Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Con l’Ordinanza n. 39061 del 9 dicembre 2021, la Corte di Cassazione si è espressa sulla legittimità di un accertamento sintetico (il c.d. redditometro) nei confronti di un Coltivatore Diretto che, per giustificare il suo elevato tenore di vita, ha addotto, tra gli altri redditi, gli aiuti comunitari destinati alla propria attività agricola.
Secondo i Giudici di legittimità, tali aiuti non possono essere computati tra i redditi del contribuente, giacché destinati esclusivamente all’incremento dei beni agricoli cui si riferiscono.
La pronuncia della Corte di Cassazione riguarda un avviso di accertamento sintetico con il quale l’Agenzia delle Entrate ha accertato un maggior reddito ai fini IRPEF, per l’anno 2007, nei confronti di un imprenditore agricolo.
Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento sostenendo, tra l’altro, che gli aiuti in agricoltura percepiti, pur se non autonomamente rilevanti ai fini reddituali, avrebbero dovuto essere considerati ai fini della valutazione circa la congruità del reddito dichiarato.
In relazione a tale doglianza, la Corte di Cassazione ha rilevato la legittimità della Sentenza dei Giudici di merito in base alla quale è stato indicato che gli importi percepiti dal contribuente a titolo di integrazioni agrarie devono essere esclusi dal reddito del contribuente in forza del loro specifico vincolo di destinazione, essendo esclusivamente destinati all’incremento dei beni agricoli cui si riferiscono.
Il contribuente accertato, in definitiva, è tenuto a provare che i redditi derivanti dall’attività agricola sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate, senza poter tuttavia computare tra questi gli aiuti di matrice comunitaria percepiti.
In base alla Sentenza di secondo grado, questi ultimi, infatti, sono stati ritenuti esclusivamente destinati all’incremento dei beni agricoli cui si riferiscono e, pertanto, non assumono alcun rilievo ai fini della capacità contributiva del contribuente.
Dagli elementi riportati nella Sentenza delle Cassazione non si evince con chiarezza quali fossero i contributi comunitari oggetto di valutazione nei primi due gradi di giudizio, viene però citato il riferimento al Regolamento CE n. 1782/2003.
Tale Regolamento stabilisce le norme comuni relative ai Regolamenti di sostegno diretto nella Politica Agricola Comune (PAC), istituendo anche taluni regimi di sostegno a favore degli imprenditori agricoli.
Le conclusioni a cui è pervenuta la CTR in ordine agli aiuti comunitari, considerandoli come elementi di sostegno non tanto al reddito dell’imprenditore ma bensì alle attività svolte, se applicate alla generalità degli aiuti concessi dalla PAC, non sono condivisibili.
Infatti, gran parte degli aiuti ricevuti dalle imprese agricole sono direttamente collegati alle superfici coltivate o agli animali allevati e rappresentano una misura di sostegno economica diretta certamente al mantenimento di aspetti ambientali, idrogeologici o climatici e, pertanto, subordinati al rispetto di precise condizioni orientate in tale senso. Tuttavia, non bisogna dimenticare che i regimi di sostegno della PAC prevedono un sostegno diretto al reddito degli agricoltori, al fine di assicurare un equo tenore di vita della popolazione agricola, strettamente connesso all’intento di mantenere le zone rurali che altrimenti sarebbero destinate all’abbandono. Tali fonti reddituali sono quindi una sorta di integrazione del prezzo per la produzione agricola e devono pertanto essere valutati anche ai fini di un eventuale accertamento del reddito. Riteniamo sia ingiusto escludere aprioristicamente tali valori solamente per il fatto che i regimi fiscali e contabili delle imprese agricole, basati sulla tassazione fondiaria dei redditi, non ne prevedono alcuna rilevanza fiscale.