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A decorrere dal 1° gennaio 2011, l’art. 31, comma 1, D.L. n. 78/2010, ha introdotto il divieto di compensazione orizzontale dei crediti relativi alle imposte erariali fino a concorrenza dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento.
La ratio della disposizione è di contrastare le compensazioni dei crediti fiscali da parte dei contribuenti che sono contestualmente debitori di somme iscritte a ruolo, obbligandoli al pagamento delle cartelle prima di poter disporre liberamente dei crediti d’imposta maturati.
La violazione del divieto di compensazione è punita con una sanzione del 50% dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali ed accessori, per i quali sia scaduto il termine di pagamento, fino a concorrenza dell’ammontare indebitamente compensato.
Il divieto di utilizzo in compensazione concerne esclusivamente i crediti di natura erariale, ossia quelli riguardanti le imposte dirette, l’IVA, le altre imposte indirette, l’IRAP e le addizionali IRPEF. Tale preclusione, pertanto, non opera in relazione ai crediti relativi alle altre imposte quali, ad esempio, i tributi locali e i contributi previdenziali e assistenziali.
Tra i debiti erariali che limitano la compensazione rientrano, oltre a quelli relativi alle imposte dirette, all’IVA e alle altre imposte indirette, all’IRAP e alle addizionali IRPEF, anche quelli riferiti alle ritenute alla fonte, a titolo di acconto o di imposta, relative ad imposte erariali (ad esempio, ritenute IRPEF su redditi da lavoro dipendente) e alle imposte erariali per le quali non è prevista la compensazione (ad esempio, l’imposta di registro).
Nel computo della soglia di 1.500 euro devono essere considerati anche gli importi accessori alle somme iscritte a ruolo, ossia le sanzioni, gli interessi, l’aggio, gli interessi di mora, le spese di notifica della cartella, quelle sostenute dall’Agente della Riscossione per le procedure esecutive e, in generale, tutte le spese rimborsabili all’Agente della Riscossione.
Il divieto alla compensazione non si applica, invece, in presenza di ruoli relativi ai contributi di qualsiasi natura, ai tributi locali e alle agevolazioni erogate a qualsiasi titolo sotto forma di credito d’imposta (anche se esposte nella sezione “Erario” del Modello F24).
La disciplina in commento trova esclusiva applicazione con riguardo alla c.d. compensazione orizzontale da effettuare nel Modello F24 ai sensi dell’art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 241/1997; la c.d. compensazione verticale, ancorché esposta nel Modello F24 (ad esempio, IVA con IVA o acconto IRES con saldo IRES a credito), non è quindi interessata dalle limitazioni recate dall’art. 31, D.L. n. 78/2010.
Il divieto di compensazione opera in relazione a tutte le cartelle di pagamento notificate al contribuente, il cui termine di pagamento sia scaduto (ancorché notificate prima del 1° gennaio 2011, data di entrata in vigore della disciplina in esame). Oltre che per i debiti erariali iscritti a ruolo, il divieto opera anche in relazione agli avvisi di accertamento esecutivi di cui all’art. 29, D.L. n. 78/2010.
La norma non fa distinzioni riguardo ai ruoli ordinari o straordinari e alle iscrizioni a ruolo a titolo definitivo o provvisorio.
Il divieto alla compensazione scatta una volta scaduto il termine di pagamento delle somme iscritte a ruolo, ossia decorso il termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento (centottanta giorni per le cartelle notificate nel periodo 1° settembre 2021 - 31 marzo 2022). Pertanto, entro i sessanta giorni (centottanta giorni) successivi alla notifica della cartella è ancora possibile procedere alla compensazione dei crediti tributari senza incorrere in sanzioni.
La preclusione non opera con riguardo ai ruoli per i quali sia stata concessa la sospensione della riscossione.
Nel caso di contestazione avverso l’iscrizione a ruolo, è prevista la non applicabilità della sanzione sino all’avvenuta definizione della controversia. In pendenza di ricorso, dunque, il contribuente ha facoltà di procedere comunque alla compensazione, nella consapevolezza che l’eventuale esito negativo della lite comporterà l’applicazione della grave sanzione prevista dalla norma.
In presenza di debiti erariali oggetto di rateazione, il divieto opera soltanto in caso di mancato pagamento di rate d’importo superiore alla soglia o nell’ipotesi di decadenza dalla dilazione di pagamento. In particolare, se il mancato pagamento alla scadenza riguarda una sola rata, il piano di rateazione è ancora in essere e, quindi, la rata scaduta deve essere computata, al fine del monitoraggio del limite di 1.500 euro, tra l’ammontare complessivo dei debiti iscritti a ruolo il cui termine di pagamento è scaduto.
Qualora, invece, il beneficio della rateazione decada per il mancato pagamento, ad esempio, di cinque rate consecutive, la preclusione alla compensazione riguarda l’importo complessivo del debito residuo non pagato.
Infine, nel caso di procedure concorsuali, la presenza di debiti erariali iscritti a ruolo nei confronti del fallito, scaduti e non pagati, ma maturati in data antecedente all’apertura della procedura, non configura una causa ostativa alla compensazione tra i crediti e i debiti erariali formatisi nel corso della procedura stessa.
Ai fini del computo della soglia di 1.500 euro riferita ai debiti erariali scaduti, il cui superamento determina il divieto assoluto di compensazione fino all’estinzione dell’intero debito, è necessario fare riferimento agli importi scaduti in essere al momento del versamento, comprensivi delle imposte e di tutti gli accessori.
Pertanto, nel caso di più cartelle, per importi e per scadenze diverse, occorre verificare il complessivo debito scaduto ancora in essere al momento dell’effettuazione del versamento; conseguentemente, in caso di pagamento parziale avvenuto in data anteriore a quella in cui si intende procedere alla compensazione, è necessario far riferimento all’ammontare del debito residuo alla data di presentazione del Modello F24.
La preclusione alla compensazione rileva con riferimento ai singoli versamenti in compensazione. Pertanto, la permanenza di un debito superiore al limite di 1.500 euro, in occasione di un successivo versamento, comporta comunque il divieto di compensazione.
Prima di procedere alla compensazione è dunque opportuno verificare l’esistenza di debiti iscritti a ruolo e scaduti presso l’Agente della Riscossione territorialmente competente. In alternativa è possibile consultare il proprio estratto conto sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate - Riscossione.
Come sopra anticipato, la violazione del divieto di compensazione è punita con la sanzione del 50% dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali ed accessori, per i quali sia scaduto il termine di pagamento, fino a concorrenza dell’ammontare indebitamente compensato (il debito scaduto su cui calcolare la sanzione comprende l’imposta, le sanzioni e tutti gli accessori).
La sanzione è commisurata all’intero importo del debito iscritto a ruolo, ma trova comunque un limite nell’ammontare compensato. La sanzione, inoltre, è irrogata in relazione a ciascuna indebita compensazione.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, in particolare, la sanzione va individuata nel minor importo tra il 50% delle somme iscritte a ruolo e l’intero importo utilizzato in compensazione (che, pertanto, non va mai ridotto al 50%).
Di conseguenza:
La sanzione non può essere applicata fino al momento in cui sull’iscrizione a ruolo penda contestazione giudiziale o amministrativa. In tal caso, i termini per applicare la sanzione decorrono dal giorno successivo alla definizione della contestazione.
Nella C.M. n. 13/E/2011, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che per contestazione pendente si intende qualsiasi controversia relativa all’iscrizione a ruolo come, ad esempio, l’impugnazione della cartella di pagamento e degli atti presupposti che hanno prodotto tale iscrizione a ruolo come gli avvisi di accertamento e gli atti di contestazione.
Con la Risposta n. 451 del 1° luglio 2021, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sull’applicabilità della disciplina in esame all’utilizzo in compensazione del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali.
L’Amministrazione Finanziaria ha innanzitutto evidenziato che i crediti relativi alle imposte erariali sono quelli derivanti da prelievo erariale, anche tramite autoliquidazione, eccedente il dovuto. I crediti agevolativi riconosciuti ex lege, al verificarsi di determinate condizioni, non possono essere quindi ricondotti a quelli derivanti da imposte erariali.
L’Agenzia delle Entrate ha poi richiamato quanto a suo tempo indicato nella C.M. n. 5/E del 19 febbraio 2015 con riguardo al credito d'imposta per investimenti in beni strumentali nuovi di cui all’art. 18, D.L. n. 91/2014, ove era stato espressamente affermato che per le sue stesse caratteristiche detto credito doveva intendersi escluso dall’ambito di applicazione del divieto di compensazione.
Dalla limitazione in esame sono poi esclusi i seguenti crediti agevolativi:
Analogamente, quindi, anche con riferimento al credito d'imposta Industria 4.0 non opera il divieto di compensazione di cui all'art. 31, comma 1, D.L. n. 78/2010.