L’istituto della composizione negoziata ha visto la luce con il Decreto Legge n. 118 del 24 agosto 2021, che regolamenta il possibile risanamento aziendale qualora un imprenditore si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico/finanziario tali da rendere probabile uno stato di crisi o d’insolvenza.
L’articolo 10 del suddetto Decreto prevede, su richiesta dell’imprenditore, che il Tribunale possa autorizzare il trasferimento dell’azienda (o di uno dei suoi rami) a terzi acquirenti, escludendo, in capo a quest’ultimi, gli effetti previsti dall’articolo 2560 del Codice Civile.
Come noto, infatti, al fine di favorire tali trasferimenti e agevolare il risanamento dell’azienda in crisi, risulta quanto mai opportuno che l’acquirente sia sgravato dalle responsabilità riguardanti i debiti del cedente riferiti a periodi anteriori al trasferimento.
Tuttavia, se tale disposizione alleggerisce l’acquirente per i debiti che risultano dai libri contabili del cedente, nulla viene previsto con riferimento ai debiti fiscali del cedente per i quali, in base all’articolo 14 del D.Lgs. n. 472/1997, il cessionario risulta essere obbligato solidalmente nell’anno della cessione dell’azienda e nei due precedenti.
A mitigare l’effetto di una tale previsione, interviene il comma 5-bis del medesimo articolo 14, laddove precisa che “la disposizione non trova applicazione quando la cessione avviene nell'ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del predetto Decreto o di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio”.
Appare, pertanto, del tutto evidente che nella lista degli istituti che consentono la deroga alla disposizione principale che coinvolge direttamente il cessionario nei debiti fiscali del cedente, non compare la fattispecie riconducibile alla composizione negoziata non essendo, quest’ultima, una procedura concorsuale.
Allo stato delle cose, pertanto, a meno di un intervento mirato volto a sanare una tale lacuna, l’acquirente dell’azienda ceduta potrebbe correre il rischio di dovere pagare i debiti tributari del cedente, avendo come unica soluzione quella di fare seguire, a conclusione delle trattative, un accordo di ristrutturazione del debito o un piano attestato per rientrare nella deroga sancita dal comma 5-bis dell’articolo 14 più sopra citato.
Stessa problematica ricorre con riferimento alle note di variazione IVA emesse dai creditori che non vengono soddisfatti integralmente.
Orbene, mentre l’articolo 14 del D.L. n. 118/2021, riguardante la composizione negoziata, tratta delle perdite su crediti nell’ambito delle imposte sui redditi, rendendo applicabili le disposizioni dell’articolo 101 del TUIR, nulla è previsto in ambito IVA, lasciando un vuoto dispositivo in merito all’emissione delle note di variazione ex articolo 26 del D.P.R. n. 633/1972.
Quest’ultima disposizione, infatti, tratta dell’emissione delle note di variazione solamente nel caso in cui ricorrano procedure concorsuali, accordi di ristrutturazione del debito o piani attestati, dimenticandosi, ancora una volta, dell’istituto della composizione negoziata.
Pertanto, anche per tale aspetto serve un intervento dell’Amministrazione o, ancor meglio, un’interpretazione estensiva del Legislatore, al fine di integrare la disposizione IVA, prevedendo che il mancato incasso del credito, se avviene nel contesto di una composizione negoziata della crisi d’impresa, non consentirà al creditore di recuperare l’IVA non percepita.
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