integrativa a favore.