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L’attuale atteggiamento di Poste Italiane (e non solo) nei confronti di quei contribuenti che, avendo ceduto a tale azienda crediti d’imposta riguardanti bonus edilizi relativi a spese sostenute nel 2021 si vedono rifiutare l’accettazione della proposta, impone di effettuare una scelta di un comportamento da seguire onde evitare spiacevoli sorprese.
Una prima differenziazione deve essere fatta tra coloro che hanno ceduto il credito 2021, ad esempio, a Poste Italiane in qualità di beneficiario rispetto a coloro che si trovano nella stessa condizione, ma rivestono il ruolo del fornitore che ha applicato lo sconto in fattura al beneficiario.
Come vedremo la cosa ha ripercussioni sostanzialmente difformi e se, nel primo caso la scelta risulta piuttosto limitata, nel secondo caso la stessa presenta una maggiore flessibilità.
Qualora il rifiuto di Poste Italiane di accettare la cessione del credito d’imposta riguardante le spese sostenute nel 2021 pervenga al beneficiario originario, le valutazioni che il contribuente dovrà porre in essere si riassumono principalmente nelle seguenti:
Relativamente al primo caso, le tempistiche non sono favorevoli, poiché il termine ultimo per la compilazione del modello di Comunicazione, da trasmettere all’Agenzia delle Entrate, che certifica l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 121 del D.L. 34/2020, scade il 7 aprile 2022.
Entro tale data, infatti, risulterà alquanto difficile potere piazzare presso un altro cessionario una detrazione d’imposta “ritornata al mittente” considerate anche tutte le nuove restrizioni succedutesi nel tempo (Decreto Sostegni-ter n. 4/2022 e Decreto Frodi n. 13/2022).
Non va dimenticato, inoltre, che chi, eventualmente, acquistasse il credito sarebbe obbligato ad utilizzarlo in compensazione nel Modello F24 e, nel caso si trattasse di privati, raramente una tale fattispecie potrebbe sussistere.
La cessione eventuale, oltre a rispettare le ripartizioni temporali delle quote annuali previste per il credito originario, consente al cessionario l’utilizzo dello stesso (in compensazione) a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di sostenimento delle spese, mentre nel caso il cessionario intendesse procedere ad una nuova cessione, questa dovrebbe avvenire, in ambiente vincolato (soggetti vigilati di cui all’articolo 1, comma 2 del D.L. n. 13/2022), a decorrere dal 10 del mese successivo alla ricezione della Comunicazione di esercizio dell’opzione.
La seconda via, riportata al punto 2, propone l’utilizzo diretto della prima quota della detrazione (qualora il contribuente IRPEF o IRES abbia sufficiente capienza) da riportare in dichiarazione dei redditi, per poi cercare un cessionario disposto ad acquisire le restanti quote di credito non fruite, avendo, il beneficiario, più tempo a disposizione per l’inoltro delle successive Comunicazioni all’Agenzia delle Entrate (16 marzo 2023 quote successive alla prima, 16 marzo 2024 per cedere le quote successive alle prime due e così via).
Diversa è la situazione nel caso sia il fornitore, che ha praticato lo sconto in fattura al beneficiario, a ricevere il rifiuto da parte di Poste Italiane o di altro Istituto di credito.
Come noto, tale soggetto avendo ricevuto dal beneficiario il credito d’imposta corrispondente allo sconto praticato, poteva scegliere o di utilizzarlo direttamente oppure di cederlo (supponiamo a Poste Italiane), operando le procedure telematiche del proprio Cassetto Fiscale nel quale il credito si trovava in funzione della Comunicazione d’opzione presentata dal beneficiario.
Secondo l’attuale prassi adottata da Poste Italiane, che prevede la restituzione dei crediti riferiti alle spese sostenute nel 2021 a coloro che hanno praticato la cessione corrispondente, il fornitore, trovandosi di nuovo in possesso della titolarità del credito precedentemente ceduto, potrà, tuttavia, disporre di maggiore flessibilità, in quanto ciò di cui dispone non è una detrazione (come nel caso del beneficiario), bensì è un credito d’imposta già formato con tutte le caratteristiche sue proprie.
Quest’ultimo, infatti, potrà essere utilizzato direttamente in compensazione (se possibile) entro fine anno, ovvero ceduto e la sua quota annuale 2022 potrà essere utilizzata in compensazione entro l’anno 2022, secondo le regole dell’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 241/1997, a riduzione di tutti i debiti tributari e contributivi.
Le eventuali rate residue non fruite potranno essere ulteriormente cedute e potranno essere compensate in F24 entro la fine del 2023.
Un caso particolare riguarda l’eventuale potenziale cessione del secondo SAL, ovvero dell’ultima quota di credito ad un operatore finanziario che, avendo già acquisito il primo SAL o i primi due, non accetta di acquistare anche l’ulteriore quota proposta dal cedente se riferita all’anno 2022.
Si ritiene che l’ulteriore quota da cedere potrebbe essere indirizzata verso cessionari anche diversi dal primo che potranno a loro volta utilizzare la prima quota di credito in F24 e cedere successivamente le rate residue non fruite.