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Tra le finalità della riforma fiscale, oltre alla rimodulazione delle aliquote IRPEF, troviamo l’intenzione del Governo italiano di procedere nella lotta all’evasione con strumenti normativi che, secondo esperienza, hanno determinato buoni risultati nella tracciabilità delle operazioni imponibili.
Ci riferiamo all’introduzione della fatturazione elettronica che, scontate le difficoltà tecniche riscontrate nella prima fase introduttiva, ha fornito all’Amministrazione Finanziaria le ricercate risposte sui controlli delle transazioni economiche.
Per tale motivo l’Italia, oltre a chiedere a Bruxelles l’autorizzazione ad estendere temporalmente tale procedura fino al 31 dicembre 2024, ha proposto di adottare la fatturazione digitale anche per i contribuenti in regime di flat tax (forfettari e minimi), estendendo in tal modo il regime di controllo sulla tracciabilità delle operazioni anche ad un ampio schieramento di Partite IVA sino ad oggi esentate.
Il benestare da parte del Consiglio Europeo non si è fatto attendere a lungo, infatti, con la Decisione n. 2251/2021 del 13 dicembre 2021, l’Italia è stata autorizzata ad a procedere con il sistema della fatturazione elettronica fino al 31 dicembre 2024 e ad estendere tale obbligo anche ai contribuenti che adottano il regime forfettario ex articolo 1, Legge n. 190/2014, commi da 54 a 89.
Con particolare riferimento all’estensione dell’obbligo della fattura digitale in capo ai forfettari, tuttavia, esistono delle procedure legislative che vanno rispettate, infatti, una volta ottenuto il via libera dalla Commissione Europea, è necessario istituire una norma di diritto italiano che inserisca tale obbligo nel nostro ordinamento tributario.
Pertanto, fino a quando non sarà presente una norma interna che recepisca tale nuovo adempimento, i contribuenti forfettari continueranno ad essere esonerati dal suddetto obbligo, potendo continuare ad emettere fatture cartacee per documentare le proprie operazioni imponibili.
Precisiamo, inoltre, che nulla vieta ai contribuenti forfettari di adottare la procedura digitale qualora volessero anticipare i tempi in cui l’adempimento risulterà obbligatorio, così come ricordiamo che tale obbligo già sussiste qualora la fattura da emettere abbia come parte ricevente la Pubblica Amministrazione.
Con l’occasione e considerato che la nuova Legge di Bilancio 2022 non dispone novità per il particolare regime forfettario, ripercorriamo alcune regole di base che consentono il mantenimento del suddetto regime di favore.
Come noto, il regime tributario di cui trattasi fonda la determinazione del suo imponibile sul cosiddetto principio di cassa e, inoltre, fissa il limite annuo dei ricavi o compensi che consentono l’adozione del medesimo, a 65.000 euro.
Pertanto il contribuente interessato ad adottare la qualifica di forfettario dovrà riferirsi a quanto oggettivamente incassato nell’anno senza considerare l’emissione delle fatture qualora ad esse non corrisponda l’immediato introito finanziario.
Particolare attenzione dovranno adottare le nuove Partite IVA, le quali, in caso di attività iniziata in corso d’anno, dovranno effettuare il corrispondente ragguaglio ad anno degli incassi percepiti.
Sempre per la determinazione del limite dei 65.000 euro annui, è opportuno precisare che, mentre per i professionisti non dotati di propria cassa previdenziale, e quindi soggetti alla cosiddetta Gestione separata INPS, la rivalsa del 4% concorre alla formazione dei ricavi/compensi totali, per quelli iscritti ad una cassa di previdenza di categoria il contributo addebitato non concorre a formare il volume dei compensi/ricavi.
Ricordiamo che costituiscono cause ostative all’applicazione del regime forfettario la titolarità di partecipazione in:
Al fine di vanificare gli effetti di questa causa ostativa, è necessario che la partecipazione venga dismessa nell’anno precedente a quello in cui si intenda avvalersi del regime di favore.
Quindi, se nell’anno in corso il soggetto detiene una partecipazione in una società di persone, gli è precluso il regime forfettario per quell’anno, tuttavia, qualora il soggetto, sempre nell’anno in corso, dismetta tale partecipazione, può applicare il regime della flat tax a partire dell’annualità successiva. Per questo motivo è importante effettuare valutazioni di convenienza alla fine di ogni anno, al fine di pianificare correttamente la fiscalità dell’annualità successiva.
Nella Circolare n. 9/E/2014 sono riportati alcuni casi particolari di coesistenza tra detenzione della partecipazione in società di persone e sussistenza del regime forfettario tra cui citiamo la fattispecie in cui la causa ostativa non sussiste se, avendo ricevuto per eredità la partecipazione in corso d’anno, il contribuente la cederà entro la fine dell’anno stesso. Diversamente, in caso di mancata cessione entro l’anno, il soggetto uscirà dal regime forfettario a partire dall’anno successivo.
Si tratta di una causa di esclusione che opera qualora, da parte del contribuente forfettario, sia stata fatta una fatturazione prevalente nei confronti di uno o più ex datori di lavoro (ovvero di soggetti direttamente o indirettamente a questi riconducibili) avuti negli ultimi due anni.
In pratica, nel caso in cui questa fatturazione risultasse prevalente (quindi più del 50%), l’anno successivo non si potrà continuare ad utilizzare il regime. Vanno quindi monitorati tutti gli ex datori di lavoro avuti negli ultimi due anni e se si dovesse fatturare loro più del 50% dei ricavi totali, si uscirà dal regime di favore a partire dal periodo d’imposta successivo.