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Con la Sentenza n. 3260/2021, la Corte di Cassazione si è espressa sulle agevolazioni accordate alla piccola proprietà contadina dall’art. 2, comma 4-bis, D.L. n. 194/2009, ossia sull’applicazione dell’imposta catastale nella misura dell’1% e dell’imposta ipotecaria e di registro in misura fissa.
La prelazione agraria è il diritto riconosciuto al conduttore del fondo o, in sua assenza, al confinante di avere la “precedenza” nell’acquisto del fondo condotto o confinante posto in vendita. Pertanto, il proprietario del fondo ha l’obbligo di notificare al conduttore o ai confinanti la propria intenzione di vendere il fondo, comunicando il nominativo dell’acquirente, il corrispettivo di vendita pattuito e le altre condizioni dell’accordo preliminare, allegandone copia alla suddetta comunicazione formale. Entro i successivi trenta giorni, decorrenti dalla data di notifica, i conduttori o i confinanti possono esercitare il proprio diritto ed acquistare il fondo posto in vendita allo stesso prezzo definito nell’accordo preliminare ricevuto in copia.
Qualora il proprietario del fondo ometta di notificare agli aventi diritto la propria intenzione di cederlo ad un terzo, questi ultimi potranno comunque fare valere il loro diritto entro un anno dalla trascrizione del contratto definitivo di compravendita, citando in giudizio l’acquirente del fondo, chiedendo il trasferimento del bene in cambio dello stesso prezzo indicato nel preliminare.
La controversia sottoposta al vaglio dei Giudici di legittimità riguarda la compravendita di un terreno agricolo, avvenuta nel corso del 2000, in relazione alla quale il cedente non ha rispettato il diritto di prelazione del fondo vantato da un suo confinante. Quest’ultimo ha quindi agito in via giudiziale e, a seguito del riconoscimento del suo diritto di prelazione agraria, ha acquisito il fondo nel corso dell’anno 2008.
Il soggetto riscattante, in possesso della qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale (IAP) ed iscritto alla previdenza agricola, ha richiesto l’applicazione delle agevolazioni tributarie come previsto dall’art. 1, D.Lgs. n. 99/2004, per poi concedere in affitto, prima del decorso del quinquennio obbligatorio di conduzione diretta, parte dei terreni riscattati.
L’esercizio del diritto di riscatto determina effetti retroattivi con riferimento all’acquisto della proprietà, con la conseguente sostituzione dell’acquirente, con effetto ex tunc, nell’atto negoziale di compravendita. L’imprenditore che aveva esercitato il proprio diritto di riscatto riteneva che il periodo quinquennale di sorveglianza per poter beneficiare delle agevolazioni della piccola proprietà contadina non decorresse dalla data di riconoscimento del proprio diritto (Sentenza del 2008) ma dall’originario atto di compravendita (anno 2000) nel quale si era “sostituito” all’acquirente.
L’Agenzia delle Entrate ha quindi notificato al contribuente un avviso di liquidazione della maggiore imposta dovuta, contestando la decadenza dalle agevolazioni fiscali accordategli in sede di stipula dell’atto di riscatto agrario, non avendo questi adempiuto, nel quinquennio successivo, all’obbligo di coltivazione diretta del fondo acquistato.
Il contribuente ha impugnato l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, sostenendo che ai fini del computo del quinquennio di conduzione obbligatoria del fondo occorre aver riguardo alla data di stipula dell’originario atto di compravendita (9 febbraio 2000) con i soggetti riscattati, e non alla data di esercizio del diritto di riscatto. L’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, che ha tuttavia respinto il gravame.
Investita della questione, la Corte di Cassazione ha cassato la Sentenza impugnata dall’Agenzia delle Entrate, rigettando l’originario ricorso proposto dal contribuente. I Giudici di ultima istanza, in particolare, hanno evidenziato che il termine di cinque anni di conduzione diretta del fondo decorre dalla data di applicazione dell’agevolazione ricevuta, da individuarsi nel momento in cui il presupposto dell’agevolazione stessa si è verificato, ossia il conseguimento del requisito dell’esercizio diretto dell’attività di imprenditore agricolo, coincidente con l’esercizio del diritto di riscatto.
Sulla scorta di un orientamento oramai consolidato, la Corte di Cassazione ha quindi espresso il seguente principio di diritto: “l’acquirente di un fondo rustico che abbia esercitato il diritto di riscatto agrario, avvalendosi delle agevolazioni fiscali relative all’acquisto della piccola proprietà coltivatrice, il quale, successivamente, entro il quinquennio (dall’esercizio del diritto di riscatto) affitti il bene a terzi, decade dal trattamento agevolativo, indipendentemente dal fatto che l’esercizio del diritto di riscatto comporti la sostituzione del riscattante nella posizione dell’originario acquirente con effetto retroattivo, essendo necessario, ai sensi dell’art. 7 della Legge 6 agosto 1954, n. 604, che egli provveda per cinque anni alla coltivazione diretta del fondo.”
Pertanto, la retroattività degli effetti del diritto di riscatto non ha alcuna valenza ai fini del riconoscimento dei requisiti oggettivi e soggettivi in capo al riscattante necessari per l’applicazione delle agevolazioni PPC.
In particolare, la disposizione agevolativa prevede che il beneficiario impieghi personalmente il fondo per lo svolgimento delle attività agricole. Nel caso in esame, il beneficiario indubbiamente non aveva potuto condurre il terreno prima del riconoscimento del suo diritto di riscatto, avvenuto il 15 aprile 2008, ed avendo concesso in affitto a terzi il fondo nel corso dell’anno 2011, ossia prima che decorresse il vincolo quinquennale, decadeva dalle agevolazioni PPC. .
Tali principi, ancorché riferiti ad un fatto riconducibile alla precedente disciplina agevolativa (L. 604/1954), trovano applicazione anche nella nuova formulazione della PPC, ora prevista dal D.L. n. 194/2009.