La Corte di Cassazione, con la sua recente Sentenza 22 marzo 2022, n. 9198 ha confermato ulteriormente i prevalenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità e di merito, valorizzando la natura individuale dell’impresa familiare.
La particolare fattispecie trattata dai Giudici della Corte Suprema ha ribadito l’interpretazione secondo cui, in caso di accertamento nei confronti di un’impresa familiare, il maggior reddito accertato deve essere imputato solamente al titolare dell’impresa e non anche ai suoi collaboratori.
La questione dibattuta è stata spesso posta al centro di decisioni giurisprudenziali e gli orientamenti emersi non sempre sono risultati univoci (cfr. Cassazione 15 ottobre 2007, n. 21535).
Per tale motivo, non risulta priva di fondamento l’opposizione posta dal titolare dell’impresa familiare che, rigettando l’eccezione dell’Ufficio, contestava il difetto di legittimazione passiva in relazione alla quota minoritaria (49%) che avrebbe dovuto essere accertata con atto notificato alla moglie in ragione della sua partecipazione all’impresa familiare.
Tuttavia, i Giudici di legittimità, con la citata Sentenza n. 9198/2022, hanno voluto sottolineare l’orientamento che valorizza la natura individuale dell’impresa familiare, affermando che la stessa norma tributaria, riportata al comma 4 dell’articolo 5 del TUIR secondo la quale i familiari partecipano alla ripartizione degli utili “limitatamente al 49 per cento dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore”, sostiene che in caso di accertamento di maggiori valori dei redditi, questi non possano essere imputati proporzionalmente ai collaboratori familiari che svolgono la propria attività lavorativa in modo continuativo e prevalente in quanto tali maggiori valori non hanno trovato posto nella dichiarazione presentata dall’imprenditore.
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