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I produttori agricoli dispongono di svariati regimi IVA, la cui concreta applicazione è collegata alla tipologia di attività svolta e al volume di affari conseguito nell’anno precedente.
I piccoli produttori agricoli, ossia i soggetti che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio dell’attività, prevedono di realizzare un volume di affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi dalle cessioni di prodotti agricoli di cui alla prima parte della tabella A, D.P.R. n. 633/1972, possono optare per il regime di esonero di cui al comma 6 dell’art. 34, D.P.R. n. 633/1972.
Detto regime accorda l’esclusione dal versamento dell'imposta e da tutti gli adempimenti documentali e contabili, compresa la presentazione della Dichiarazione IVA annuale, fermo restando l'obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali ai sensi dell'art. 39, D.P.R. n. 633/1972.
I produttori agricoli che conseguono un volume di affari superiore alla soglia di 7.000 euro possono invece applicare il regime naturale per il settore agricolo, ossia il regime speciale di cui all’art. 34, D.P.R. n. 633/1972.
Tale regime speciale consente di determinare l’imposta dovuta applicando all’ammontare imponibile delle cessioni specifiche percentuali di compensazione, applicabili, in particolare, alle cessioni di prodotti agricoli di cui alla tabella A, parte I, D.P.R. n. 633/1972.
Sul punto si evidenzia che l’art. 1, comma 527, Legge n. 234/2021, c.d. Legge di Bilancio 2022, ha confermato, anche per il 2022, l’applicabilità della percentuale di compensazione del 9,5% per le cessioni di animali vivi della specie bovina e suina, pertanto, la conferma della maggior detrazione per questi allevatori rappresenta un elemento che potrebbe essere determinante nella valutazione del regime IVA da adottare dal 1° gennaio 2022.
Ancorché il regime speciale IVA di cui all’art. 34, D.P.R. n. 633/1972, rappresenti il regime naturale delle imprese agricole, in taluni casi può risultare conveniente optare per l’applicazione del regime ordinario. Ad esempio, l’impresa con volume di affari determinato prevalentemente dalla cessione di prodotti agricoli aventi basse aliquote di compensazione, che effettua investimenti in beni strumentali (soggetti all’aliquota IVA del 22%), è opportuno che eserciti l’opzione per l’applicazione del regime IVA ordinario.
L’opzione per il regime IVA ordinario ha una durata minima triennale e comporta che l’imposta dovuta o a credito sia determinata dalla differenza tra l’IVA a debito (incassata) e l’IVA a credito relativa agli acquisti inerenti alle operazioni attive, compreso l’acquisto di beni strumentali.
Peraltro, l’impresa che ha già optato per il regime ordinario e che effettua anche operazioni diverse dalla cessione dei prodotti elencati dalla tabella A, D.P.R. n. 633/1972, potrebbe avvantaggiarsi trasferendo su una contabilità separata IVA, in regime speciale, l’attività caratteristica.
In ogni caso, l’opzione per il regime ordinario consente il recupero dell’imposta assolta per l’acquisto di beni strumentali nell’ultimo quinquennio (dieci anni per i beni immobili).
Occorre, tuttavia, considerare che in caso di rientro nel regime speciale ricorre l’obbligo di rettificare la detrazione IVA sui prodotti agricoli giacenti al 1° gennaio dell’anno di attivazione del diverso regime. Inoltre, come previsto dall’art. 19-bis2, D.P.R. n. 633/1972, l’imposta detratta in relazione all’acquisto o alla realizzazione di beni strumentali entrati in funzione nell’ultimo quinquennio (dieci anni per beni immobili) deve esser riversata all’Erario in ragione di tanti quinti (o decimi) quanti sono gli anni che mancano al compimento del quinquennio (o del decennio) di osservazione.
La valutazione sull’opportunità di cambiare regime deve essere dunque valutata con attenzione, considerando anche che l’opzione per il regime IVA ordinario ha una durata minima di tre anni.
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