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Il capitolo “asseverazioni e visti di conformità” riveste un ruolo di particolare importanza nelle logiche di accesso ai diversi strumenti facilitatori legati al mondo dell’edilizia.
Tra i numerosi dubbi che hanno interessato le pratiche riferite al superbonus e ai bonus ordinari, ricordiamo quelli riguardanti la detraibilità delle spese sostenute nei confronti dei professionisti coinvolti.
Con l’intento di fornire una panoramica che permetta di illustrare i comportamenti da seguire in relazione alle diverse fattispecie che possono presentarsi, analizziamo, di seguito, quali sono le variabili da prendere in considerazione.
È del tutto evidente che il compenso versato ai professionisti che rilasciano il visto di conformità e l’asseverazione di congruità delle spese risulta essere una spesa del tutto detraibile nella misura massima consentita per l’intervento agevolato (110%).
Non va dimenticato che, per essere detraibile, tale spesa, oltre al ricorrere delle condizioni richieste dalla norma (uniche eccezioni: 730 precompilato anche con modifiche o assistenza fiscale prestata dal sostituto d’imposta), deve rispettare il requisito della congruità che, nel caso dell’asseverazione, deve ricondursi ai seguenti parametri fondamentali:
Con riferimento, invece, al compenso legato al visto di conformità permangono dubbi in merito alla richiesta di congruità tecnica e la questione non si pone fintanto che non emergeranno chiarimenti da parte dell’ENEA o dai Ministeri interessati.
Nel caso di rilascio del visto onnicomprensivo, che normalmente avviene in sede dichiarativa al ricorrere di altri motivi (compensazioni di importo superiore a 5.000 euro), il contribuente potrà richiedere al professionista (ai fini della detrazione) di evidenziare la quota parte del visto che si riferisce al superbonus.
Sappiamo come sia obbligatorio asseverare la congruità delle spese sostenute e richiedere il rilascio del visto di conformità qualora, con riferimento ai bonus ordinari, si intenda esercitare l’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito.
Le eccezioni, esplicitamente previste dalla norma, riguardano determinate tipologie di interventi che vengono classificati come edilizia libera, o come interventi di scarsa entità (inferiori a 10.000 euro). Tali eccezioni, tuttavia, non ricomprendono i lavori se realizzati nell’ambito del bonus facciate.
Orbene, considerato che la detrazione delle spese sostenute viene ammessa, in forma interpretativa, anche per le spese sostenute dal 12 novembre 2021 in avanti (più precisamente per l’intero anno 2021), l’unico dubbio che permane riguarda il fatto che, anche per i bonus ordinari, non è chiaro se si debba richiedere la congruità della spesa riferita al visto di conformità.
Sicuramente, invece, nel caso venga rilasciato il visto di conformità sulla dichiarazione nella quale opera direttamente la detrazione d’imposta (non esercitando il contribuente l’opzione per lo sconto o per la cessione), la spesa corrispondente sostenuta per il visto non potrà essere portata in detrazione, in quanto non obbligatoria per legge e, pertanto non richiesta.
Secondo un principio fiscale trasversale, confermato anche nella Circolare n. 7/E/2021 dell’Agenzia delle Entrate, risultano, di fatto detraibili nella stessa misura prevista per gli interventi cui si riferiscono, le spese professionali strettamente connesse al tipo di lavori che si stanno realizzando.
Sono diverse le prese di posizione dell’Amministrazione Finanziaria che sanciscono tale principio e in più occasioni sono state anche elencate le tipologie di interventi professionali che ne giustificano la detrazione fiscale.
Così, ad esempio, con riferimento al bonus facciate, si parla di prestazioni professionali correlate al tipo di lavori da effettuare quali le perizie e i sopralluoghi, il rilascio dell’attestazione di prestazione energetica, le spese per la direzione lavori e per la sicurezza.
Logicamente, tutte quelle spese che non giustificano una stretta inerenza con l’intervento agevolato (come le spese di consulenza fiscale sostenute per sanare abusi edilizi), mancando del requisito principale, non potranno essere portate in detrazione.
Lo stesso amministratore di condominio, laddove richieda un compenso aggiuntivo per seguire le pratiche che daranno diritto alla detrazione edilizia, non determinerà una spesa detraibile in quanto gli adempimenti amministrativi rientrano nei compiti ordinari che lo stesso deve svolgere a vantaggio di tutti i condòmini.
Allorquando, invece, lo stesso amministratore di condominio ponga in essere un’attività strettamente correlata agli interventi agevolati, collegando il suo compenso aggiuntivo ad esempio alla direzione dei lavori, la detraibilità fiscale della spesa sostenuta troverà ampia giustificazione.
Approfittando dell’argomento in discussione, vogliamo fornirvi alcune delucidazione in merito al rilascio del visto di conformità da parte di una società tra professionisti, alla luce del recente chiarimento espresso dall’Agenzia delle Entrate con la sua Risoluzione n. 10 del 4 marzo 2022.
Sulla base di precedenti indicazioni di prassi fornite sempre dall’Amministrazione Finanziaria, si riteneva che, essendo la società tra professionisti equiparata alla società di servizi, tra le caratteristiche necessarie richieste per l’apposizione del visto di conformità da parte di una “Stp” fosse obbligatoria la presenza contestuale dei seguenti requisiti:
Tutto ciò al fine di non ledere il principio che garantisce “il presidio della qualificazione professionale e della fede pubblica” della società tra professionisti.
Alla luce di queste considerazioni, l’Agenzia delle Entrate ha, tuttavia, ritenuto possibile che i soci delle società tra professionisti, validamente costituite e iscritte nel Registro delle Imprese e nell’ordine professionale, possono rilasciare ugualmente il visto di conformità, anche qualora la maggioranza del capitale sociale non risulti detenuta da professionisti iscritti agli albi, a condizione che sia previsto che i soci certificatori detengano il controllo dei diritti di voto della Stp attraverso patti parasociali o clausole all’uopo predisposte, che garantiscano a loro di esprimere la maggioranza dei due terzi nell’assunzione delle decisioni societarie.